IMAGINARIUM.
Un compendio di ispirazioni
di Sibella Court
traduzione di Daniela Magnoni
L’ippocampo, 2019
pp. 272
€ 49,90 (cartaceo)
Un compendio di ispirazioni
di Sibella Court
traduzione di Daniela Magnoni
L’ippocampo, 2019
pp. 272
€ 49,90 (cartaceo)
A volerlo definire in poche parole, si potrebbe dire che IMAGINARIUM è una selezione di microcosmi e macrocosmi. C’è il “piccolo” nei dettagli di oggetti e manufatti, con una predilezione per tessuti, pavimenti, rarità da mercatino e da rigattiere. C’è il “grande” nei paesaggi naturali, negli scorci urbani e nelle vedute d’interni, con un occhio speciale per tutti i luoghi deputati alla sosta e all’accoglienza (atri d’ingresso, alberghi, alcove). A volerlo invece classificare in base a un nome e un cognome d’appartenenza, basterebbe dire che si tratta del mondo di Sibella Court: quello esperito nella consuetudine ormai irrinunciabile di appassionati viaggi di esplorazione, ai quattro angoli del mondo come a pochi passi da casa. Pubblicato una prima volta lo scorso anno da Harper Collins Publishers Australia Pty Limited, è appena uscito nella sua versione italiana a cura di L’ippocampo un volume che mantiene la promessa del suo sottotitolo di essere “un compendio di ispirazioni”: una raccolta di foto realizzate nel corso degli anni dalla celebre stylist d’interni che con Etcetera (2009) – da lei concepito come «un libro sulla memoria» – ha fatto conoscere il suo lavoro nei cinque continenti e influenzato una generazione di professionisti.
Le parole sono poche, i numeri di pagina addirittura assenti: se IMAGINARIUM è un libro che fa a meno dei surplus verbali e dei conteggi è perché a parlare sono solo le nude immagini – «una sequenza di splendide fotografie con un fantastico, ipnotico ritmo cromatico», come scrive Karen McCartney nell’Introduzione – prive di qualsiasi commento (sebbene le curiosità più elementari dei lettori sul chi/che cosa/dove/quando/come/perché di ogni singolo scatto vengano comunque soddisfatte in coda al volume, con un Indice di riproduzioni in minore che dà conto dei dati essenziali). A fare eccezione in un album che evoca la presenza antropica a partire dalle manifestazioni della cultura materiale ci sono solo alcuni ritratti della stessa Court in compagnia della figlia Silver, estrapolati da servizi già pubblicati su rivista e con titoli suggestivi come Lighthouse Keeping e Sir Joseph Banks, in viaggio per mare, guarda cieli stellati e raccoglie esemplari botanici. La quasi totalità del materiale fruibile, di contro, è una selezione degli appunti visivi raccolti dalla stylist, in ossequio a una passione che, come spiegato nella Premessa, è iniziata nel 2006 in seguito a un viaggio in Asia in compagnia della madre e di una Nikon 35 mm a pellicola: per lei, che ancora oggi non si reputa una professionista della cosiddetta arte della luce, a partire da quell’occasione la macchina fotografica si era rivelata nella sua efficienza di «ausilio mnemonico», strumento perfetto per immortalare tutto ciò che avrebbe potuto offrire ispirazione per futuri progetti di allestimento e arredamento. Il primo nucleo di IMAGINARIUM, dunque, sarebbe nato proprio allora, per costruire un archivio “privato” a cui fare ricorso per esigenze “pubbliche”.
