«Sulla copertina di questo libro dovrebbe essere scritto fragile, come sui pacchi che venivano consegnati una volta, prima dell'avvento di Amazon». Chiara Gamberale.
Come dare torto all’autrice de L'isola dell'abbandono che ha avuto il ruolo di presentatrice alla prima romana del nuovo libro di Paolo Di Paolo, Lontano dagli occhi? E se il filo che lega i personaggi dell’ultimo romanzo del finalista al Premio Strega 2013 con Mandami tanda vita ha, sì, la consistenza di un gioiello prezioso che si maneggia con cura, il mood che si è respirato durante il book party organizzato alla Feltrinelli RED di Via Tomacelli a Roma il 10 ottobre non ha niente a che vedere con la fragilità e ha avuto più il sapore di quelle pubblicità vintage che spesso si vedono in televisione: eravamo immersi, letteralmente, negli anni Ottanta. La Gamberale avverte subito, però, che questa storia che racconta della delicatezza di venire al mondo e di cosa significhi essere figli, prima, e figli-genitori, poi, è in realtà un’avventura sul senso della vocazione alla scrittura: sarà Lontano dagli occhi, infatti, romanzo che chiude tutti gli altri romanzi del «mio amico Paolo», a farci capire perché tra le mille altre cose che l’autore romano poteva fare, ha scelto proprio la letteratura.
Come dare torto all’autrice de L'isola dell'abbandono che ha avuto il ruolo di presentatrice alla prima romana del nuovo libro di Paolo Di Paolo, Lontano dagli occhi? E se il filo che lega i personaggi dell’ultimo romanzo del finalista al Premio Strega 2013 con Mandami tanda vita ha, sì, la consistenza di un gioiello prezioso che si maneggia con cura, il mood che si è respirato durante il book party organizzato alla Feltrinelli RED di Via Tomacelli a Roma il 10 ottobre non ha niente a che vedere con la fragilità e ha avuto più il sapore di quelle pubblicità vintage che spesso si vedono in televisione: eravamo immersi, letteralmente, negli anni Ottanta. La Gamberale avverte subito, però, che questa storia che racconta della delicatezza di venire al mondo e di cosa significhi essere figli, prima, e figli-genitori, poi, è in realtà un’avventura sul senso della vocazione alla scrittura: sarà Lontano dagli occhi, infatti, romanzo che chiude tutti gli altri romanzi del «mio amico Paolo», a farci capire perché tra le mille altre cose che l’autore romano poteva fare, ha scelto proprio la letteratura.
Siamo nel 1983, l’anno in cui tre coppie di personaggi sono in attesa della venuta di un figlio. Luciana e l’Irlandese, Cecilia e Gaetano, Ermes e Valentina, però, non sono le classiche famiglie perfette che sembrano uscite da una pubblicità della Mulino Bianco, ma ognuna di loro reca un vissuto particolare, un senso di irresoluzione che ai nostri occhi non ce li fa apparire come pronti ad affrontare la nascita di una nuova vita. Ma il 1983 è anche l’anno della vittoria dello scudetto della Roma, della scomparsa di Emanuela Orlandi e del misterioso caso di Jack Lametta, sfregiatore seriale che ha terrorizzato la capitale. Paolo Di Paolo lo chiarisce subito: se negli altri suoi libri Roma c’era in quanto sua città, ma non veniva mai messa al centro della narrazione, in Lontano dagli occhi c’è tutta la romanità genuina di uno scrittore che ha sin da subito immaginato i suoi personaggi negli angoli tra Via Taranto e la Basilica di Santa Maria Maggiore e, per questo, da Roma non si può prescindere per conoscere i sei protagonisti del romanzo.
