Introfada.
Lotta antisistema del militante introverso
di Hamja Ahsan
traduzione di Piernicola D’Ortona
add editore, 2019
pp. 183
€ 13,00 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)
NOI, POPOLO DI ASPERGISTAN, diamo vita alla Repubblica del popolo timido di Aspergistan – asilo, faro e patria di persone oppresse come i timidi, gli introversi e tutti gli appartenenti allo spettro autistico – e dichiariamo che i princìpi supremi della nostra nazione serviranno da baluardo contro l’egemonia dell'Ordine Mondiale degli Estroversi e getteranno le fondamenta per la cooperazione e la convivenza fraterna tra i popoli timidi, in un’unione mondiale indipendente. (p. 11)
Il mondo appartiene agli estroversi:
questo è l’assioma di base di Ahsan.
Il mondo appartiene agli estroversi perché
solo chi sa mettere in mostra il proprio ego, chi sa urlare più degli altri,
chi si trova a proprio agio nelle apparizioni pubbliche ha il potere di
irretire le masse e di sovrastare le altre voci mettendole a tacere; solo l'estroverso ha la possibilità, negata a
chi invece è più riservato, di avanzare in quello che l’autore chiama il Trendy
Club, una sorta di ordine mondiale dei vincenti, fatto di social network,
aperitivi, feste e discorsi alla nazione.
Gli estroversi, seguendo l’adagio
secondo il quale la storia viene scritta dai vincitori, hanno plasmato questo
mondo a propria immagine e somiglianza, come un dio che si ritiene benevolo ma in
realtà cela, dietro il più abbacinante dei sorrisi, la sua anima nera. E se dunque è vero che nel Trendy Club sono ufficialmente tutti accetti – a tutti è
concessa la possibilità di esprimersi e dire la propria: è questo il
punto zero delle democrazie liberali, dopo tutto – è anche vero che non a tutti
è consentito lo stesso accesso, in quanto, come in molti edifici pubblici che
ufficialmente sono aperti a tutti esistono delle barriere architettoniche che
impediscono la mobilità delle persone con disabilità, allo stesso modo l’ingresso
al nostro mondo, anch’esso rivolto a chiunque, presenta ostacoli insormontabili per una determinata categoria di persone, ossia i
timidi, gli asperger e gli appartenenti allo spettro autistico.
Ahsan si scaglia contro tutto e
tutti: non solo contro il settore dello spettacolo, dominato dagli estroversi,
capaci di sfilare davanti alle telecamere con nonchalance perché quello è il
loro ambiente; ma anche contro la politica, rappresentata da (e che rappresenta
solo gli interessi della) cultura estroverso-suprematista, e questo perché è lo
stesso «apparato statale [a] imita[re] in tutto e per tutto l’estroversione»
(p. 54); infine, contro la cultura in generale, che col suo divide et impera ha inculcato nelle
menti degli introversi l’idea di essere sbagliati, fuori posto, l’errore in un
sistema che, uguale per tutti nella teoria, privilegia chi preferisce il
rumore, le chiacchiere sul tempo che fa là fuori e i cocktail party al silenzio, all’intimità e
alle letture in solitaria.
E come possiamo dar torto ad Ahsan
quando afferma che «siamo diventati tutti così iperattivi e le nostre vite sono
così immerse nella cacofonia che non riusciamo a sentire il suono di un fiore
che cade in un giardino silenzioso» (p. 138)? Affacciandoci alle finestre dei
nostri palazzi, con la televisione perennemente accesa e il telefono che emette
bip continui per le notifiche sui vari social, non ritroviamo in strada
il caos di clacson, macchine, persone che urlano? Non ritroviamo in metro e nei
centri commerciali gli annunci degli slogan pubblicitari? E chi volesse
stare per conto proprio, senza per questo essere additato come un estraneo, o
peggio come un alieno, non si ritroverebbe spesso col dito puntato contro, o
con un’espressione di giudizio sul volto degli altri?
Ahsan immagina un mondo in
cui la rivoluzione parte dal basso, dai timidi e dagli introversi che, svegliatisi dal torpore, prima si uniscono in un movimento culturale e politico
all’insegna della Ssss’ria (traduzione geniale dell’ancora più geniale Shyria
Law inglese, la quale a propria volta si rifà alla legge sacra islamica) e poi
fondano lo Stato di Aspergistan, il quale ha una costituzione, una rappresentanza parlamentare, un territorio («1. Provincia della
frontiera nordoccidentale e regioni semiautonome del Pakistan. 2) Grotte e
regioni montuose dell’Afghanistan, esclusa Kabul. 3) Repubblica islamica dell’Iran,
esclusa Teheran», p. 12), dei principi fondamentali, una bandiera, un inno
nazionale (da ascoltare rigorosamente in privato, attraverso una conchiglia
marina… perché l’inno nazionale è, di fatto, «il suono di una conchiglia», p.
14).
I Militanti Introversi di Ahsan
hanno un nome, una legge sacra, degli adepti, uno Stato, ma anche un
loro slogan (#OCCUPYBEDROOM), dei martiri e prigionieri politici, una cultura cinematografica, delle icone e persino una linea di aiuto telefonico.
Ahsan ha messo su, nelle 183 pagine di un libriccino che non si nasconde dietro
a un dito e rimanda, nel bene e nel male, a un movimento (contro)culturale che
sfocia nei territori del terrorismo, del fondamentalismo e della guerra
religiosa: la lotta è armata, il nemico è globale, l'obiettivo è
la sovversione dell’ordine mondiale, perché ciò che inizia con #OCCUPYBEDROOM
avvampa in seguito in una #PRIMAVERATIMIDA, in #ASPERGISTANSUBITO per,
alla fine, raggiungere l’obiettivo di dare #POTEREAITIMIDI.
Le rivolte si trasformano in
rivoluzioni quando chi è sempre stato nell’ombra sente di dover lottare per
ottenere ciò che gli spetta di diritto. E i Militanti Introversi, insegna
Ahsan, reclamano «soltanto quello che è [loro]: il diritto a vita, spazio,
silenzio» (p. 182).
David Valentini