di Paolo di Paolo
Feltrinelli, ottobre 2019
pp. 192
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Una stanza di ospedale, e un evento che è accaduto – sì, è indubbio, è accaduto: il risultato è segnato sul registro dei nuovi nati, è un corpo umano lungo cinquanta centimetri, il bambino che dorme con le braccia incrociate, le mani sul viso, come per proteggersi. Si sveglia, si agita, piange, col pianto sveglia i coetanei nelle culle accanto. Gli organi vitali sono come stipati in una scatolina – un respiro più forte o un’apnea hanno, in piccolo, la potenza di un movimento cosmico.
Lontano dagli occhi, il nuovo libro di Paolo di Paolo, è un romanzo sulla coscienza della trasformazione.
Anzi, delle trasformazioni (necessariamente plurali e le più diverse) che avvengono nelle nostre vite. Da quelle più consapevoli e cercate, a quelle casuali benché - per forza di cose - intimamente causali.
Come diventare genitori, un giorno preciso a un'ora precisa e da lì esserlo per sempre, dopo anni passati a chiamarci solo "figli"; essere compagni e riequilibrare le nostre solitudini e singolarità per affiancarci all'altro; cambiare mentre cambia nostra madre, maturare mentre si ammorbidisce nostro padre; nascere, trasformandoci da qualcosa in potenza in qualcuno che c'è, che ha un nome reale, mentre nuove porzioni di mondo vengono alla luce.
È di tutta questa materia magmatica che scrive Paolo Di Paolo raccontando la storia di tre coppie che coppie realmente non sono, future madri e futuri padri, tutti giovani nella Roma degli anni '80. Come nelle grandi storie, anche questa comincia da una domanda: cosa succede quando stai per diventare genitore? Cosa muta nella tua anima e nel tuo corpo? Sembra solo un cambio di rotta, ma è un movimento cosmico. Una vita che comincia, come una che finisce, genera cerchi concentrici di trasformazioni che non puoi mai dire quanto saranno grandi.
Anzi, delle trasformazioni (necessariamente plurali e le più diverse) che avvengono nelle nostre vite. Da quelle più consapevoli e cercate, a quelle casuali benché - per forza di cose - intimamente causali.
Come diventare genitori, un giorno preciso a un'ora precisa e da lì esserlo per sempre, dopo anni passati a chiamarci solo "figli"; essere compagni e riequilibrare le nostre solitudini e singolarità per affiancarci all'altro; cambiare mentre cambia nostra madre, maturare mentre si ammorbidisce nostro padre; nascere, trasformandoci da qualcosa in potenza in qualcuno che c'è, che ha un nome reale, mentre nuove porzioni di mondo vengono alla luce.
È di tutta questa materia magmatica che scrive Paolo Di Paolo raccontando la storia di tre coppie che coppie realmente non sono, future madri e futuri padri, tutti giovani nella Roma degli anni '80. Come nelle grandi storie, anche questa comincia da una domanda: cosa succede quando stai per diventare genitore? Cosa muta nella tua anima e nel tuo corpo? Sembra solo un cambio di rotta, ma è un movimento cosmico. Una vita che comincia, come una che finisce, genera cerchi concentrici di trasformazioni che non puoi mai dire quanto saranno grandi.
L'autore porta sulla pagina le vicende di Luciana e l'Irlandese, Valentina ed Ermes, Cecilia e Gaetano, e con loro ci sono le vite immaginate di coloro che lì, dentro la pancia della mamma, sono in attesa di essere catapultati nel mare della realtà.
Sono storie comuni eppure eccezionali: c'è chi macera se stesso nel senso di colpa e chi preferisce la fuga, chi non riconosce più il proprio corpo e chi non sente il bisogno di un corpo, chi non si rassegna alla realtà e chi invece decide di affrontarla senza chiudere gli occhi. Non ci sono colpevoli e assolti, ma c'è un ritratto molto onesto degli uomini e delle donne, che mette in risalto la natura più complessa degli uni e delle altre.
