Poesie d’amore
di Franco Arminio
Bompiani, 2019
pp. 127
€ 14,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Ho conosciuto Franco Arminio per Cedi la strada agli alberi e Resteranno i canti, per l'incisività di parole che levavano un potente inno alla vita, che celebravano la forza della poesia e ci richiamavano alla responsabilità del nostro stare al mondo. La nuova raccolta, recentemente edita da Bompiani, riprende in parte queste tematiche, ma le declina in termini differenti. L'obiettivo è quello di farci riflettere su un aspetto suggerito già dal titolo: la nostra esperienza dell'infinito, che però sempre presenta un limite, nella nostra incertezza, nella distrazione, nella volatilità dei nostri sentimenti. I nostri sono infiniti sfiorati "senza farci caso", sempre provvisori, come provvisorie sono le intimità rappresentate nei testi. Non c'è infatti un unico amore, un unico modo per rapportarsi con l'alterità: "l'amore è una dimensione [...] locale, si svolge sempre in un luogo ed è sempre inedito ogni suo gesto" (p. 122). Ecco perché la raccolta ne mostra le sfaccettature, che sono tante quante sono gli incontri, le notti, i corpi toccati, gli sguardi con cui si è affrontato l'altro. Le mostra in una poesia i cui frammenti vengono ricomposti in un mosaico coerente, in un gioco di riflessi di un ideale comune. L'invito mosso al lettore è quello di aspirare all'eccesso – di vita, di cuore – perché in amore non è data mediocrità, perché solo un atteggiamento che ambisce al superamento degli ostacoli, che ricerca l'infinità, garantisce l'accesso alla pienezza.
La poesia, cioè l'arte di cantare la bellezza e il terrore di essere al mondo, parteggia per la ricerca di nuovi modi di percepire noi stessi e gli altri. L'amore per essere nuovamente vivo deve portare dentro l'infimo e l'immenso, non può stazionare nelle righe dell'uomo intermedio. (p. 121)
Per raggiungere questa dimensione di oltranza ci si può aggrappare a ciò che ci qualifica in quanto umani: il sentimento ("Amare è costruire un luogo / cioè un pezzo di mondo / con un dio dentro", p. 10) o la parola ("La poesia / ci assicura un grado intenso / dell'essere vivi", p. 17). Ci si può – per Arminio, cultore dell'ambiente e del paesaggio, ci si deve – ricongiungere con la natura, avvicinare al prossimo:
Se non c'è una bocca /
bacia un ramo. /
Pensa che un vago /
amore è in ogni cosa, /
accarezza il muro della tua stanza, /
saluta il marciapiede /
su cui stai camminando. (p. 87)
E poi aprire le braccia,
sorridere, camminare
nell'aria secca di gennaio.
Mi dà fiducia che oltre a te
ci sono cose nel mondo,
un albero, una strada,
un tavolo,
un cucchiaio. (p. 77)
Solo così possiamo diventare parte di un tutto che ci trascende, ricordarci che “l'umanità appartiene / anche agli animali, / agli alberi, alle nuvole” (p. 111).
In quello che è molto di più di un canzoniere erotico, anche se l’erotismo è ben presente, l'autore si eleva grazie a un linguaggio impastato di realtà e lirismo, che procede per analogie a volte ardite, ma riesce a risultare comunque accessibile. La trasparenza è totale, negli ideali come nel lessico, nella capacità di evocare immagini precise ("Un sorriso è agricoltura / e così pure un bacio, / un saluto. / Ogni uomo, ogni donna / è un corpo celeste / arato dal respiro", p. 67). La sintassi franta dal limite del verso viene in realtà ricostituita nel fluire di frasi che si chiamano vicendevolmente, emergendo dalla pagina. Non si raggiungono forse in questa sede le vette di altre raccolte, ma questa ci rivela di più sull'uomo Arminio, che si riversa sulla pagina con onestà e senza ritrosia, con il garbo dato da una ricerca precisa nel campo della lingua. Lo vediamo spesso interfacciarsi con un tu femminile che può essere al tempo stesso una e molte. La poesia si apre però presto ad altre forme d'amore: quello per i genitori, quello per i figli ("li amo come amo la nebbia, il sole, / le cose naturali, / il mio amore per loro è disumano, / non ha il calendario del rispetto / e delle pretese", p. 44).
Il percorso che si traccia tra i testi è quindi un'indagine sulle vie della passione che ci lega gli uni agli altri, e che ci consente di ridefinire in quest'ottica il nostro essere e il nostro rapporto col tempo, perché in fondo "la poesia e l'amore / sono il nostro cadere più vero / nel mondo" (p. 17) e perché "in un bacio, in una poesia / in un dolore forte / noi cerchiamo la grande occasione / di uscire dalla vita / senza passare per la morte" (p. 94).
Carolina Pernigo
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