di Julio Llamazares
Il Saggiatore, 2019 (prima edizione spagnola 1988)
Traduzione di Denise Zani
pp. 164
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Che colore ha il tempo, quello che inaridisce il viso e confonde i ricordi? Per Julio Llamazares è il giallo, come l’autunno e il seppia delle vecchie fotografie. Una tinta però che diventa oppressiva e persecutoria, che si appiccica ai muri e scolorisce le ombre. La pioggia gialla è proprio questo: una cronaca di come il tempo distrugga l’essere umano.
L’opera non è propriamente un romanzo, ma una confessione lirica e solitaria dell’ultimo sopravvissuto di Ainielle, un paese dei Pirenei. Il villaggio perde lentamente i suoi abitanti, facce conosciute e amiche della voce narrante, e le case iniziano ad essere invase dal silenzio, dalle erbacce e da un velo ingiallito. I ricordi crollano come i tetti, perché retti da un solo sopravvissuto. La memoria collettiva dunque si dissolve.
Tuttavia il nucleo tematico non è solo una semplice denuncia dello spopolamento dell’entroterra, fenomeno che colpisce un po’ ovunque l’Europa, ma piuttosto è quello della dissoluzione dell’individuo. Leggendo il monologo di Andrés de Casas Sosas, torna alla mente Dissipatio H.G. di Morselli: stesso deserto relazionale, stessa solitudine. In questo caso però ciò che attira l’attenzione è il discorso che si dipana da una dimensione intramondana: l’avvicinamento della morte e la vita che si consuma. Un discorso svolto sulla soglia della fine, capace di guardare i due mondi del qui e dell’oltre e confonderli.
Ma questa condizione non è frutto del caso, ma di una scelta rivendicata fino alla fine dal protagonista:
non mi sento un condannato né credo di essere pazzo, a meno che non si possa considerare una persona senza senno chi è rimasto fedele alla propria casa e alla propria memoria fino alla morte; a meno che non si consideri una condanna l’oblio in cui loro mi hanno confinato. (p. 133)
In questo passo si capisce dove risieda il contrasto principale del libro: si affrontano due tipi di memoria. Quella parossisticamente fedele al proprio luogo d’origine, e quella invece che mira a dimenticare e trovare nuovi posti dove radicarsi. La scelta traumatica, in questo caso, è quella di rimanere e continuare a combattere contro l’oblio: una battaglia destinata al fallimento, o forse al successo ma esclusivamente nella scrittura, ultimo rifugio dei ricordi.
Il libro di Llamazares è alla sua terza apparizione in Italia – la prima è del 1993 nei Nuovi coralli Einaudi, la seconda nel 2009 da Passigli – con una nuova traduzione firmata da Denise Zani. L’edizione de Il Saggiatore si arricchisce della postfazione creativa di Andrea Gentile, che accosta alla vicenda della fine di Ainielle immagini evocative e suggestive chiavi di lettura. Ed è proprio in questi paragrafi che Gentile sottolinea come lo scontro centrale de La pioggia gialla si svolga tra la morte e la memoria, tra ciò che è più importante per il singolo e la sua dissoluzione. Una battaglia che coinvolge non solo il vecchio Andrés.
Gabriele Tanda
Il libro di Llamazares è alla sua terza apparizione in Italia – la prima è del 1993 nei Nuovi coralli Einaudi, la seconda nel 2009 da Passigli – con una nuova traduzione firmata da Denise Zani. L’edizione de Il Saggiatore si arricchisce della postfazione creativa di Andrea Gentile, che accosta alla vicenda della fine di Ainielle immagini evocative e suggestive chiavi di lettura. Ed è proprio in questi paragrafi che Gentile sottolinea come lo scontro centrale de La pioggia gialla si svolga tra la morte e la memoria, tra ciò che è più importante per il singolo e la sua dissoluzione. Una battaglia che coinvolge non solo il vecchio Andrés.
Gabriele Tanda
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