di Riccardo Gazzaniga
Rizzoli, 2019
pp. 448
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
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L’esperienza reale di Riccardo Gazzaniga
entra ancora una volta dentro alla trama, tuttavia ci sono segnali di
ribellione da parte di quest’ultima. Nei precedenti romanzi, l’autore
genovese attingeva in maniera forte dal suo lavoro di agente della polizia di
Stato. In “A viso coperto” con la trasposizione di quanto vissuto sul terreno
del confronto/scontro tra ultras
e celerini. In “Non devi dirlo a nessuno” grazie a un magistrato, sempre
genovese, un’inchiesta alle spalle contro la malavita comune, il fratello di un
bandito volato da una finestra d’ospedale e una vendetta giurata.
Un poliziotto anche in questo caso c’è
ed è il padre di Giada Pastorino, la studentessa lesbica che ha un desiderio:
farsi accettare dai genitori. In questo, il padre è più malleabile della madre,
che da parte sua lavora per un cattolico reazionario insopportabile al tatto. E
quindi soffre pazzescamente per questa figlia snaturata da curare. Ci sono poi
i compagni di scuola razzisti e omofobi e quelli carini e dolci. I primi odiosi
come il datore di lavoro di cui sopra. I secondi da prendere a pizzicotti sulle
guance. Siamo nell’alveo del politicamente
corretto, lo avrete capito.
Neppure Genova manca. Una Genova monca,
come una vecchia zoppa, a causa di quel ponte Morandi crollato e diventato
simbolo di sofferenza. Direi che è una scelta agevole per chi vive nel
capoluogo ligure. Insomma, si viaggia su
binari apparentemente facili: ci sono
i buoni e i cattivi, tra i grandi e i meno grandi, un’estetica urbana improvvisamente e imprevedibilmente cambiata a
causa di un dramma che ha provocato una catarsi delle coscienze, la vita a
ispirare le pagine sui controlli di routine durante il Gay Pride, e magari anche
quelle sulla dicotomia tra poliziotto progressista e poliziotto sovranista, che
come il freddo per i giorni della candelora non poteva non saltare fuori.
Ma poi il vento cambia e, come accennato all’inizio, la
storia comincia a parlare in prima persona al lettore. Giada Pastorino è una figura bilanciata, vigliacca e coraggiosa,
capace di affrontare una prova da adulta ma
anche di tradire la fiducia della compagna di classe a cui ha giurato amore.
E poi Ruggero De
Roma, il titolare della palestra in cui Giada pratica savate, la cosiddetta
box francese, maestro di sport e di vita fatto a pezzi dal passato, anche qui
nulla di nuovo, ma che sprigiona un rancore ben soppesato su quanto sta per
accadere.
È grazie al connubio/confronto tra Giada e Ruggero che il
romanzo esce dalla cronaca, non s’impantana nel tradizionale caso da risolvere
o nella storiella adolescenziale resa ancor più difficile dall’omosessualità,
anzi s’incunea negli intrecci umani
e provoca reazioni allergiche positive.
Mentre assistiamo all’emersione di queste due anime
inquiete, che si sostengono a vicenda, con tanta paura di affrontare il presente e il futuro, accade un fatto che
Giada vivrà come un tradimento irrisolvibile. La fine si consumerà proprio su un
moncone del ponte Morandi. Ed essendo lieta, la prendiamo come buon auspicio
per la rinascita di questa città ferita. Così uno pensa che il libro sia giunto
a conclusione. Invece c’è un ulteriore postilla. Una di quelle rivelazioni che
mai avresti voluto leggere e che finisce per suggerire il perché sia stato meno facile di quello che sembrava. È per questo
che stringo Riccardo in un grande abbraccio.
Marco Caneschi
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