L’Europa
in viaggio
di Marco Magnone
add editore, 2019
pp. 203
€ 12,00 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)
Non esistono muri artificiali tanto alti e spessi da contenere i ponti che naturalmente ci uniscono gli uni agli altri. (p. 171)
Oltre alla citazione qui sopra, in
quarta di copertina di questo bel libriccino possiamo leggere: «E chissà che,
nel corso del viaggio in quest’Europa ammaccata di oggi, non finiremo per
scoprire che il meglio della sua storia deve ancora venire. E che spetta a noi
scriverla». La quarta di copertina, si sa, insieme alla copertina vera e
propria è una sorta di biglietto di benvenuto, o meglio una dichiarazione d’intenti.
Mettiamo insieme la citazione
a p. 171 e la frase in quarta e avremo, in breve, lo scopo di questo libro: non
un romanzo (ché questo editore, a parti casi eccezionali, è specializzato in
saggistica) ma neanche un saggio vero e proprio. Io lo definirei più un diario
di viaggio; d’altronde sono le prime parole a confermarci che «questo libro è
nato in autostrada» (p. 11).
È un diario che, per essere scritto,
ha richiesto che l’autore attraversasse mezza Europa per incontrare i protagonisti
spesso sconosciuti che questa Europa la stanno costruendo pezzo per pezzo, ma
non come gli architetti che hanno in mente il grande disegno, il progetto
magistrale della loro vita (questi “architetti” Magnone li nomina con rispetto: Adenauer, De Gaulle, De Gasperi ecc.); e neanche come i capocantieri
che dirigono i lavori e impartiscono ordini (li possiamo immaginare: sono i membri
del Parlamento europeo, del Consiglio europeo, della Commissione europea); no, lui
vuole incontrare i manovali, i carpentieri, i muratori che si sporcano le mani nel
cantiere ancora in atto per farsi che il maestoso edificio dell’Europa emerga
dalle ceneri del vecchio mondo esattamente (o forse anche meglio di) come gli
architetti l’avevano sognato.
Magnone incontra dunque ragazzi e
ragazze, donne e uomini che ogni giorno, nonostante il ritorno delle destre
rampanti e populiste, si sforzano per realizzare il grande progetto: volontari
impegnati nell’accoglienza di migranti disperati che vedono nella civiltà europea
la salvezza dopo mesi o anni di peregrinazioni; librai intenti a creare una
rete che, oltre a cultura e consapevolezza, dispensi anche supporto economico a chi ha un’idea
da condurre in porto; studenti che, d’un tratto, a causa della Brexit si
sentono stranieri a casa propria.
I dialoghi che l’autore intrattiene
con queste persone che non popolano le testate giornalistiche e non compaiono
nei salotti televisivi sono informali, volti a conoscere le storie dietro
quei volti sui quali la rabbia per come stanno andando le cose viene
soppiantata dal desiderio di riscatto e di fare la cosa giusta. Oltre all’informalità,
c’è da dire, è presente anche la parzialità: Magnone e i suoi protagonisti sono
politicamente schierati e a favore dell’Europa. Anche per questo non si può
parlare propriamente di un saggio: c’è troppo coinvolgimento emotivo e nessuna
volontà di immedesimarsi negli euroscettici, nei sovranisti e nei populisti. E
se questo è un male per l’obiettività del testo, è un enorme risvolto positivo
invece per il calore che questo libro riesce a trasmettere: dalle pagine
trasuda la voglia di dare un contributo reale a questo grande progetto nato dalla devastazione delle due guerre mondiali, che qui vengono
accomunate in un'unica, enorme guerra civile e fratricida.
Dopo tutto questa parzialità è
condivisa dalla casa editrice stessa, la quale si occupa spesso e
volentieri dei temi dell’immigrazione (ho iniziato lo scorso anno recensendo
un loro bellissimo libro a metà fra reportage e graphic novel, La crepa) e si schiera a favore di
esuli e sconfitti. Ed è condivisa, si presume, anche dal lettore che,
consapevole di quanto appena scritto, affronta questo testo – come gli altri da
loro pubblicati – con un occhio benevolo rivolto verso i confini di questa
nostra Europa che era e resta un faro di speranza per chi come me crede nell’importanza
della libertà delle idee, del sentirsi a casa ovunque, del vivere sotto uno
stesso cielo, senza barriere.
David Valentini
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