Sono storie comuni eppure eccezionali: c'è chi macera se stesso nel senso di colpa e chi preferisce la fuga, chi non riconosce più il proprio corpo e chi non sente il bisogno di un corpo, chi non si rassegna alla realtà e chi invece decide di affrontarla senza chiudere gli occhi. Non ci sono colpevoli e assolti, ma c'è un ritratto molto onesto degli uomini e delle donne, che mette in risalto la natura più complessa degli uni e delle altre.
Mentre loro cambiano, più o meno coscienziosamente, Fellini gira i suoi film capolavoro, scompare Emanuela Orlandi, il Banco Ambrosiano va in bancarotta e tutti in giro canticchiano il motivetto di Tropicana. Siamo in un'Italia che, come i protagonisti del romanzo, sarebbe chiamata a crescere ma non è pronta a farlo, vuole ancora distrarsi, vuole ancora sognare.
È la quinta scenica di un confronto tra uomini e donne, tra genitori e figli (il più doloroso), tra giovani e società. Ma mai sviscerato o gridato, sempre tratteggiato con la delicatezza di Di Paolo che anche ai sentimenti più feroci trova sempre una misura.
Oltre che di trasformazioni, Lontano dagli occhi parla di perdite, dolore, bugie e di tutte le possibili forme di amore, anche quelle che fanno rima con la paura. Perché nessuno può dirsene esente.
Parla anche di storie fatte in pezzi che il narratore riunisce grazie alle parole, anche quelle più semplici - come "mamma" - che ci aiutano a dare un perimetro al mondo.
Il romanzo commuove soprattutto laddove racconta l'importanza di perdonarci tutti, perché il passaggio cruciale da genitori e figli non si insegna e a volte, anche volendo, non si impara:
Parla anche di storie fatte in pezzi che il narratore riunisce grazie alle parole, anche quelle più semplici - come "mamma" - che ci aiutano a dare un perimetro al mondo.
Il romanzo commuove soprattutto laddove racconta l'importanza di perdonarci tutti, perché il passaggio cruciale da genitori e figli non si insegna e a volte, anche volendo, non si impara:
I genitori occultano come possono i tifoni all’orizzonte – chiudiamo tutti gli oblò! Nascondono la fatica che fanno nel tenere la rotta, guidando per ore attraverso la burrasca delle preoccupazioni adulte. Papà concentrato al timone, mamma accanto che cambia il lato dell’audiocassetta. Parte un’altra canzone. Un’altra canzone! Incrocio il loro sguardo nello specchietto retrovisore, mi basta quello per tornare più sicuro alle mie fantasie, ai miei giochi. E intanto la Citroën bianca trascina con sé i ricordi di ciò che deve ancora arrivare, li lascia suonare a vuoto, come i barattoli di latta il giorno di un matrimonio.Tenere la rotta è faticoso soprattutto perché c'è sempre quell'ombra rappresentata dalla vita passata e incompiuta, da tutto il peso dei "se avessi fatto", "se avessi detto", "se avessi scelto".
Più che sull'essere genitori in se stessi, è un romanzo che problematizza il senso dell'esserlo insieme.
Di Paolo ha scritto un libro che parla a tutti non nell'accezione editoriale del termine, non nel senso di target, ma di persone. I genitori o futuri genitori potranno ritrovare se stessi in certi modi, pensieri, errori.
E chi non è genitore troverà altro: il senso dell'essere figli che ci accomuna tutti e che ci rende inevitabilmente fallibili prodotti di padri e madri fallibili con le loro scatole pesanti, "cariche di oggetti che nello spostamento sbattono, fanno rumore".
Ci ricorda che spesso le sponde tra le parti della nostra vita sono lontane e che il viaggio è lungo, specie se sta a te costruire un ponte che non c'è.
Per amarsi l'un l'altro e per amare un nuovo essere umano ci vogliono forza, coraggio e strumenti.
Claudia Consoli
Social Network