di Ezio Mauro
Feltrinelli, 2019
pp. 195
€ 18.00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Chi non ha ancora nel cuore e nella mente le immagini dei festeggiamenti per il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino? Quel tripudio di luci a illuminare Potsdamer Platz, fino a non molti anni fa tetro e buio simbolo della terra di nessuno tra le due Germanie, Est e Ovest. Tanti i libri, le pubblicazioni, le fotografie, i ricordi che hanno rievocato, in questi ultimi due mesi, quel 9 novembre 1989, la data che dette il via a una nuova era. Tra questi, noi di Critica Letteraria abbiamo scelto Anime prigioniere di Ezio Mauro, libro uscito per i tipi di Feltrinelli. Con la consueta precisione e con il suo caratteristico piglio-giornalistico narrativo, l'ex direttore de La Repubblica ci riporta al 1989 e, contemporaneamente, all'inizio degli anni 60, ai mesi e ai giorni, che precedettero quella notte (il 13 agosto del 1961) in cui, in fretta e furia, venne costruito il Muro. Che per ben 28 anni avrebbe diviso i tedeschi e, con loro, due mondi.
Il mostro vive in mezzo alla città, attraversa l'Europa, separa il mondo correndo per 156,4 chilometri, innalzandosi per 3 metri e 60 centimetri, affondando nel terreno per altri 2 metri e 10, con il corpo composto da 45.000 sezioni di cemento. Vigila con 302 torri di sorveglianza. Si avvolge in 127 chilometri di filo spinato. Si protegge con 105 chilometri di fossato. Si rinchiude in 20 bunker. Si circonda con la "striscia della morte" (...). Dissuade con 18.300 reticolati, trappole anticarro, barriere con denti metallici, sirene d'allarme e riflettori. Spaventa con 5000 cani pastore addestrati, i cani di confine con i denti rastremati dalla fresatrice, pronti all'impiego. (p. 26)
Numeri e immagini che mettono paura. Eppure il desiderio di libertà per molti era più forte del terrore. E sono proprio le storie di chi ce la fece (oppure no) che Ezio Mauro ci racconta. Il libro parte da un assunto originale: ogni capitolo è dedicato a un mese di "quell'incredibile 1989", come lo definisce l'autore, a partire da gennaio, quando il muro era ancora ben solido e sembrava dovesse incombere per sempre a cavallo dell'Europa. Ancora a gennaio, appunto, Erich Honecker, capo assoluto del partito e della DDR, ebbe a dire:
"Il Muro esisterà ancora, anche fra cinquanta o cent'anni, finché non verranno meno le premesse che lo hanno reso necessario". (p. 19)
Quanto era lontano il vecchio Segretario generale del partito dall'immaginare che, di lì a pochi mesi, quelle premesse sarebbero state scagliate lontano dalla Storia e dalla determinazione del popolo.
E, in ogni capitolo, partendo da un mese del 1989, il discorso prende respiro, si dipana e ci riporta a dieci, venti, venticinque anni prima, al di là del Muro. Nella Berlino Est, con le sue Trabant puzzolenti, i suoi soprammobili di Moplen, uguali per tutti, il suo doping di Stato (che portò la DDR a vincere 40 medaglie d'oro alle Olimpiadi di Montreal, distruggendo a suon di ormoni la vita di tante atlete), le sue file infinite nella speranza che arrivasse qualche prodotto, i suoi inofizielle Mitarbeiter, i collaboratori non ufficiali... in poche parole la macchina dello spionaggio portata a un livello di perfezione assoluta (vicini di casa, mariti, mogli, fratelli chiunque poteva informare il regime). Una vita diversa. Dalla quale in molti tentarono di scappare.
Tanti sono gli episodi di fuga che Ezio Mauro ci racconta. A partire da quello immortalato nella fotografia forse più famosa, che rappresenta un giovanissimo soldato, fucile a tracolla, saltare sopra il filo spinato e in un secondo decidere di proseguire la propria vita a Ovest, lasciando di là magari i genitori, una fidanzata, fratelli o sorelle. Il giovane soldato si chiamava Conrad Schumann, aveva 19 anni e quel martedì 15 agosto (il muro aveva solo due giorni di vita) era stato messo a guardia nel tratto di confine tra Bernauer Strasse e Ruppiner Strasse. Fu un momento, un breve volo e la libertà. Non andò così bene a tanti altri, a Ida Siekmann che lanciò prima un materasso e poi se stessa, schiantandosi però al suolo; a Rolf Urban che cadde calandosi con una fune. O a Winfried Freudenberg, l'ultima vittima del Muro, marzo 1989, che cercò di superarlo con una sorta di mongolfiera o pallone artigianale. Soltanto uno degli ingegnosi e più o meno fortunati espedienti con cui i tedeschi dell'Est cercavano di oltrepassare quella barriera.
L'interesse del libro, oltre che nel racconto della vita quotidiana della Berlino Est, vissuta e vista di prima mano dal giornalista , sta nella descrizione della parabola psicologica del potere. Che vive e impera a dispetto della Storia, senza rendersi conto che il vento sta girando, senza voler aprire gli occhi al cambiamento inevitabile, mosso soltanto dal comandamento della repressione. E allora ci scorrono sotto gli occhi le immagini della caduta del vecchio Honecker e della sua famigerata moglie e ministro dell'Istruzione, Margot, il "Drago viola", come la si chiamava sottovoce, per il colore improbabile dei suoi capelli. Così come assistiamo alla discesa di tutta la nomenklatura del partito che, per eccessivo spirito di ortodossia, stava più a sinistra della Russia che Gorbaciov stava portando sulla via del cambiamento. Come la Polonia di Lech Walesa o l'Ungheria di Rezso Nyers o la Cecoslovacchia di Dubcek. Mentre la Germania Est sembrava rimanere l'ultimo monolite del comunismo. Fino a quel 9 novembre 1989, che, paradossalmente, a causa di un malinteso fece esplodere il tutto. La cronaca di quella giornata, fino alle 18.53, l'ora della Storia, è tra le pagine più avvincenti del libro: minuto per minuto Ezio Mauro ripercorre il "giovedì che cambierà il mondo" (p. 158), fino alla famosa conferenza stampa in cui Gunter Schabowski, membro del partito, male informato, rispose, ahilui, alla domanda di un giornalista italiano, Riccardo Ehrmann, che gli chiedeva a partire da quando sarebbe stato aperto il Murto. "Ab sofort", la risposta... da subito. Incredula la gente che seguiva in televisione la conferenza stampa si riversò per le strade. E il resto è Storia.
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