di Fabio Geda
Einaudi, settembre 2019
pp. 188
€ 16 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
"La vita, in passato, lo aveva portato a frequentare persone interessanti con cui aveva intessuto relazioni piacevoli ma superficiali, amicizie a termine, che il tempo aveva spazzato via con rigore stagionale. Aveva una voglia dolorosa di specchiarsi in un'anima affine, qualcuno con cui sentirsi a proprio agio anche in silenzio, ma non c'era nessuno, e nonostante tutto quel cibo cucinato non aveva fame. Si sentiva prosciugato". (p. 44)
È una domenica come tante altre, quella in cui si apre il nuovo romanzo di Fabio Geda: un padre ultrasettantenne decide di preparare il pranzo attingendo dal ricettario di sua moglie. In quelle pagine vergate con attenzione e amore c'è ben più di una serie di manicaretti: torna il suo desiderio di accudire la famiglia, cosa che in passato, invece, non ha mai provato. Certo, lui ha sempre mantenuto la moglie e i figli, ma nella sua giovinezza ha soprattutto viaggiato: quante volte non c'è stato per loro, perché era dall'altra parte del mondo a costruire ponti? Tante, troppe. E questa domenica, quando la tavola è ormai imbandita e i piatti pronti, l'uomo scopre che la figlia, il genero e i nipotini non lo raggiungeranno.
Si prospetta una domenica di solitudine, ben diversa da quella immaginata; e invece, proprio dietro l'angolo del suo quartiere torinese, un colpo di scena: una madre assiste alle acrobazie sullo skateboard del figlio adolescente e una caduta del ragazzo è l'occasione perché lei e il protagonista si rivolgano la parola. Poche battute e poi, un po' sconsideratamente, l'uomo invita i due a casa propria: visto che il pranzo è pronto, non resta che condividere le portate e qualche ora di chiacchiere.
È questa l'occasione non solo per salvare la giornata, ma anche per rimettersi in gioco, in fatto di rapporti interpersonali: l'ex ingegnere scopre che la donna e il figlio stanno attraversano un periodo tutt'altro che semplice. Possibile, d'altra parte, che quella trentenne disoccupata sia già pronta a gettare la spugna e a rassegnarsi al suo destino?
Se questo è l'episodio trainante, che dà il titolo al romanzo, è però un'altra la dimensione che viene scavata qui e là e che contestualizza al meglio il rapporto del protagonista con la famiglia: i ricordi, che hanno portato i tre figli a prendere le distanze dal protagonista. A rendere ancor più chiara questa scelta, il romanzo è narrato da Giulia, la figlia che da tempo non rivolge più la parola al padre, perché è stata delusa più volte per le sue assenze, la sua vita non certo da marito modello, la sua disapprovazione per il mondo del teatro, in cui Giulia lavora,... Eppure anche quegli episodi del passato acquistano via via una nuova luce: da adulti, ci si trova spesso a riconsiderare le vite dei nostri genitori e qualche volta ci si scopre più indulgenti, o perlomeno più disposti ad ascoltare chi, oltre che padre, è stato anche un giovane uomo con tutte le sue fragilità.
L'impressione, leggendo Una domenica, è proprio quella di infilarci anche noi a casa del protagonista, tra passato e presente, di essere accolti tra le pieghe di una vita domestica che possiamo percepire pienamente, tra abitudini familiari perse e scampoli di quotidianità mantenuti. La vecchiaia del protagonista ci fa riflettere: lui, che è stato un ingegnere in carriera per tanti anni, un viaggiatore, cosa si è davvero avanzato? E quali occasioni ha ancora per colmare i vuoti lasciati per anni? Possono queste risarcire i figli delle sue lunghe assenze?
Con grande delicatezza, Fabio Geda sceglie una prospettiva singolare per raccontare un padre, senza apologie o riscatti incredibili: semplicemente, coglie tutte le sfaccettature del suo essere terribilmente umano, imperfetto e unico.
GMGhioni
Si prospetta una domenica di solitudine, ben diversa da quella immaginata; e invece, proprio dietro l'angolo del suo quartiere torinese, un colpo di scena: una madre assiste alle acrobazie sullo skateboard del figlio adolescente e una caduta del ragazzo è l'occasione perché lei e il protagonista si rivolgano la parola. Poche battute e poi, un po' sconsideratamente, l'uomo invita i due a casa propria: visto che il pranzo è pronto, non resta che condividere le portate e qualche ora di chiacchiere.
È questa l'occasione non solo per salvare la giornata, ma anche per rimettersi in gioco, in fatto di rapporti interpersonali: l'ex ingegnere scopre che la donna e il figlio stanno attraversano un periodo tutt'altro che semplice. Possibile, d'altra parte, che quella trentenne disoccupata sia già pronta a gettare la spugna e a rassegnarsi al suo destino?
Se questo è l'episodio trainante, che dà il titolo al romanzo, è però un'altra la dimensione che viene scavata qui e là e che contestualizza al meglio il rapporto del protagonista con la famiglia: i ricordi, che hanno portato i tre figli a prendere le distanze dal protagonista. A rendere ancor più chiara questa scelta, il romanzo è narrato da Giulia, la figlia che da tempo non rivolge più la parola al padre, perché è stata delusa più volte per le sue assenze, la sua vita non certo da marito modello, la sua disapprovazione per il mondo del teatro, in cui Giulia lavora,... Eppure anche quegli episodi del passato acquistano via via una nuova luce: da adulti, ci si trova spesso a riconsiderare le vite dei nostri genitori e qualche volta ci si scopre più indulgenti, o perlomeno più disposti ad ascoltare chi, oltre che padre, è stato anche un giovane uomo con tutte le sue fragilità.
L'impressione, leggendo Una domenica, è proprio quella di infilarci anche noi a casa del protagonista, tra passato e presente, di essere accolti tra le pieghe di una vita domestica che possiamo percepire pienamente, tra abitudini familiari perse e scampoli di quotidianità mantenuti. La vecchiaia del protagonista ci fa riflettere: lui, che è stato un ingegnere in carriera per tanti anni, un viaggiatore, cosa si è davvero avanzato? E quali occasioni ha ancora per colmare i vuoti lasciati per anni? Possono queste risarcire i figli delle sue lunghe assenze?
Con grande delicatezza, Fabio Geda sceglie una prospettiva singolare per raccontare un padre, senza apologie o riscatti incredibili: semplicemente, coglie tutte le sfaccettature del suo essere terribilmente umano, imperfetto e unico.
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