di Mizuki Tsujimura
DeA Planeta, 2019
Traduzione di Bruno Forzan
Traduzione di Bruno Forzan
pp. 462
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
€ 9,99 (ebook)
Kokoro ha tredici anni, e a scuola non ci vuole più andare. Trascorre le sue giornate chiusa in casa, in un'apatia crescente, e non vuole rivelare a nessuno i motivi del suo malessere. La sua reclusione diventa elemento di frattura per la famiglia, e terremoto psichico interiore – fonte di un'angoscia che si fa sempre più divorante. Un giorno però, totalmente inatteso, nella penombra della sua camera si apre un varco, che si fa metafora di una possibile via d'uscita.
“Da questo momento potrebbe iniziare un’avventura meravigliosa in un mondo diverso, e tu che fai? Scappi?” le aveva chiesto la bambina-lupo. […] Un momento aveva paura, quello dopo voleva fuggire e al tempo stesso si pentiva di non essere stata più coraggiosa. Non riusciva assolutamente a capire che cosa desiderasse davvero. Eppure, vedere lo specchio spento le fece sentire di nuovo il rimpianto di aver sprecato un’occasione. Se per caso si fosse illuminato ancora… Forse allora avrebbe potuto tentare. (pp. 35-36)
Lo specchio diventa un portale verso una realtà altra, un castello misterioso che si colloca in una dimensione al di là del tempo e dello spazio consueto. Signora del castello, guida e guardiana al tempo stesso, è la imperscrutabile bambina-lupo, che invita i suoi ospiti a cercare bene, perché tra le stanze inesplorate si nasconde la chiave in grado di realizzare il loro più grande desiderio.
Il giapponese kojō, presente nel titolo originale, rimanda a un tempo a un castello isolato, ma anche al "castello assediato dal nemico, senza alcuna speranza che giungano i rinforzi". La definizione è particolarmente appropriata, visto che i sette ragazzi che si incontrano al suo interno hanno in comune un forte desiderio di fuggire dal mondo, il senso di spaesamento rispetto a un reale in cui si sono trovati, per motivi diversi, emarginati e soli.
Per descrivere ciò che aveva provato in quei momenti non era sufficiente limitarsi a quanto accaduto fuori dalla casa. Kokoro era stata colpita dentro, nel profondo. […] Così, da quel giorno, Kokoro a scuola non c'era più andata. Aveva cominciato a rinchiudersi in camera sua, anche se aveva capito di non essere al sicuro nemmeno lì. L'unico luogo dove poteva muoversi liberamente era il castello. Solo quel regno al di là dello specchio poteva, forse, proteggerla dalla violenza. (p. 110)
Ognuno dei visitatori del castello è descritto dall'autrice con acume e precisione: completamente verosimili risultano i meccanismi psicologici di difesa adottati da ciascun personaggio, come le dinamiche relazionali che lo legano agli altri, e questo è uno dei punti di forza del testo. I dettagli dei trascorsi dei singoli emergono progressivamente e naturalmente nel corso della narrazione, attraverso l'interazione, gli incontri e gli scontri tra i protagonisti. Dal castello, dai legami che poco a poco vi si creano, vengono impulsi al cambiamento, alla ribellione; nascono nuove forme di coraggio e di consapevolezza.
Questo contribuisce a creare la stratificazione di significati e di tematiche che fa vibrare ogni pagina: dal fenomeno dilagante degli hikikomori, l'autrice riesce a trarre una storia che prende pieghe inaspettate, rendendo labili i confini tra sogno e realtà. Il castello invisibile è un romanzo sulla paralisi e la reazione; sulla paura e sulla forza che si scopre di avere; sul bullismo, ma anche sull'amicizia, la solidarietà, il riscatto; al suo interno ci sono genitori assenti, genitori inadeguati, ma anche adulti affettuosi e attenti; insegnanti buoni e cattivi; si parla di morte, malattia, sopravvivenza. Si parla d'amore, di gratuità; di premi e di punizioni; di regole e di infrazioni... e le cose non sono mai quelle che sembrano. Il romanzo è un gioco di specchi, in cui non soltanto i protagonisti vengono raggirati, ricevendo indizi fuorvianti che li conducono fuori strada, ma anche il lettore è portato a concentrarsi sulle cose sbagliate, perdendo di vista la soluzione di un enigma che rivela la sua piena portata soltanto nel momento dello svelamento. Fino all'ultimo ci si inganna su chi sia il vero protagonista all'interno della narrazione, su quali siano le domande giuste da porsi. Ecco perché la conclusione della vicenda risulta così sconcertante, commovente, eppure profondamente vera, profondamente sensata.
Mizuki Tsujimura ha creato un universo fantastico per parlarci della contemporaneità, svelandone le urgenze, ma anche i modi per affrontarle. Se il malessere attanaglia gli adolescenti, il romanzo indaga i modi per rivelarlo e per combatterlo, e lo fa in modo trasversale, ma non meno efficace. Il castello invisibile è un romanzo da leggere e da far leggere: per la delicatezza con cui arriva a tangere l'essenziale, per la cautela con cui sfiora i suoi personaggi, senza forzarli mai, lasciando loro il tempo di manifestarsi appieno, ma anche per la precisione assoluta nel descrivere stati d'animo che sicuramente ogni lettore riconoscerà in parte come propri.
Carolina Pernigo