di Federico Fellini
Rizzoli Illustrati
pp. 560
€ 80
La legge del sognatore
di Daniel Pennac
Feltrinelli
trad. Yasmina Melaouah
pp. 160
€ 14
€ 9,99
Se in questo 20 gennaio 2020 il regista Federico Fellini fosse ancora vivo, avrebbe cent'anni.
Per fortuna, non è sopravvissuto alla sua fama e oggi possiamo ricordarlo come ogni grande dovrebbe essere ricordato: soltanto tramite le opere. Una serie di film straordinari e immaginifici, qualche lettera, i suoi disegni, e un - anzi, IL - Libro dei sogni recentemente ripubblicato da Rizzoli.
Un mastodontico diario nel quale il regista riminese ha annotato, dagli anni Sessanta fino all'agosto del '93 (se ne andò alla fine d'ottobre di quell'anno, poco dopo l'assegnazione dell'Oscar alla carriera, e seguito a distanza di qualche mese da Giulietta Masina, moglie e compagna di una vita) tutta la sua attività onirica, secondo la dottrina del suo psicanalista, il dottor Ernst Bernhard.
Un mastodontico diario nel quale il regista riminese ha annotato, dagli anni Sessanta fino all'agosto del '93 (se ne andò alla fine d'ottobre di quell'anno, poco dopo l'assegnazione dell'Oscar alla carriera, e seguito a distanza di qualche mese da Giulietta Masina, moglie e compagna di una vita) tutta la sua attività onirica, secondo la dottrina del suo psicanalista, il dottor Ernst Bernhard.
Una serie di testi e illustrazioni, in cui Fellini ritrae il suo universo privato e pubblico, una folla di personaggi reali e metafisici, i suoi attori e collaboratori, gli amici, le numerosissime donne, amanti vere e immaginarie dalle forme burrose e esagerate. Uno spioncino dal quale guardare nella mente di un uomo geniale.
«Chi era questo Fellini», gli chiede un nipote.
Insomma, un libro fatto, è il caso di dirlo, della stessa materia di cui sono fatti i sogni.
E chi ne abbia mai sfogliata una copia lo sa.
Sicuramente lo sa Daniel Pennac, che di Fellini è stato grande estimatore per una vita intera e lo ha voluto omaggiare con un libro appena uscito in Italia per Feltrinelli nella consueta traduzione di Yasmina Melaouah dal titolo La legge del sognatore.
«Chi era questo Fellini», gli chiede un nipote.
«Il mio regista preferito», risponde lo scrittore.
«Sì, ma chi era?»
E forse sta già tutto qui questo librettino che con la scusa di celebrare il maestro celebra anche l'autore. Poco male, perché Pennac è proprio quel genere di scrittore che può permettersi un po' d'autoindulgenza, in special modo in questa occasione.
D'altronde, è consapevole, non senza una certa ironia, di concedersi quello che per anni ha proibito ai suoi alunni: tentare l'escamotage del sogno per riempire vuoti narrativi. Ne fa anzi un modus operandi e via, come in una serie di scatole cinesi, ci porta dentro e fuori dalla stanza di una certa casa di campagna, dentro e fuori dall'acqua in un'immersione senile, versione annacquata di un sogno fatto da bambino, dove quello che scorre non è più solo un fiume di luce, ma il tempo stesso.
Labile il confine poi fra sogno e magnifica ossessione, quella per Fellini, sorta di filo conduttore che porta all'ideazione di uno spettacolo.
Dovrebbe essere in scena stasera al Teatro Piccolo a Milano, poi al Galli di Rimini, o perlomeno così è annunciato dai giornali, una sorta di happening già sognato e minuziosamente descritto nel libro ma che proprio per questo è difficile credere possa avere davvero luogo.
La legge del sognatore: confuso, ridondante, autocelebrativo, e, si potrebbe pensare, non così esaltante e avventuroso per chi ascolta (legge) quanto per chi lo racconta (scrive).
E il nodo è tutto lì. Questo è un testo che va interpretato. Nella sua duplice accezione: proprio come un sogno, proprio come uno spettacolo.
Giulia Marziali
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