Tre donne
di Lisa Taddeo
Mondadori, febbraio 2020
Traduzione di Ada Arduini e Monica Pareschi
pp. 360
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
€ 9,99 (ebook)
Fingiamo di desiderare cose che non desideriamo affatto, in modo che nessuno si accorga che non riceviamo ciò di cui abbiamo bisogno (p. 19)
Ci sono molti punti a favore di questo libro, Tre donne, il saggio letterario di Lisa Taddeo appena pubblicato in Italia da Mondadori – dopo il successo in Inghilterra e negli Stati Uniti – e non solo perché si legge nella critica un generale consenso. Il progetto è senza dubbio ambizioso e interessante: la riflessione sul desiderio femminile attraverso il racconto di tre esperienze, di tre vite, completamente diverse e distanti fra loro, che sono anche l’occasione per fare i conti con una disuguaglianza ancora esistente tra uomini e donne anche in questo campo e il pregiudizio di cui troppo spesso siamo vittime.
Lisa Taddeo, americana di origini italiane, contributor per riviste come Esquire, Glamour, Elle, è una scrittrice premiata e lodata dalla critica internazionale, senza dubbio dotata, capace di entrare dentro ognuna di queste esperienze e riportarle al lettore con intensità, escludendo il più possibile giudizi e verità assolute. Maneggia la materia da esperta, raccontando pezzi di vita ed esperienze con cui non è facile confrontarsi, senza forzare il lettore a empatizzare con le tre protagoniste della narrazione ma spingendoci a trarre da noi le nostre conclusioni, a riflettere su un tema sicuramente intrigante e urgente, declinato in diverse sfumature e punti di vista, che si apre ad altrettante chiavi di lettura e spunti
Credo però si percepisca nell’aria il mio “eppure”. Eppure, qualcosa a mio parere non funziona del tutto.
Lodo le intenzioni che forse erano alla base del progetto iniziale, lodo la scrittura – resa efficacemente da due esperte traduttrici come Ada Arduini e Monica Pareschi – e sorvolo sui troppi refusi trovati nel testo, lodo la tenacia di Taddeo che per scrivere questo libro ha fatto ricerche per otto anni, vissuto per lunghi periodi con queste donne, ascoltato con attenzione le loro storie e cercato tutti i pezzi che ne compongono il puzzle. Lodo la sua capacità di raccontare le ombre, le sfumature più scomode di queste storie, mettendo il lettore di fronte a punti di vista alternativi, scardinando alcune delle nostre certezze e, come apprezzo sempre, costringendoci a uscire un po’ dalla nostra zona di comfort. Nonostante questo, tuttavia, mi sono chiesta più volte quale fosse alla fine il valore di un libro come questo, cosa aggiunga davvero al dibattito culturale e sociale, sulla questione femminile, sul mondo contemporaneo, perché in fondo è proprio questa l’ambizione di Taddeo, scrivere un libro sul desiderio femminile che ci faccia capire qualcosa in più sulle sue dinamiche, sulla società contemporanea, su noi stesse perfino. Perché, si badi bene, un testo con tali premesse ha obiettivi ambiziosi, non lo si può certo liquidare con due parole: interessante, scritto bene, o altre formule che dicono tutto e niente.
Tre donne non è un romanzo, non è un saggio in senso puro, lo definirei come in apertura una sorta di reportage letterario, dove le storie narrate sono tutte reali, tratteggiate con precisione e qualche momento di intuizione letteraria a colmare i vuoti, a immaginare sentimenti e pensieri non espressi ad alta voce.
Le tre donne sono Maggie, Lina e Sloane, le cui vicende narrate si alternano un capitolo via l’altro, anche questa a mio avviso una scelta narrativa non proprio ottimale. Come si diceva, l’obiettivo di Taddeo è indagare il desiderio femminile attraverso le storie molto diverse di queste tre donne, accomunate però dal pregiudizio, dalla disuguaglianza con cui si scontrano, da una società che non ne comprende fino in fondo istinti, desideri, scelte, che per certi versi arriva a non tollerarli. E anche dall’onestà con cui a un certo punto si guardano dentro, al confine talvolta labile tra l’essere vittime o carnefici.
