Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena
di Michelle Steinbeck
Tunué, 2019
Traduzione di H. Basso
pp. 102
€ 17,00 (cartaceo)
«Non hai il coraggio di metterti al centro, dice la vecchia senza battere ciglio, e con le dita nodose descrive un cerchio sopra le carte, qui c’è la tua vita. Do un colpo di tacco alla valigia». (p. 19)
Sulla copertina è disegnata una valigia e un filo l’attorciglia, passando poi per ogni singola pagina, come vuole il bel progetto grafico di Tomomot per la collana di narrativa straniera di Tunué diretta da Giuseppe Girimonti Greco. La protagonista di questo racconto di formazione è un’adolescente scapestrata che vive con una banda di teppisti, compreso il fratello, da quando il padre li ha abbandonati; in casa sono rimasti alcuni oggetti che gli appartengono, tra cui una macchina da scrivere che usa anche lei e la valigia in questione, dove ci ha infilato la prova di un errore fatale.
«[…] cerco di ricordarmi com’era quando una volta me ne stavo seduta qui nel passeggino e mio padre accanto a me leggeva e scriveva». (p. 23)
A dire il vero i passi melanconici di questo tenore sono fugaci rispetto al turbine di picaresco nonsense nel quale sin dai primi passi del libro l’autrice coinvolge il lettore: Loribeth è ironica, impulsiva, ha un temperamento volitivo sebbene sia in cerca di punti fermi; si avverte in lei la scorzetta di chi vuole saper badare a sé stesso, mentre si mostra incline a farsi trascinare in vicende avventurose che la portano lontano da casa per restituire al mittente strascichi dolorosi che non le appartengono più.
«Voliamo sopra la città e le montagne brune, percorse da strade che sembrano tracciate da una matita nel burro. Capre nere se ne stanno sfrontate sulle vette e seguono con le teste cornute il ronzante maggiolino di latta, le salutiamo con la mano. Dietro alle montagne compare il mare». (p. 41)
L’espediente del viaggio dà modo all’autrice, Michelle Steinbeck, di introdurre personaggi strampalati – pochi dei quali conosceremo a fondo –, situazioni grottesche e incontri fortuiti ma decisivi, risvolti macabri in una dimensione colorata; tutto è immerso in un’atmosfera onirica, dove la razionalità trova poco spazio e dove invece con ironia e leggerezza viene indagato il disagio di Loribeth.
«Spinge il piatto verso di me: mi racconti del suo amore. Ho la bocca piena di pesce e alzo gli occhi al cielo. È ricco? Colto? Un criminale come lei? Io mi stringo nelle spalle: è un uomo chiaro. Capisco, dice e fissa il suo vino. Comunque è probabile che sia già finita, dico dopo un po’, non ho proprio tempo per le storie del genere, dopotutto sono in fuga». (p. 44)
Diverte, ottimo il ritmo; il personaggio ha un respiro di bambina e la scrittura sorprende per la qualità letteraria, se consideriamo che si tratta di un esordio; Michelle Steinbeck, nonostante sia giovane, è curatrice della rivista Fabrikzeitung e ha scritto spaziando dal genere teatrale a quello della poesia fino al reportage. Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena, finalista all’Edinburgh International Book Festival, colpisce per la scrittura evocativa dell’autrice, che nella versione italiana deve molto alla traduzione di Hilary Basso; ricco di metafore e di non detto, è un libro del quale bisogna cogliere le chiavi di lettura a più livelli, perché ne possiede; l’esperienza di lettura deve andare oltre la trama, per lasciare che le suggestioni che evoca prendano forma: ha molto da dire a ogni lettore.
Lorena Bruno
Social Network