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Le Roi cerca un nuovo guardaroba: "Il re a nudo" di Michel Platini con Jérôme Jessel

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Il re a nudo
di Michel Platini con Jérôme Jessel
a cura di Tony Damascelli

Baldini+Castoldi (2019)

pp. 192
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Le autodifese lasciano sempre il tempo che trovano, se poi la strategia viene applicata al calcio allora vanno prese ancor più con le molle visto che questo sport non dà spesso un’immagine edificante. Razzismo, scommesse clandestine, disequilibri tra grandi e piccoli club, atleti che diventano industrie. E ancora ripicche da asilo e violenza fisica tra gruppi ultras. Michel Platini è stato tra i pochi, non il solo a dire il vero, a tentare il grande salto dal terreno di gioco alla scrivania. Non una qualsiasi ma quella da cui si governa l’intero calcio europeo. La presidenza della Uefa. Ha provato a rimediare alle storture del sistema scontrandosi con esso e il sistema gliel’ha fatta pagare. Un conto salato chiamato squalifica.


La giustizia ordinaria, più che quella sportiva, lo ha riabilitato e allora Platini ha confidato nel potere della parola. È stato anche da Fabio Fazio e sdoganamento editoriale e commerciale migliore non poteva avere, visto che colloquiare con il conduttore di “Che tempo che fa” rappresenta la rivincita a garanzia, se non altro, dei destini di una pubblicazione.
Per cui, sommando il prestigio di Platini con siffatta apparizione televisiva, e aggiungendo l’autorevolezza di Jérôme Jessel e Tony Damascelli, tocca prendere atto della serietà del tentativo. Di una sua veridicità. Il libro racconta la seconda vita di Platini. Le scarpette al chiodo le aveva appese nel maggio del 1987 dopo un Juventus-Brescia, ultima giornata di quel campionato. Platini è passato alla storia da calciatore come Le Roi e quella scelta di smettere l’aveva maturata da solo. Finendo per incuriosire, come egli stesso ricorda, una scrittrice del calibro di Margherite Duras.
Il Platini dirigente internazionale è stato invece un re scaraventato giù dal trono. Denudato per l’appunto, come dice il titolo. Ma siccome il personaggio ha il suo bel caratterino orgoglioso, degno della migliore tradizione francese, non si sente molto a suo agio senza panni addosso. Se dunque siete appassionati e volete capire cosa succede dietro le quinte dello show-business, che tipo di soggetti e di interessi vi circolino, il libro è quello giusto. Il giudizio sull’affaire lo maturerete da soli.

Con quale stile è scritto? Di sicuro brillante. Le pagine sono figlie di un uomo scanzonato. Che invecchiando non ha perso il gusto per le sottili metafore, già dispensate generosamente durante la carriera agonistica. Un indice rivelatore di benessere, oltre che d’intelligenza. Quando si è profilato, anni fa, l’arrivo al Paris Saint-Germain di David Beckham, icona della trasmutazione genetica del calcio da sport a can can mediatico e fenomeno di marketing protetto da bodyguard, un Platini imborghesito e con una perenne e perfida pancetta è riuscito comunque a commentare: «Sarà un bene…per lo shopping». Sintetico e crudele. Perfetto.
In campo era sontuoso nel suo fisico slanciato, non era un monumento, ma era monumentale. I suoi compagni faticavano per lui, ma questo faceva parte dei ruoli. In ogni corte che si rispetti c’è il re, gli eserciti nomadi che presidiano le conquiste e ci sono i servitori. Bene. È stato proprio da questi che Platini è stato lasciato solo non appena caduto in disgrazia. Capite che gli ingredienti per una storia succulenta, dal sovrano al regno, dal complotto ai traditori, ci sono tutti?
Non è il caso di andare oltre, altrimenti il rischio è scivolare nell’apologia o sconfinare nella dietrologia che tutto fagocita, vittima compresa. Però soffermatevi sulle idee riformatrici che Platini aveva, sul perché sono stati assegnati gli Europei a due paesi come Polonia e Ucraina, non esattamente la Silicon Valley, o i mondiali in Russia e soprattutto in Qatar, quest’ultima edizione la madre di tutti i guai. O sul Var, per lui solo un «bricolage», marchingegno non amato ma, paradossalmente, funzionale all’innata e sempre manifesta voglia di Michel di insegnare come va il mondo: «facciamo diventare migliori gli arbitri, se sono migliori non hanno bisogno di un aiuto tecnologico. Lasciamo gli uomini fare gli uomini». Capito il soggetto? Se tanto mi dà tanto è già in cerca di un nuovo, sontuoso, guardaroba.
Marco Caneschi




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