Alba
senza giorno
di Fernando Coratelli
Italo Svevo edizioni, 2019
pp. 312
€ 18,00 (cartaceo)
Lei non ha mai visto il mare.
Non hai mai visto il mare?
No, non l’ho mai visto.
Allora devi portarcela, cugino.
Certo, ce la porterò, dice Stoian sorridendo.
Stéphka si stringe al suo braccio. Dragan li guarda di sottecchi, È così bella. Devi farle questo regalo, mi raccomando. (p. 35)
Troviamo qui un primo aspetto critico di
questo romanzo, che poi è un aspetto critico di molti romanzi corali: narrare tre storie separate,
con personaggi e vicende proprie, senza per questo far percepire al lettore uno
sfilacciamento nella trama generale. Se in alcuni momenti questo senso di
dispersione rischia di venir fuori, soprattutto nella parte centrale del libro,
per la stragrande maggioranza del tempo è palpabile invece come le tre storie
stiano convergendo, nei tempi e nei modi che l’autore ha ritenuto più
opportuni, verso un punto ben preciso.
È vero infatti che Stoian e Stéphka
sono due rom in fuga dalla Bulgaria e alla ricerca della felicità attraverso
mezza Europa; è altresì vero che Martina è una madre fresca di separazione dal
marito e vive in una Milano multietnica e dominata dalla Lega, nella quale è
forte la percezione di un’immigrazione senza controllo; è infine vero che la
storia di Tonino Cortale e della guerra fra clan mafiosi rivali rimanda a un
genere di narrativa avulso dai primi due: se tutto questo è vero, è altrettanto
vero che tutte e tre le storie rappresentano una componente concreta della
realtà italiana contemporanea, ed è qui che il romanzo di Coratelli trova il
suo punto di forza, ossia narrare con schiettezza come stanno le cose, senza pietismi o isterie.
Vero è anche che alcune vicende sono
trattate meglio di altre, com’è inevitabile. La storia di Tonino non riesce a generale nel
lettore compassione o empatia verso i personaggi, ma forse è così che devono andare le cose: d'altronde lui è uno dei tanti
sicari della mafia calabrese, ha una famiglia a cui sembra legato solo per
questioni formali, va a prostitute e ha della vita umana (altrui) un concetto
bassissimo che rasenta lo zero assoluto.
Con Martina la situazione cambia, e
qui il Leitmotiv sembra essere la stereotipizzazione di certe idee razziste e
xenofobe che, soprattutto negli ultimi anni, sono nate nei confronti degli immigrati e soprattutto dei rom: leggiamo qui
frasi qualunquiste come il fatto che gli stranieri ci rubino il lavoro, tutti
gli zingari rubino eccetera. Per quanto banali siano
alcuni concetti espressi nel romanzo, è pur vero che non affondano le radici
nel nulla, anzi, in questo Coratelli è bravo a comporre un ritratto fedele di
quanto avviene nelle strade di una qualsiasi città italiana soggetta a flussi
migratori. Una certa politica ha proprio su questa realtà fatto leva per raggiungere posizioni di rilievo, dopo tutto.
Più interessante – e non a caso più pagine le sono dedicate – è la storia romantica di Stoian e Stéphka, con i quali riusciamo
veramente a empatizzare: loro sono quello che sono, due ragazzi innamorati alla
ricerca di un posto dove vivere insieme e costruire una famiglia. Anche qui il
pietismo non trova spazio, perché i due non sono rappresentati come eroi della
contemporaneità e non sono esenti da imperfezioni caratteriali – fermo e
immutabile è il rapporto di subordinazione della donna all’uomo, come da
tradizione, ad esempio – ma questo non fa che renderli più umani. Con loro entriamo nel
mondo dei campi rom, di lavori al limite della legalità, ma anche di una rete
che si estende da est a ovest, da nord a sud, fatta di famiglie sparse per l’Europa
e di una lingua che travalica i confini nazionali. È una bella storia, la loro,
composta a tinte chiaroscure, e che rimanda anche alla nostra storia, quando dalla parte dei migranti c'eravamo noi italiani.
Alba
senza giorno è un romanzo corale, si è detto, ma fra le voci del popolino e
di personaggi che troviamo e lasciamo in poche pagine emergono con forza quelle
dei quattro protagonisti che, ognuno a modo suo, sa raccontarci qualcosa di
quello che siamo stati e che siamo diventati. Il finale, c’è da dire, arriva un
po’ previsto anche a causa della quarta di copertina, e ciononostante la
tensione è palpabile, così come viva resta la speranza che l’umanità, pur nel
piccolo, sia ancora in grado di discernere il bene dal male.
David Valentini