di Christy Lefteri
Piemme, 2019
Traduzione di Laura Prandino
pp. 304
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
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«Avevo quattro arnie in giardino, impilate una sopra l’altra. Non sopportavo di stare lontano dalle api. Le altre erano in un campo della periferia est di Aleppo. La mattina mi svegliavo prestissimo, prima del sole, prima del richiamo alla preghiera del muezzin… Era stato mio cugino Mustafa a introdurmi all'apicultura. Suo padre e suo nonno erano stati apicultori nelle verdi vallate ad ovest della catena dell’Anti-Libano» (pp. 12-13).
La storia narrata da Christy Lefteri ha come
protagonisti una coppia: Nuri e sua moglie Afra, lui è un apicultore ad Aleppo
e lei un'abile pittrice, trascorrono le giornate nella letizia di veder
crescere il loro piccolo Sami, fino a quando la Siria non viene investita dall'odio e dalla violenza. Il Paese è travolto dalla guerra e devastato dalle
bombe, case e vite vengono spezzate e tutto cade in rovina.
La vita di Nuri e di Afra è in frantumi. Afra, a
seguito della tragica morte di Sami, perde la vista e Nuri è costretto ad
abbandonare le sue amate arnie. La loro esistenza ad Aleppo non è più sicura e, nonostante le prime resistenze della moglie, Nuri decide che è arrivato il
momento per entrambi di andarsene. Decidono così di raggiungere l’Inghilterra e
ritrovarsi con la famiglia del loro parente Mustafa.
Inizia la fuga e il buio li investe: Afra non solo
non vede, ma non parla e non comunica più con Nuri, che stretto nel suo dolore,
tenta di andare avanti, spinto dall'istinto e dalla sopravvivenza e soprattutto
dalla volontà di portare la moglie lontana, nella speranza di darle di nuovo un
po’ di luce. Ma se le tenebre di Afra sono sempre costanti, le ombre di Nuri si
palesano nella sua mente e nell'incontro con il bambino Mohammed.
«Mohammed, ormai ti aspetto da un mese. Non so cosa ti è successo, dove sei e se tornerai mai per trovare questa lettera, ma ti ho cercato tutti i giorni e prego Allah ti custodisca e ti protegga. Prendi questi soldi e questa carta d’identità – devi usare il nome Sami (era quello dio mio figlio) – poi vai all’agenzia di viaggi (ce n’è una vicina al bar Seven Gates) e compra un biglietto per il traghetto che va ad Atene... Spero di rivederti presto. Nel frattempo stai molto attento, assicurati di mangiare bene e non scoraggiarti. A volte è facile arrendersi. Ti penserò sempre e pregherò per te anche al di là del mare e dei monti… Zio Nuri» (p. 151).
Arrivati in Turchia, i due proseguono per la Grecia,
dapprima nella città di Leros e poi ad Atene e da lì su di un volo con
passaporti falsi atterrano in Inghilterra, dove iniziano le pratiche per la
richiesta d’asilo.
Il romanzo si svolge tra i flashback e i ricordi
di Nuri, che è il narratore unico della vicenda; i suoi pensieri vanno avanti e
indietro, mischiando i pezzi di vita in Siria insieme alle varie tappe
della loro fuga.
Le avversità incontrate sono moltissime, tante
le insidie e i pericoli, dal cercare il cibo, a dove andare a dormire, molteplici
le tipologie di persone che incontrano, dai trafficanti ai rifugiati, ciascuno
con il proprio passato e con un presente incerto.
Fragilità ed autenticità, forza e debolezza, paura
e speranza sono i molteplici sentimenti che guidano in questo commovente
viaggio i protagonisti, plurime le tematiche toccate dall'autrice, dalla
guerra, all'esilio, alla migrazione, al lutto e tutte legate ad un solo soggetto:
la perdita.
Nuri e Afra sono due persone lacerate dalla morte di
un figlio e dall'allontanamento della propria terra, ferite indelebili e traumi
profondi albergano nei loro animi, ma grande è il loro coraggio perché grandi
sono state le scelte che hanno dovuto compiere e immenso il dolore con il quale
devono convivere.Sono una coppia che ha smarrito la propria identità
e che deve nuovamente costruire la loro unione. Toccante è il loro confrontarsi.
«Perché hai la biglia di Mohammed?, chiedo. Le sue mani si immobilizzano di colpo. Mohammed? Chiede. Sì, Mohammed! Il bambino che abbiamo conosciuto a Istanbul. Si sporge davanti come per un dolore improvviso e sospira. Questa biglia era di Sami dice. Di Sami? Sì. Ma ci giocava Mohammed. Non la guardo, adesso, ma sento che sospira di nuovo. Non so chi sia Mohammed dice. Mi porge la biglia. Il bambino che è caduto dal gommone. Non ti ricordi? Non è caduto nessuno bambino dal gommone… perché non me l’hai detto prima? Chiedo perché credevo che avessi bisogno di lui dice. Questa biglia … l’ho presa dal pavimento di casa nostra il giorno prima di partire» (pp. 272-273).
Molto lucida e molto vera è la narrazione, chiaro e
semplice è il tratto, nitide e suggestive le descrizioni, in grado di suscitare empatia le
emozioni.
Il viaggio intrapreso da Nuri e Afra non è stato solamente
un percorso, ma un tragitto interiore, un cammino intimo e personale di una
coppia che ha perduto se stessa, per poi ritrovarsi e sperare di fabbricare
ancora arnie per dare nuova vita.
Silvia
Papa