Fotografia di Laura Torre |
Per molto tempo ha riposato su uno scaffale della mia libreria un volume tozzo, con la copertina nera, edito da Mondadori. Un libro che ha seguito il lento peregrinare mio e di mia moglie durante tutto il secondo decennio di questo XXI secolo: dalla Toscana alla Liguria; dalla Liguria alla Lombardia e dalla Lombardia alla Spagna. Mi ha sempre rassicurato la sua presenza, anche se non l’ho letto se non dopo 8 lunghi anni da quando era entrato in casa. Tuttavia, l’impressione è sempre stata quella di conoscere l’eroe quotidiano di cui il romanziere inglese canta le gesta: quel Samuel Pickwick che verso gli anni ‘30 del XIX secolo dà vita a un circolo che porta il suo nome e di cui il libro raccoglie i resoconti degli ultimi due anni di esistenza.
The Postomous Papers of the Pickwick Club (abbreviato The Pickwick Papers e poi tradotto in Il circolo Pickwick nell’edizione italiana) è il romanzo con cui un poco più che ventenne Charles Dickens si affaccia al mondo della letteratura. Pubblicato a puntate tra il marzo del 1836 e il settembre del 1837 (Netflix non ha inventato nulla, se ci pensiamo bene), nasce come commento alle illustrazioni di Robert Seymour, poi sostituito da Robert William Buss e, infine, da Hablot Knight Browne, che lavora per e con Dickens per ventitré anni. Se inizialmente i testi di Dickens devono accompagnare le immagini, in brevissimo tempo le gerarchie si ribaltano, complice la discontinuità dell’artista incaricato delle illustrazioni e il talento dello scrittore. Il successo è tale da regalare all’autore di Oliver Twist una immediata e meritata fama, e da annoverare fin da subito Il circolo Pickwick tra i capolavori della letteratura inglese non solo dell’Ottocento, ma di tutti i tempi. Forse non sarebbe temerario affermare che l’esordio dickensiano è per la letteratura inglese quello che fu il Don Chisciotte per la letteratura spagnola.
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Sono diverse, infatti, le similitudini tra i due capolavori: Pickwick, come Don Chisciotte, intraprende un viaggio che va a toccare diversi punti del Paese in cui vive. Anche l’inglese, come il manchego, è accompagnato da un equivalente ottocentesco dello scudiero Sancho Panza: il valletto Sam Weller. Per certi versi, le analogie tra i due personaggi sono molte: vivono nell’ombra e allo stesso tempo illuminano le figure dei loro “padroni”; sono entrambi incolti, ma dotati di una profonda saggezza popolare e dimostrano, nel finale, di aver raggiunto la piena maturità.
Durante il loro viaggio, sia Pickwick che don Chisciotte incontrano una galleria sterminata di personaggi minori che, a loro volta, si trasformano in narratori di racconti nel racconto, spesso usati da Dickens e Cervantes come exempla. Infine, in entrambi i romanzi si cerca una critica costruttiva del sistema giuridico vigente, del complesso castello morale ed etico delle rispettive epoche. Basti pensare all’episodio dell’Isola Barataria del Don Chisciotte, o alla lunga permanenza nel carcere per debitori di Fleet Street di Samuel Pickwick. Nel primo caso, Sancho Panza diviene giudice involontario ma molto più giusto di uno di professione; nel secondo, Pickwick, fedele ai suoi alti principi morali, preferisce il carcere a comprare la sua libertà risarcendo chi l’aveva ingiustamente accusato del reato di “rottura di promessa di matrimonio” (in questo caso Dickens non perde l’occasione di ridicolizzare un sistema legale che preveda questo tipo di delitto). Per tutta risposta, Sam Weller riesce a farsi incarcerare per non abbandonare il suo amato e ammirato datore di lavoro.
Tuttavia, il tratto che forse crea le maggiori suggestioni comparative è quello dell’ironia, vero e proprio motore di entrambe le narrazioni. Se già Pirandello aveva citato l’episodio donchisciottesco dei mulini a vento come paradigma del concetto di umorismo, non da meno sono le innumerevoli situazioni comiche che costellano Il circolo Pickwick, dalla prima all’ultima pagina. Tra le molte, val la pena accennare all’episodio delle elezioni di Eatanswill in cui Dickens coglie l’occasione per ridicolizzare tutte le contraddizioni del sistema elettorale e politico del suo tempo. Come dimostrato dalle ricerche del progetto The Victorian Commons, questo episodio è stato ispirato dalle elezioni di Northamptonshire North del 1835, che Dickens seguì come reporter del Morning Chronicle e che furono particolarmente caotiche. A noi lettori del XXI secolo non può che ricordare il celebre “Vota Antonio!” di Totò o i più recenti sketch di Antonio Albanese nei quali interpreta il politico (im)probabile Cetto Laqualunque. Non sono questi paragoni azzardati: la popolarità dello scrittore inglese nella sua epoca era del tutto speculare a quella di un comico dei nostri tempi. Si pensi, inoltre, che il creatore di Pickwick si prestava a leggere pubblicamente gli episodi dei suoi romanzi. In un certo senso, Dickens fa da precursore alla satira politica dei nostri tempi nel solco umoristico e parodico inaugurato da Cervantes.
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Alessio Piras
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