Educazione americana
di Fabrizio GattiLa Nave di Teseo, 2019
pp. 486
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Quella che Fabrizio Gatti racconta dentro il suo Educazione americana è una storia vera, o meglio è il romanzo di una storia vera.
È bene dirlo subito per anticipare il senso di sorpreso turbamento che facilmente il lettore proverà addentrandosi nel libro, quando sarà messo a confronto con una storia che in certi punti è incredibile a credersi.
Tecnicamente questo racconto parla di un agente operativo della CIA, ma in realtà parla di tutti noi. Ma andiamo per ordine.
Fabrizio Gatti è un giornalista abituato alle inchieste scomode: già autore di Bilal, racconto-diario di quattro anni passati da infiltrato lungo le rotte del Sahara tra migranti e trafficanti in viaggio verso l'Europa, e di Gli anni della peste, storia del primo pentito di mafia tradito dallo Stato, lavora dal 2004 come inviato per L'Espresso e nel passato ha collaborato con diverse testate che hanno pubblicato le sue audaci inchieste.
Con questo romanzo, edito da La nave di Teseo, l'autore ci porta alla scoperta di quella macchina incredibile che è la CIA, l'agenzia di spionaggio civile del governo federale degli Stati Uniti, e del modo con cui le sue squadre clandestine operano in Italia e in Europa rispondendo agli ordini e ai disegni del quartier generale di Langley.
Per farlo si butta a capofitto dentro al loro mondo, a dialogo con un interlocutore privilegiato: un agente operativo della CIA, dal (finto) nome Simone Pace, che decide di raccontargli la propria vita e le operazioni in cui è stato coinvolto.
Gli agenti operativi sono i membri delle squadre clandestine che operano sul campo, la mano concreta delle operazioni dell'agenzia, "sbirri in borghese, fanatici del crimine o semplici mercenari in cerca di emozioni".
Non appartengono propriamente alla CIA ma vi collaborano. La loro identità è conosciuta solo dai loro cosiddetti "controllori" che appartengono realmente all'intelligence e che li istruiscono prima di ogni operazione.
Pace dice a Gatti di averlo scelto perché "le sue inchieste sembrano operazioni militari [...] ha corso molto rischi e questo non credo che fosse richiesto dal suo contratto di lavoro."
Ecco che nasce un libro che è la materializzazione di un rischio continuo, quello corso dagli agenti in primis, ma che diventa una sensazione percepita dal lettore sulla pelle, come un brivido.
Come nelle inchieste più appassionanti e nei libri di true crime, in questo romanzo tutto si regge sulla tensione dialettico narrativa che si crea tra i due personaggi che rievocano e interpretano la storia.
Da un lato c'è la spia, l'agente in borghese dalla doppia (diciamo anche tripla) vita; dall'altro il giornalista che si avvicina alla sua realtà con curiosità e desiderio di risposte. Senza paura, senza troppi giudizi, anche quando la distanza è troppa da colmare.
Due uomini che hanno vissuto molto diversamente la propria missione, sono ora uno di fronte all'altro per cercare di parlare la stessa lingua.
Simone Pace parla inevitabilmente di più nei dialoghi, Gatti è in ascolto e ci restituisce in forma scritta il romanzo di una storia segreta che nessun documento ufficiale può raccontare. Non ci sono fonti da cui leggere quello che succede realmente nella maglia dei nostri governi, sotto le nostre case, dentro i fili dei nostri telefoni, nelle reti pubbliche, nelle aule della politica.
Iniziano a incontrarsi a Roma, a San Pietro in Vincoli sotto la grande statua del Mosè di Michelangelo. Lo sguardo marmoreo sembra scrutare impassibile le loro confessioni, ma a tratti ricorda loro che c'è sempre un tempo del giudizio.
Nella penombra della navata, tra gli altari e le opere d'arte, tra i simboli e i marmi levigati "con la precisione ossessiva di un serial killer, pericolosamente vicini al flusso distratto dei turisti, Pace rivela fatti a tratti impossibili da accettare: condizionamenti della democrazia, interferenze nelle inchieste giudiziarie, omicidi, sequestri di persona, sottrazione e traffico di informazioni finanziare e industriali, interrogatori illegali, furto di documenti segreti, acquisizione di codici di Mosca, caccia ai terroristi. Dentro la sua storia si celano tanti altri nomi e storie:
Quello che Simone Pace racconta coincide con quanto noi europei abbiamo osservato, vissuto e subito. Il suo nome è sicuramente falso. Ma la sua vita si incastra perfettamente con le nostre vite. Lui e noi componiamo un puzzle perfetto. (p.15)
Gli agenti infiltrati sono ovunque, fantasmi che esistono proprio perché non li vediamo. Nelle loro operazioni gli Stati Uniti fanno in modo che non esistano prove e, se esistono, vengono cancellate, anche a costo della morte. Ciò che sorprende è la capillarità di una rete sotterranea che partecipa a tutte le principali vicende del nostro paese:
weBussi a un ufficio e li trovi anche lì, dove non te li aspetti. La CIA è il loro secondo lavoro. O forse il primo. Dopo un po' di tempo, non sai più chi sia il tuo vero padrone e nemmeno quale sia la tua bandiera, il tuo governo, il tuo Stato, la tua gente. (p.39)
Seguiamo la storia di Simone Pace, per la quale non basterebbe un articolo: c'è materiale per una storia a puntate.
Vediamo lui e gli altri intervenire, più o meno direttamente, nell'inchiesta di Mani Pulite e nella fine della Prima Repubblica, nella strage di via Palestro (1993), nelle dimissioni di Berlusconi nel 1994, nel sequestro dell'imam Abu Omar (2003), per fare solo alcuni esempi.
Chi legge collega i fili di una storia invisibile, trovando anche alcune spiegazioni a fatti ufficialmente rimasti in sospeso non perché irrisolti, ma perché mai pubblicamente collegati ai veri responsabili. La CIA non è mai responsabile.
Non ci sono buoni e cattivi in questa storia, ma di sicuro ci sono tante cattive azioni, le stesse che l'agente operativo sente il bisogno di dire a qualcuno, non per provare ad assolversi - sa che sarebbe troppo tardi - ma perché adesso "Simone Pace deve eliminare Simone Pace".
C'è lo sguardo senza filtri dentro un mondo fatto di uomini che hanno il sangue freddo ma che sono pieni di punti deboli.
Simone è uno di loro, come tanti altri diventa una spia perché vi intravede la possibilità di un rapporto d'amore. La CIA è una mamma esigente che richiede fiducia e attenzione ma che sa anche ripagare.
Educazione americana non è mai buonista, ma tra le righe e nella parole di Gatti un aspetto di segno positivo emerge forte e chiaro: il grande amore verso il giornalismo e verso l'inchiesta come ricerca, di senso, connessioni, risposte e nuove strade.
Chi fa inchiesta lo sa: spesso si deve entrare dentro guerre segrete e sporche. Anche chi fa letteratura lo sa.
Non a caso, a un certo punto, sotto lo sguardo pietrificato del Mosè in trono, si cita quel capolavoro assoluto che è American Tabloid. Le parole di di James Ellroy risuonano in mente, nella loro lapidaria perfezione:
L'America non è mai stata innocente. Abbiamo perso la verginità sulla nave durante il viaggio di andata e ci siamo guardati indietro senza alcun rimpianto.
Claudia Consoli
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