di Alessandro Vanoli
Il Mulino, 2020
pp. 266
€ 16 (cartaceo)
€ 8,39 (ebook)
Dopo aver letto lo scorso anno il volume dedicato all'inverno (qui trovate la recensione), sono stata ben contenta di ricevere in anteprima la sua ideale prosecuzione, il più luminoso e colorato Primavera. Anche in questo caso, Alessandro Vanoli sceglie di trattare di questa stagione attraversando epoche e discipline, luoghi e tradizioni: l'unico forte fattore di aggregazione è, appunto, la primavera, osservata senza dare mai nulla per scontato.
Inevitabile partire dai miti (lo sapevate che per lungo tempo ci sono state solo tre stagioni e non quattro?), per poi osservare come forti cenni alla primavera siano stati inseriti già in similitudini omeriche. Da sempre raccordata alla rinascita del desiderio erotico-sessuale, nonché alla natura che rinverdisce e sboccia, la primavera si è però anche macchiata di sangue, tante e tante volte: non solo per le celeberrime Idi di marzo, ma anche per le tante guerre che, nel mondo antico, ricominciavano proprio con il ritorno del bel tempo.
Dunque, non solo Flora o Euridice dettano il calendario: la primavera porta con sé anche sacrifici, a cui si aggiungono le fatiche quotidiane del ritrovato lavoro dei campi, della rotazione triennale, che ritma le settimane per la maggior parte del mondo medievale. E nel corso dei secoli - non mi era mai venuto in mente! - i giardini cambiano aspetto: Vanoli ci mostra come dall'hortus medievale, inteso come luogo dove coltivare il più possibile per la sussistenza delle famiglie, si passi all'idea ordinatissima di giardino all'inglese, per poi passare al più "scompigliato" e fintamente naturale giardino romantico ottocentesco. E dunque, il giardino è un ottimo specchio della storia e della società che lo cura.
O ancora, la religione osserva diversamente questa stagione: nel Medioevo ripartono i pellegrinaggi e nasce il culto mariano, legato alla maternità, mentre nel Rinascimento la primavera si laicizza, sono i mercanti soprattutto a riprendere i loro lunghi viaggi e a procurare nuovi tessuti dai colori finalmente vivaci, in uno sfarzo di vesti dalle aderenze "peccaminose". D'altra parte, come ci racconta Vanoli, per lungo tempo il colore dell'erba - che spicca notevolmente in copertina e che forse è il primo che ci viene in mente all'idea della primavera - era ritenuto difficile da ottenere, richiedeva l'impiego di colori pericolosi e per un po' è stato addirittura creduto proprio... delle streghe!
Insomma, le curiosità si avvicendano senza sosta in questo libro che, diviso per paragrafi, ci permette di spaziare senza sosta, passando dalla nuova oggettività data dalla invenzione del microscopio all'immaginazione di tanti che associavano l'Eden al Nuovo Mondo.
Le diverse primavere permettono di attraversare la storia di sbieco, analizzando ora fenomeni letterari, ora artistici o botanici, offrendoci "pillole" di scienze e di folclore, riconfermando come il trait d'union resti sempre lo stesso: essere curiosi.
GMGhioni
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