di Cristò
Terrarossa edizioni, 2019
pp. 97
€ 13 (cartaceo)
Petra poteva rimanere seduta davanti a quel tavolo di legno per intere giornate. A volte non pensava niente, semplicemente brancolava in una specie di vuoto fatto di immagini confuse, fotografie sovraesposte di ricordi lontanissimi, i quando era piccolissima, di quando sua madre era ancora a casa. altre volte immaginava scenari catastrofici, futuri prossimi ipotetici in cui Paolo scopriva la verità, tutta e tutta insieme. (pp. 27-8)
Voglio iniziare con una premessa, o meglio un
plauso: già prima di ricevere questo piccolo libro ero stato attratto dalla
stupenda copertina di Francesco Dezio, che con tratti essenziali ha saputo rendere al contempo i protagonisti, la storia, l’ambientazione.
Quella di Cristò, infatti, è una storia breve, con
appena due personaggi – gli altri, più che secondari, sono propriamente delle comparse
– che si muovono in una città al limite fra la concretezza e il fantasmatico e
attraversano una trama anch’essa in bilico fra il reale e l’onirico. La scrittura
stessa di Cristò, così leggera ed evanescente, può essere riportata a una forma
di realismo magico, in cui elementi comuni sono illuminati da un’aura di
evanescenza.
Quest’atmosfera impalpabile eppure presente è
perfetta per narrare la vicenda di Paolo e Petra, due individui che, sulla
soglia dei quarant’anni, sembrano vivere una doppia vita: da un lato sono
adulti realizzati, dall’altro hanno delle profonde ferite emotive che
non sono mai riusciti a sanare; da un lato sono una coppia duratura, nata fra i
banchi di scuola, dall’altro quella stessa coppia è minata da crepe che si
insinuano nell’anima stessa del loro rapporto, là dove palpita un elemento
fondamentale di qualsiasi relazione: la sincerità verso se stessi e verso l’altro.
La sincerità, dunque, e ovviamente la sua controparte: la
menzogna, anche quella detta a fin di bene. Questa dualità è il fil rouge del romanzo breve/racconto
lungo di Cristò. E non è un caso che a illuminare gli anfratti oscuri dei
rapporti umani venga proprio una “meravigliosa lampada”, che nasce come regalo
di anniversario e finisce per essere uno strumento di disvelamento dell’ignoto,
di quella realtà che va oltre la realtà, di un mondo celato ai più ma abitato
da tutto ciò che vi è di irrisolto.
Lo spaesamento è la sensazione ricorrente mentre si
legge questo libro: l’iniziale sensazione – che per fortuna dura poco – di non
sapere esattamente cosa si sta leggendo e dove l’autore voglia andare a parre,
che storia voglia raccontare, cede il passo a un sentore di perdita, di incolpevole rinuncia che persiste per buona parte della narrazione. Ci ritroviamo in un
mondo diverso, incolore, etereo, e mentre il tempo passa non ci si può che
abbandonare a questo sentimento di sconfitta latente, di oblio. Poi interviene
un ulteriore cambiamento: la bruttissima, orribile sensazione di impotenza. Le ultime
pagine, bellissime e struggenti, lasciano proprio quella sensazione di amaro in
bocca al lettore che, coinvolto marginalmente da un’azione che prosegue
ineluttabile, sa di non poter niente se non assistere all’ultimo atto,
anche se tutto ciò che vorrebbe fare è urlare ai protagonisti «Cosa diamine
state facendo? Perché? Perché?».
Nella bandella di sinistra l’editore ha scritto che
questo è un libro ideale per «i romantici e i disillusi» e per «chi sostiene di
essere sincero (sapendo di mentire)». Non posso dargli torto: questo è un libro
che della disillusione fa la propria bandiera e che, forse a malincuore, lascia
un segno forte a chiunque abbia un animo romantico. Perché? Perché tutti abbiamo
vissuto almeno una volta all’interno della menzogna; tutti sappiamo cosa vuol
dire perdere qualcosa o qualcuno a causa di una bugia, magari detta per salvaguardare se
stessi o un’altra persona.
E tutti sappiamo quanto sia difficile lasciar
andare e portarsi dentro un dolore che non può guarire.
Cristò è uno scrittore immaginifico, che sa rendere su carta un vasto spettro di sensazioni, e La
meravigliosa lampada di Paolo Lunare è un libro che causa dolore vero, fin troppo reale.
Per quanto mi riguarda l’avrei letto volentieri anche se, invece di un centinaio di pagine, ne avesse avute mille.
Per quanto mi riguarda l’avrei letto volentieri anche se, invece di un centinaio di pagine, ne avesse avute mille.
David Valentini
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