Punkouture.
Cucire una rivolta 1976-1986
di Matteo Torcinovich
Nomos Edizioni, 2019
pp. 256
Cucire una rivolta 1976-1986
di Matteo Torcinovich
Nomos Edizioni, 2019
pp. 256
€ 29,90
A che fase della vostra vita corrisponde il decennio 1976-1986? Se vi fa tornare indietro alla prima giovinezza, ci sono forse buone probabilità che anche voi l’abbiate condotta sotto le insegne del punk. Insegne interiori ed esteriori, s’intende. Perché sebbene le sue premesse fossero quelle della distruzione di ogni possibile simulacro del buon gusto convenzionale, anche questo, come tutti i movimenti culturali, ha avuto la sua buona dose di cura dell’immagine. Anzi, lo avreste mai detto? Ciò che era nato against fashion sarebbe divenuto ben presto e a sua volta regula et doctrina, e per giunta “in corso d’opera”, con crescente seguito adolescenziale e conseguente successo commerciale. Non parliamo solo dell’ispirazione fornita agli stilisti – categoria che per statuto è da sempre alla ricerca di novità e trasgressione da portare in passerella, traducendo in costose collezioni i messaggi captati gratuitamente “per la strada” – ma anche di un fenomeno di omologazione partito dal basso, facilmente replicabile, animato da un desiderio di reciproco riconoscimento su una determinata barricata estetica, musicale, comportamentale. Un po’ un paradosso, a pensarci bene, anzi un vero e proprio fallimento delle singole rivendicazioni di esistenza alla base dello stesso punk; aporie di cui Matteo Torcinovich ha ben pensato di rendere conto in Punkouture. Cucire una rivolta. 1976-1986, da poco pubblicato da Nomos Edizioni.
Il senso del libro, a volerlo sintetizzare in poche battute, è esplicitato sul retro di copertina, laddove si legge:
«antimoda: contro la moda, contro le norme, contro le regole. Punk è un termine strettamente legato al concetto individualista e autarchico di Do It Yourself. Paradossalmente diventa espressione di una comunità sociale conforme nell’aspetto e nel comportamento: una vera e propria moda! In questa inedita raccolta trovi tutto quello che è stato prodotto e codificato per la moda punk: abbigliamento, calzature, accessori, make up, acconciature, negozi e marchi simbolo».
Fedele a questa enunciazione, l’autore ha dunque suddiviso la trattazione in sei categorie – Vestire, Capelli, Make up, Calzature, Accessori, Shopping – e con ordine, senza trascurare nessun aspetto, ha stilato un esauriente identikit dell’estetica punk. Corredati con molte foto d’epoca in bianco e nero e a colori, oltre che con numerose riproduzioni di spot commerciali e pagine tratte da fanzine e riviste del periodo, i singoli capitoli si avvalgono di parole d’ordine che determinano il modus senza possibilità di equivoco: così, per quanto riguarda l’abbigliamento, i verbi saranno colorare, strappare, ricomporre; per l’hair style si tratterà di tagliare, tingere, spettinare, e per il trucco di disegnare, sbiancare, macchiare; le scarpe, invece, saranno rigorosamente sneakers, anfibi oppure tacchi a spillo, così come immancabile sarà un assortimento personale di cerniere, spille e lamette da barba per completare il look a piacimento. Che dire, poi, dell'ampio spazio dedicato ai negozi ad hoc, ciascuno con il proprio mito di fondazione, i propri gestori, commessi e avventori, il proprio esigente sotto-target di riferimento?
Punkouture è un libro dolceamaro. Lo è per chi ha vissuto la decade 1976-1986 condividendo lo spirito autentico di quella scioccante ribellione e ha assistito alla sua metamorfosi in trend e in brand, ma lo è anche per chi, a molti decenni di distanza e al sicuro dagli effetti sentimentali di personali rimembranze, desidera documentarsi su un movimento che intendeva essere radicale ma non è riuscito a rendersi impermeabile agli umori del “sistema”. Ammesso e non concesso che questo sia il destino di tutte le rivoluzioni, quella di Matteo Torcinovich non è certamente una pubblicazione di mestizia o di denuncia, al contrario. Forte soprattutto del ricco apparato fotografico e della precisione dei riferimenti, il volume resta un utilissimo vademecum per orientarsi in quelle che furono le evidenze e le apparenze di una filosofia di vita che passava anche e imprescindibilmente dall’esteriorità. Studiosi e studenti di moda e costume ne trarranno sicuro vantaggio documentaristico, senza contare la certezza degli spunti di riflessione e delle fonti di ispirazione, che peraltro non sorprenderanno in tempi di continui revival e smanie citazionistiche. Il punk, insomma, non è morto, e questa ultima uscita di Nomos Edizioni è tutto fuorché una marcia funebre in sua onorata memoria.
Cecilia Mariani