Iniziamo da Luciana e l’Irlandese, introdotti da In bicicletta di Riccardo Cocciante, canzone che Di Paolo associa ai lunghi viaggi in macchina della sua infanzia, ma che ha una sua propria simbologia nell’economia del romanzo appena uscito. Ettore, innamorato (non ricambiato) di Luciana, le regala un disco contenente proprio questa canzone, che con il verso «vedo una casa e poi vedo un bimbo e noi» sembra recarle un messaggio in codice. Luciana però è tutta presa dallo sfuggente Irlandese, ancora di più adesso che nel grembo porta il suo bambino. Lei, che è la maggiore tra le protagoniste, disinnesca secondo Chiara Gamberale tutto l’universo che ruota attorno alla maternità: non c’è sogno, non c’è dolcezza in un ventre teso, c’è solo un fortissimo senso di rigetto per quell’essere che convive con lei. E quando gli viene chiesto in che modo si è approcciato a questa donna che, probabilmente, infastidisce più del compagno scomparso nel nulla, Di Paolo dà qualche indicazione sul processo di gestazione (letteralmente, in questo caso) della sua storia: alla base ha sempre un’idea estetica che impone al narratore di non esprimere mai un giudizio sul comportamento dei suoi personaggi in nome della libertà che vuole lasciare ai suoi lettori di provare qualunque sentimento vogliano nei loro confronti.
E se ripulsa ha scatenato la prima coppia, diverso è l’atteggiamento nei confronti della seconda, quella di Cecilia e Gaetano. In realtà più un trio, che un duo, dato che a introdurli è la ciotola del cane di Chiara Gamberale. Sì, perché questa ragazza che ha abbracciato la vita randagia per sfuggire alla marzialità della sua casa di origine, quando conosce il giovane che lavora in una rosticceria, Gaetano appunto, è sempre accompagnata dal suo cane-lupo Giobbe. E proprio a partire dal cane ritorna la riflessione sulla genitorialità: Cecilia, inaspettatamente madre, è in realtà più figlia di quell’animale che le sta a fianco che non dei suoi biologici genitori umani. E dati questi presupposti, come potrebbe mai essere in grado di essere lei la guida per la futura vita che sta per nascere?
La presentazione si interrompe per un momentaneo intervallo ricreativo, tra autografi e intrattenimento musicale con una playlist d’annata tra Rino Gaetano e i Police, per poi riprendere con due reading affidati alle splendide voci di Maria Beatrice Alonzi e Francesco Guglielmi che ci introducono l’ultima, giovanissima, coppia colta da questa gravidanza inattesa.
Valentina ed Ermes si sono conosciuti sui banchi di scuola. Lui, è vero, è più grande perché già bocciato, ma con lei sembra essere regredito all’infanzia tanto è genuino il sentimento che prova. E quando improvvisamente lei inizia a ignorarlo e a non rivolgergli più la parola, lui non riesce a sfuggire alla morsa dell’amore. Poi quella pancia gonfia, sempre più grande, e il sospetto mai veramente abbracciato di un tradimento. La Gamberale non ha dubbi: Valentina, la più giovane delle tre donne protagoniste, è la più pronta a diventare madre. Per questo la notte della sua fuga da casa e da quei genitori impossibili da comprendere è davvero una rassicurazione: su di lei concentriamo le speranze che il tempo di cambiare e iniziare una nuova vita sia a disposizione di tutti.
L’incontro si avvia alla conclusione con la domanda di Chiara Gamberale all’autore: chi, tra i protagonisti, vedresti più come tuo figlio?
Iniziamo da Luciana e l’Irlandese, introdotti da In bicicletta di Riccardo Cocciante, canzone che Di Paolo associa ai lunghi viaggi in macchina della sua infanzia, ma che ha una sua propria simbologia nell’economia del romanzo appena uscito. Ettore, innamorato (non ricambiato) di Luciana, le regala un disco contenente proprio questa canzone, che con il verso «vedo una casa e poi vedo un bimbo e noi» sembra recarle un messaggio in codice. Luciana però è tutta presa dallo sfuggente Irlandese, ancora di più adesso che nel grembo porta il suo bambino. Lei, che è la maggiore tra le protagoniste, disinnesca secondo Chiara Gamberale tutto l’universo che ruota attorno alla maternità: non c’è sogno, non c’è dolcezza in un ventre teso, c’è solo un fortissimo senso di rigetto per quell’essere che convive con lei. E quando gli viene chiesto in che modo si è approcciato a questa donna che, probabilmente, infastidisce più del compagno scomparso nel nulla, Di Paolo dà qualche indicazione sul processo di gestazione (letteralmente, in questo caso) della sua storia: alla base ha sempre un’idea estetica che impone al narratore di non esprimere mai un giudizio sul comportamento dei suoi personaggi in nome della libertà che vuole lasciare ai suoi lettori di provare qualunque sentimento vogliano nei loro confronti.