Tre storie, ma in un certo senso l’aspirazione è più ampia. Amore e desiderio, sono i due pilastri di questa narrazione, esplorati senza timore, fino ad arrivare alle pieghe più oscure, che trovano espressione sulla pagina con un candore che è terapeutico, perché privo di sterile provocazione fine a sé stessa. Sono, tuttavia, storie complicate dall’intervento di più attori, da situazioni legali non ancora risolte, e Taddeo fin da principio è ben consapevole che le testimonianza raccolte sono solo una versione della storia. Non deve essere stato facile addentrarsi in queste vicende, vi sono nei racconti di Maggie, Lina e Sloane zone oscure e abusi di diverso genere che tolgono il fiato, ma che era necessario raccontare, nel tentativo di comprendere qualcosa in più di loro e delle loro scelte, ovviamente, ma più in generale del sistema entro cui le vicende si svolgono, della nostra realtà. Cercando se possibile di non giudicare ma provando a capire, anche quando la storia è lontanissima dal nostro mondo, dal sistema di valori in cui crediamo, quando l’empatia diventa impossibile.
Tutte e tre, più volte nel corso della narrazione, mi sono risultate irritanti in certi momenti, per ragioni diverse ma mi hanno scatenato il desiderio di scuoterle, o rimproverarle, irritata dalla loro dipendenza, dalla loro autocommiserazione, da alcune scelte che non comprendo. Ecco, forse la parola chiave è questa: comprensione. Non comprendo buona parte di quel vissuto, non condivido praticamente nessuna delle scelte che hanno fatto e la tentazione – sbagliatissima – nel corso della lettura è stata spesso quella di giudicare, quando invece ho capito alla fine che forse l’approccio migliore era ascoltare, provare a capire, mettere in dubbio le mie personali certezze e pormi nuove domande sull’universo femminile, sulle innumerevoli forme del desiderio.
Desiderio che si intreccia all’’amore, a ciò che facciamo per non perdere noi stesse e, in questi casi, alla dipendenza, al trauma.
Maggie è una giovane donna con una famiglia generalmente definita problematica: genitori con problemi di alcolismo e depressione, fratelli adulti e lontani da cui non sempre trovare appoggio e comprensione, difficoltà economiche e insicurezze. Si innamora follemente, come tutte le ragazze della sua età. Il problema, la bomba che anni dopo esploderà devastando la sua vita, è che l’oggetto del suo desiderio, corrisposto, è il suo professore di letteratura. Maggie era minorenne ai tempi della presunta relazione e solo anni dopo, quando la storia era finita malamente – troncata da lui, che esce completamente dalla vita della ragazza quando la moglie lo scopre – lasciando un vuoto devastante, capisce fino a che punto era stata manipolata da un adulto di cui avrebbe dovuto fidarsi. “Corruzione di minore” è il nome che Maggie da a quanto successo. Scatta la denuncia, cui segue il processo e la sua vita messa sotto la lente di ingrandimento, ogni singolo dettaglio del suo passato scandagliato alla ricerca di colpe, di macchie, verità e menzogne si intrecciano.
Conosciamo la versione di Maggie, arriveremo alla fine del libro a scoprire quale l’esito del processo, empatizzeremo o meno con lei, ma di certo proviamo indignazione fin da subito per come la realtà spesso venga distorta, per come le debolezze di una ragazzina siano giudicate tanto aspramente e, soprattutto, proveremo rabbia per le conseguenze devastanti sulla sua vita famigliare.
Ero tremendamente ferita e piena di rabbia, e tu hai rubato anni e anni della mia vita. Non è normale quello che hai fatto, e adesso eccomi qui. Guardami. Mi sono messa queste pitture di guerra, ma sotto sono piena di cicatrici, terrorizzata, indurita, stanca, e ti amo. Sono ingrassata quindici chili. Mi hanno cacciata da scuola varie volte. Mio padre si è appena ucciso. (Maggie, p. 26)
Maggie in un certo senso era dipendente da Aron Knodel, l’Insegnante dell’anno, e da quella relazione tossica. Era lui l’adulto, la responsabilità delle scelte doveva essere la sua e invece, stando al racconto della ragazza, non dimostra alcuna responsabilità, abusando del suo ruolo, dei sentimenti di Maggie, delle sue insicurezze. Ne riempie la vita e i pensieri e poi, improvvisamente mette fine a tutto quanto, facendola sprofondare nella completa disperazione. Ai giudici il compito di valutare la storia dal punto di vista legale, noi lettori a cui Lisa Taddeo la consegna possiamo però riflettere sulle molteplici implicazioni di questa testimonianza.
Anche sul discorso della dipendenza affettiva, un tema che ritorna nel racconto di Lina, altra protagonista del reportage. È una donna adulta oggi, poco più che trentenne, sposata e con due bambini. Costretta in una vita coniugale infelice, che la opprime, frustrata dalla mancanza di intimità con il marito e dalla superficialità con cui la trattano le altre donne cui confida la propria insoddisfazione. Fino a quando intreccia una relazione con un vecchio amore di quando andava il liceo e la sua vita improvvisamente riprende colore. Un rapporto che diviene dipendenza per Lina, che sembra prendere vita – anima e corpo – solo quando è con Aiden, un uomo che è ben consapevole non la ami ma la usi soltanto per appagare il proprio desiderio. Il sentimento si intreccia al desiderio e alla dipendenza e la storia di Lina ci porta dentro un racconto di traumi del passato con cui non ha mai davvero fatto i conti, con la solitudine dentro certe relazioni, con l’incapacità di comunicare sul serio, con il pericolo di dipendere emotivamente da qualcuno.
