L’Europa
è ancora cristiana?
di Oliver Roy
traduzione di Michele Zurlo
Feltrinelli, 2019
pp. 160
€ 17,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Benché sia interessata a difendere il diritto dei musulmani a praticare la propria fede, per la Chiesa non può esservi uguaglianza di religione in Europa; in questo come in altri casi, essa rifiuta il relativismo religioso. (p. 107)
Diamo abbastanza per scontato,
camminando in una qualunque città europea, di imbatterci prima o poi in una
chiesa: in effetti a oggi sono presenti, solo sul suolo italiano, 65.486 chiese
pubbliche, mentre molto più raro è trovare una sinagoga (ve ne sono circa 130) o una
moschea (sono 10 costruite ad hoc, di cui 5 complete di minareto, anche se i
luoghi di culto riservati all’Islam sono oltre mille).
Non ci stupiamo: diamo per assodato che il cristianesimo è inscritto nel nostro DNA di europei, almeno quanto lo sono Impero romano, Illuminismo e Rivoluzione francese.
Ricordo tuttavia come anni fa un’amica islandese in
visita a Roma mi chiese, con sincera curiosità, cosa fossero quegli edifici decorati,
nascosti fra i palazzi o più spesso anticipati da una grande piazza, che
recavano ovunque immagini e scritte strane. Questa mia amica che veniva
dalle estreme propaggini dell’Europa – un’europea dall’istruzione superiore –
pur percependo una sostanziale alterità fra quegli strani edifici e gli altri palazzi, non era in grado di riconoscere una chiesa. Com'era possibile?
Olivier Roy, islamista e politologo
francese, attraverso il suo saggio, tanto agile quanto complesso, prova a
fornire risposta, oltre che a questa, a tante altre spinose domande inoltrandosi nella stratificata
e intrecciata storia del rapporto fra cristianesimo ed Europa a partire dalle
loro origini per arrivare ai giorni nostri.
Che infatti la storia dell’Europa sia fino a un certo momento anche
la storia del cristianesimo è un assunto talmente ovvio da necessitare appena di
un capitolo iniziale intitolato, appunto, L’eredità cristiana: un dato
evidente. Per tutto il medioevo e nella prima modernità le due narrazioni praticamente coincidono, soprattutto se consideriamo – sulla base dell’idea che
l’identità si costruisce anche (soprattutto) attraverso il confronto/scontro con l’altro, o
meglio con ciò che elemento identitario non è – che l’altro in questo caso è stato l’Islam. Lo sforzo fatto dall’Europa per non venir assimilata dall’Islam e dalla sua controparte "terrena", ossia i turchi – ora che
i barbari erano diventati parte integrante dei territori dell’ex Impero romano,
e che anzi proprio quei barbari, per secoli tenuti fuori dai limes,
costituivano il fulcro nodale dell’Europa nonché l'eredità dei latini –, così come la persistenza della
Chiesa in ogni campo umano, dal sapere (per secoli i monasteri, e poi le
università, sono stati depositari della conoscenza) alla morale,
hanno reso questa identità perfetta: l’Europa era la terra del cristianesimo.
Poi sono cominciate le guerre di
religione, scatenate dalle accuse di Lutero nel 1517 e dalla conseguente nascita del protestantesimo; abbiamo avuto conflitti
interni che hanno spaccato l’Europa almeno fino alla pace di Vestfalia del 1648, che ha visto l'imporsi degli stati nazionali; abbiamo avuto l’Illuminismo,
la Rivoluzione francese e poi quella proletaria; il saeculum terribilis,
almeno per la religione, dell’ottocento anticlericale; il nichilismo,
la psicoanalisi (che, paradossalmente proprio dall’interiorizzazione
agostiniana e dalla confessione cristiana prende le mosse); lo sviluppo delle
scienze contemporanee, il Sessantotto. In una parola: la secolarizzazione di un'Europa che nasce cristiana.
Leggendo le pagine di Roy, si
capisce come, se da un lato la Chiesa ha assistito e spesso preso parte a tutti
questi eventi, provando là dove possibile a divenirne protagonista, dall’altro
da un certo punto in poi ha cominciato ad arrancare, in quale modo a perdere il
contatto con una realtà che le è divenuta sempre più estranea e lontana dalle proprie premesse teologiche ed escatologiche. Basti pensare,
come fa presente l’autore nel quarto e nel quinto capitolo del libro, che
il Concilio vaticano II, nato con l’intento di venire a patti con la modernità –
ossia con la fine del pensiero unico e della narrazione globale a
favore di un pluralismo gnoseologico ed etico –, pur avendola riconosciuta l’ha fatto con notevole ritardo, quando ormai lo spettro della modernità aleggiava già da
quasi un secolo; e nel momento in cui riconosceva questo strano mostro che ha
deturpato l’Europa, proprio fra le sue strade andava verificandosi un ulteriore
cambiamento, quello culturale provocato dal Sessantotto che ha imposto un nuovo paradigma, in direzione ostinata e contraria rispetto a quello della Chiesa.
E tutto questo mentre la minaccia –
per la Chiesa come per le destre populiste – dell’Islam si riaffacciava più
pericolosa che mai.
Roy dimostra, insomma, come la
Chiesa sia rimasta indietro, ancorandosi a un passato glorioso ma defunto, a volte contaminando la propria identità con elementi modernisti che hanno tentato, invano, di rispondere alle nuove sfide. E tutto ciò mentre la contemporaneità si dotava di risposte nuove alle nuove necessità: il divorzio, il diritto all’aborto, il matrimonio omosessuale,
l’eutanasia, lo svincolarsi dalla progettazione genetica tanto cara al Dio dei
cristiani. L'autore dimostra anche come, da un certo punto in poi, e sebbene sia palese
il ruolo del cristianesimo nella nascita dell’identità europea, quest’ultima
abbia in qualche modo preso a guardare altrove: alle vittorie dell’Illuminismo,
a quella liberalità alla base dell’autonomia e dell'autocoscienza che è tanto invisa a
chi, invece, crede ancora oggi che tutto ciò che siamo lo dobbiamo a un Dio la
cui voce riecheggia, ahilui, fra le pareti di chiese sempre più spopolate.
L’Europa
è ancora cristiana? è un testo di notevole interesse e in grado, pur in
poco più di 150 pagine, di sviscerare appieno un tema fondamentale. Non è tuttavia
un testo semplice, poiché per comprendere tutti gli argomenti trattati è
necessario conoscere la storia europea, quella del cristianesimo, la filosofia
almeno medievale e moderna, così come gli ultimi sviluppi politici del nostro
continente.
Diciamo che in ogni caso il messaggio di Roy passa anche senza
troppi approfondimenti, ed è un messaggio fin troppo lampante.
David Valentini
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