E se ripulsa ha scatenato la prima coppia, diverso è l’atteggiamento nei confronti della seconda, quella di Cecilia e Gaetano. In realtà più un trio, che un duo, dato che a introdurli è la ciotola del cane di Chiara Gamberale. Sì, perché questa ragazza che ha abbracciato la vita randagia per sfuggire alla marzialità della sua casa di origine, quando conosce il giovane che lavora in una rosticceria, Gaetano appunto, è sempre accompagnata dal suo cane-lupo Giobbe. E proprio a partire dal cane ritorna la riflessione sulla genitorialità: Cecilia, inaspettatamente madre, è in realtà più figlia di quell’animale che le sta a fianco che non dei suoi biologici genitori umani. E dati questi presupposti, come potrebbe mai essere in grado di essere lei la guida per la futura vita che sta per nascere?
La presentazione si interrompe per un momentaneo intervallo ricreativo, tra autografi e intrattenimento musicale con una playlist d’annata tra Rino Gaetano e i Police, per poi riprendere con due reading affidati alle splendide voci di Maria Beatrice Alonzi e Francesco Guglielmi che ci introducono l’ultima, giovanissima, coppia colta da questa gravidanza inattesa.
Valentina ed Ermes si sono conosciuti sui banchi di scuola. Lui, è vero, è più grande perché già bocciato, ma con lei sembra essere regredito all’infanzia tanto è genuino il sentimento che prova. E quando improvvisamente lei inizia a ignorarlo e a non rivolgergli più la parola, lui non riesce a sfuggire alla morsa dell’amore. Poi quella pancia gonfia, sempre più grande, e il sospetto mai veramente abbracciato di un tradimento. La Gamberale non ha dubbi: Valentina, la più giovane delle tre donne protagoniste, è la più pronta a diventare madre. Per questo la notte della sua fuga da casa e da quei genitori impossibili da comprendere è davvero una rassicurazione: su di lei concentriamo le speranze che il tempo di cambiare e iniziare una nuova vita sia a disposizione di tutti.
Paolo di Paolo con Federica Privitera e Ilaria Pocaforza |
«Se me l’avessi detto ieri mi sarei preparato meglio! Guarda, riascoltando il dialogo potenziale di Ermes col padre (che immagina di confessargli di aver messo incinta la sua fidanzata, ndr) mi verrebbe da dire che Ermes mi sembra un ragazzo con cui potrei avere a che fare. Questo parlare non parlandosi lo conosco molto, forse come tutti i figli maschi nel rapporto col loro padre, non per autorità o autorevolezza, ma perché gli uomini hanno dei loro propri canali comunicativi. Fatto è, inoltre, che come tu sai ogni scrittore sparge propri ricordi nelle proprie opere. Quindi in ogni protagonista o scena c’è un seppur minimo pezzetto di me».Pur avendo fermamente evitato di raccontare il sorprendente finale del romanzo che arriva a spiegare il legame tra le tre coppie quando il lettore ha ormai smesso di volerlo scoprire tanto è dentro la vicenda dei protagonisti, a chiusura dell’incontro, prima dell’abbraccio commosso tra Paolo e Chiara sulle note di Amico di Renato Zero, si torna ancora sul ruolo dell’ultimo capitolo Vita 2 rispetto al concetto di autore e letteratura:
«Per la prima volta da autore ho sentito e capito il perché ho dedicato tutti questi anni alle storie e alla lettura; solo scrivendo questo libro ho capito che la letteratura ha senso nella misura in cui riempie dei vuoti dello scrittore, prima, e poi del lettore».
E noi, grazie al romanzo, alcuni vuoti li abbiamo davvero riempiti.
Ilaria Pocaforza e Federica Privitera