Pagina dopo pagina si capisce come il quid di questa raccolta stia tutto nel bilanciamento tra dimensione ideale e dimensione pratica: da una parte il valore dei ricordi, dall’altra la passione concreta per i materiali. Profondamente influenzata dal carattere e dal lavoro dei genitori – la madre insegnante, il padre impresario edile – Sibella Court ha imparato a osservare la realtà circostante come se fosse uno spazio da cui imparare sempre qualcosa, dunque da esplorare e setacciare alla ricerca di storie possibili: un approccio curioso, per certi aspetti scientifico, nei confronti di un mondo da leggere come un libro scritto non solo e non tanto in termini matematici, ma in base a un alfabeto di forme, colori, profumi e consistenze capaci di armonizzarsi come per un prodigio nel contempo alchemico e anarchico (da cui il motto: “F*ck Everything, Become a Pirate!”, ovvero “Al diavolo tutto, diventa un pirata!”). Per questo, sebbene gli scatti siano stati realizzati in una grande varietà di ambienti, il volume riesce a restituire un’efficacissima unità d’insieme che coincide con la stessa filosofia che regola le progressive stratificazioni del laboratorio creativo della Court, uno studio che «incapsula l’essenza atemporale di un Gabinetto delle curiosità: stimola a raccogliere, ammirare, commentare, meravigliarsi e fantasticare sugli oggetti che fuoriescono disordinatamente dai tanti cassetti, ripiani, scatoloni, scomparti. Un luogo che mostra e racconta».
Ha ben ragione Karen McCartney quando palesa la difficoltà di definire un personaggio «elusivo e mercuriale» come quello dell’autrice, «una miscela di alacrità, immaginazione e talento» che ama esprimersi, perdersi e ritrovarsi nel “massimo” (magari nella contemplazione di un orizzonte desertico o boschivo) e nel “minimo” (per esempio creando nature morte a partire da peculiari objets trouvés, o scovandole già pronte – per così dire ready made – negli angoli meno sospetti). Viaggiatrice nello spazio come nel tempo, affascinata dalle potenzialità del presente come da quelle dei secoli passati – in particolare dall’epoca delle grandi esplorazioni, motivo per cui idolatra «la Grande Esposizione Universale di Londra che si tenne al Crystal Palace nel 1851, con un’affluenza di oltre due milioni di visitatori attratti dal fascino di esotici manufatti e inedite meraviglie» – Sibella Court ricorda davvero una donna di lettere d’altri tempi che abbia fatto del moto perenne la sua cifra dinamica, sempre pronta a fare la valigie senza adagiarsi mai troppo a lungo su un progetto o una passione, e dunque senza mai tenere separati gli ambiti dell’aggiornamento professionale e degli hobby da coltivare nel tempo libero. È per questo che tutto, in questa lunga sequenza di immagini, parla di lei.
Se nel caso di Etcetera suggeriva di personalizzare il volume utilizzandolo come un diario di lavoro, anche per questa nuova uscita l’autrice ha in serbo un consiglio per i suoi lettori che suona come un auspicio di viva suggestione e alto gradimento:
«potete usare IMAGINARIUM come fonte di ispirazione per i vostri progetti oppure semplicemente tenerlo appoggiato sul tavolino del salotto. Ogni giorno, voltando pagina, farete nuove scoperte. Lasciatevi andare senza pensieri, perdetevi tra le sue pagine, immaginando terre lontane e luoghi speciali».
Le cose, ça va sans dire, vanno proprio così: esempio eccellente di coffee table book, quello appena pubblicato da L’ippocampo è il tipico libro di profonda suggestione visiva che invita a giocare con la dimensione temporale: non a caso, «uno dei suoi nuclei tematici è la memoria: gli inneschi, la carica emotiva, l’esperienza sensoriale e i fulminei viaggi nel tempo». Proprio per questo, esso si presta sia a una contemplazione lenta (sfogliare piano le pagine e rievocare storie possibili più o meno legate tra loro) sia a una fruizione veloce (aprire a caso per stimolare lampi di genio o decifrare oracoli sottospecie di figura). Un inno alle risorse dello sguardo e della fantasia, dunque, che farà la gioia di chi crede che la bellezza possa annidarsi ovunque.
Cecilia Mariani
Social Network