E così ho imparato a recitare, a fingere che non mi sentirò ferita comunque, che la smettiamo oppure no, perché è una delle cose che lo convincono a continuare a vedermi. L’idea che io non abbia bisogno di lui. Anche se sa che è una bugia. E la verità è che non potrei sopportare di non vederlo più. Se lo vedo la domenica mi sento in paradiso, e il lunedì sto ancora abbastanza bene. Ma verso mercoledì ricomincio a stare male. Il giovedì una parte di me è morta. (Lina, p. 178)
Di tutt’altro stampo è Sloane, la terza donna incontrata da Lisa Taddeo e per certi versi la storia più complessa. Sloane è bella, ricca, è la titolare insieme al marito di un’attività di successo. È algida e distante come a volte lo sanno essere persone come lei, che hanno tutto e il controllo su tutto, a partire da loro stesse, dal corpo che plasmano a piacimento, sempre più perfetto, sempre più magro, nella speranza di guardarsi un giorno nello specchio e per una volta non provare disgusto di fronte all’immagine riflessa. Dietro la perfetta illusione di una vita appagata, Sloane nasconde – perfino a sé stessa – traumi indicibili di un passato che la tormenta, provati direttamente sulla sua pelle o come peso condiviso da chi ama. E il desiderio per questa donna assume una forma inconsueta, che scandalizza quelli che un giorno lo vengono a scoprire e di cui lei stessa a volte non comprende fino in fondo le ragioni. Insieme al marito, stimato chef del loro ristorante, apre le porte della camera da letto ad altri uomini e altre donne, talvolta insieme, altre da sola ma sempre collegata a lui, tramite video o racconti.
È questo l’equilibrio su cui si basa il loro matrimonio, è questo ciò che di norma la appaga, anche se fa fatica a riconoscere altrove il suo stesso vivere:
[…] nessuno dei libri che leggeva e nessuno dei programmi televisivi e dei film che guardava rappresentava quello stile di vita. In lei doveva esserci un’anomalia. (Sloane, p. 159)
Un equilibrio che inevitabilmente si rompe, quando tocca le corde della gelosia, del tradimento, e che costringe Sloane forse per la prima volta a prendere consapevolezza di sé e del dolore per un passato che la tormenta. Noi, attraverso di lei, esploriamo altre sfumature del desiderio, ci confrontiamo con il giudizio, istintivamente diamo una risposta, una motivazione, all’istinto di Sloane ma che tutto sommato non siamo nemmeno autorizzati a formulare.
Tre donne, quindi, è sicuramente un testo notevole, ma di cui a un certo punto nel corso della lettura ho iniziato a chiedermi quale scopo avesse, quanto aggiungesse al discorso sul femminile, quale contributo, se un giorno lo avremmo potuto considerare un classico. O se, semplicemente, fosse un testo con grandi ambizioni e premesse ma non pienamente realizzate, perfino se fosse un prodotto ben studiato a tavolino, osannato dalla critica internazionale a partire da un ottimo giudizio iniziale e via a ruota su quella linea, perché a volte sembra più comodo conformarsi al parere già espresso da altri – e ben più autorevoli – che porsi da noi stessi le proprie domande e magari trarre conclusioni differenti.
Ecco, per quanto mi riguarda, non mi interessa né conformarmi a giudizi preesistenti né fare la voce fuori dal coro per il gusto di dare un’opinione contraria rispetto a quella generale, finto snob letteraria che disprezza qualcosa quando diventa mainstream.
Quello che mi interessa, alla fine, non è dare giudizi né veicolare risposte, ma farmi delle domande a partire dal testo – che, ribadisco, ha notevoli punti interessanti e un innegabile valore, seppur con i limiti che vi ho riscontrato – essere esigente e critica nei confronti di quello che leggo, soprattutto creare l’occasione per un confronto con i lettori, che possono essere d’accordo o meno con quanto detto ma sicuramente aggiungerà profondità al dibattito su questo libro. È questo, alla fine, il punto di tutto: il dialogo, il confronto e lo scambio di idee, aperti a opinioni anche divergenti, anche a cambiare il nostro stesso punto di vista. A partire da un testo, letterario o no.