Flush. Biografia di un cane
di Virginia Woolf
Illustrazioni di Iratxe Lopez de Munáin
Feltrinelli, 2019
Traduzione di Iolanda Plescia
pp. 165
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
Flushie è mio amico, mio compagno e mi ama più di quanto ami la luce del sole.
Flush significa “tirare lo sciacquone” (!) e “rossore”. Ma è anche la parola onomatopeica del rumore di un sasso nell’acqua, un lancio che buca lo stagno. In questo caso Flush, protagonista e titolo del romanzo di Virginia Woolf, è semplicemente il cane della poetessa Elizabeth Barrett (1806-1861). Il cocker dal corredo cromosomico da manuale, erede senza contaminazioni di una razza antica come le conquiste territoriali spagnole. Un esemplare dalla morbida linea del cranio, «gli occhi grandi ma non sporgenti» e quell’espressione unica in grado di fondere furbizia, dolcezza e fedeltà.
Flush nasce in un giorno imprecisato del 1842 e trascorre i primi mesi della sua vita nelle immediate vicinanze di Reading, presso il dottor Mitford e la sua famiglia. Il cane gode immensamente delle scorrerie campagnole e della libertà selvaggia di inseguire tutte le cagnette a cui riesce ad avvicinarsi. Non solo: l’istinto primordiale della sua indole viene lasciato libero di esprimersi, e così la sua giornata è tutto un insegui una lepre di là e acchiappa un fagiano di qua. Miss Mitford, tuttavia, si rende presto conto della schiatta prestigiosa del giovane amico a quattro zampe, non adatta a una vita umile. E se è impensabile immaginarlo oggetto di una vendita, l’unica soluzione possibile è pensare di donarlo. Così la donna regala il cucciolo a Miss Barrett, scrittrice debole e malaticcia che trascorre le sue giornate tra i cuscini, a Londra, nell’agio di Wimpole Street, via prestigiosissima di uno dei quartieri più mondani della capitale. E Flush viene alla luce una seconda volta, accanto a lei. Perché anche lui riceve qualcosa. Scopre cosa significa avere un padrone e conosce ben presto il prezzo delle relazioni. Che nel suo caso, come in quello di molti altri, si chiama “libertà”.
Non c’è più occasione per scorrazzare a piene narici, rotolarsi nel fango e inseguire gli odori del mondo. La porta per lui resta chiusa, la stanza sul retro si rivela il suo unico feudo e le uscite sono gocce centellinate, pochi barlumi in carrozza e poi di nuovo subito a casa. Flush impara a sue spese che avere tutto, cibo, profumi, calore, riparo, non vuol dire avere ciò che l’istinto gli reclama a gran voce. Un cane di razza “deve” indossare il guinzaglio e non può correre libero in un parco. Ma rinunciare fa parte del gioco d’amore che lega un cane al suo umano. Così Flush dimentica la vita di prima e vive nel presente. In qualità di custode della sua padrona, legge i suoi movimenti, il tremore della mano che verga ogni emozione, in mezzo a un inchiostro che non può capire, ma che non gli impedisce di fiutare i suoi pensieri. Ama Elizabeth, consuma i suoi avanzi perché il padre non la rimbrotti, ovatta la sua stanchezza, i suoi lunghi minuti emaciati. E si crede esclusivo. Ma non lo sarà per molto tempo.
Non c’è più occasione per scorrazzare a piene narici, rotolarsi nel fango e inseguire gli odori del mondo. La porta per lui resta chiusa, la stanza sul retro si rivela il suo unico feudo e le uscite sono gocce centellinate, pochi barlumi in carrozza e poi di nuovo subito a casa. Flush impara a sue spese che avere tutto, cibo, profumi, calore, riparo, non vuol dire avere ciò che l’istinto gli reclama a gran voce. Un cane di razza “deve” indossare il guinzaglio e non può correre libero in un parco. Ma rinunciare fa parte del gioco d’amore che lega un cane al suo umano. Così Flush dimentica la vita di prima e vive nel presente. In qualità di custode della sua padrona, legge i suoi movimenti, il tremore della mano che verga ogni emozione, in mezzo a un inchiostro che non può capire, ma che non gli impedisce di fiutare i suoi pensieri. Ama Elizabeth, consuma i suoi avanzi perché il padre non la rimbrotti, ovatta la sua stanchezza, i suoi lunghi minuti emaciati. E si crede esclusivo. Ma non lo sarà per molto tempo.
Una nuova vita si affaccia all’orizzonte: quando Mr. Robert Browning entra nelle sfere di interesse di Elizabeth, Flush imparerà ancora una volta il significato della parola fedeltà: nonostante i primi tentativi di ribellione, a un certo punto intuisce che amare davvero Elizabeth significa accogliere ciò che lei ama, ciò che davvero ritiene importante. Malgrado si tratti di un terzo incomodo. E poi di un quarto, quando l’ennesima nuova vita di Flush, riscaldata dal tiepido sole toscano, verrà scandita dall’arrivo di un cucciolo d’uomo e di una diversa, l’ennesima, routine giornaliera.
Dopo aver letto le lettere tra Elizabeth Barrett e Robert Browning, Virginia Woolf viene conquistata a tal punto dalla figura di Flush da dedicargli una biografia esclusiva. Ma Flush. Biografia di un cane non è solo il racconto dell’esistenza di un animale, confezionato nella forma di un romanzo di formazione. La storia è un romanzo woolfiano a tutti gli effetti, ricco di ironia e di quella inconfondibile capacità di ritratte i costumi e le figure di un’epoca dall’interno, ma dando la sensazione di osservarli con la distanza giusta per distaccarsene.
La vita di un cane diventa allora un espediente originalissimo per raccontare la figura di una donna di cultura, cagionevole di salute eppure risoluta e coraggiosa, pronta ad avventurarsi in situazioni pericolose che gli uomini che la circondavano non osavano affrontare. Del tutto particolare, poi, il punto di vista di Flush, che è, ovviamente, umanizzato nei suoi pensieri, eppure mantiene una sua peculiare visione del mondo, un modo suo di esplorarlo, attraverso gli odori e suoni, prima che la vista. È costretto a prendere atto delle differenze di ceto sociale, anche tra cani, nella Londra vittoriana, degli impedimenti e delle restrizioni che la società imponeva sulle libertà individuali, entra in contatto con lugubri sobborghi londinesi proprio lui che aveva sempre vissuto nell’agiatezza. Nel descrivere le avventure e le peripezie che Flush affronta durante la sua vita, Virginia Woolf fornisce così un quadro critico della borghesia inglese di metà Ottocento e confeziona un romanzo imperdibile sia per gli amanti del migliore amico dell’uomo, ma, soprattutto, della penna sopraffina della scrittrice di Gita al faro (e in redazione siamo in tanti a pensarla così, tanto che qualche giorno fa siamo andati al festival Il faro in una stanza a Monza).
In chiusura, non posso non menzionare l’edizione della Feltrinelli che arricchisce il testo della Woolf con i disegni di Iratxe López de Munáin, disegnatrice che ha studiato e vive a Barcellona e trova ispirazione in film e viaggi, nella musica di Billie Holiday o Lhasa de Sela, nelle persone particolari, nei colori rosa e rosso, nei piatti preparati dalla madre e nelle tempeste d’inverno. Le sue illustrazioni sono state selezionate per la Biennale di Bratislava e per la Fiera del libro di Bologna e in questo volume trasformano in una forma intellegibile (il disegno, appunto) l’atmosfera evocata dalla scrittura della Woolf.
Federica Privitera
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