Applaudire con i piedi 2.
Il difficile e meraviglioso mestiere della musica
di Anna Rollando
Graphofeel Edizioni, 2019
pp. 368
€ 21,00
Con quel suo titolo così bizzarro, che citava l’abitudine dei maestri d’orchestra a battere o strusciare le suole delle scarpe sul pavimento per congratularsi con un solista o in risposta a un pubblico particolarmente soddisfatto dallo svolgimento di un concerto o di un’opera, Applaudire con i piedi, edito lo scorso anno da Graphofeel, era un libro a tutti gli effetti “all’incontrario” e “controcorrente”: sia perché partiva dall’explicit per dare inizio a un discorso potenzialmente lunghissimo – quello sulla musica cosiddetta colta – sia perché sfidava l’antico pregiudizio in stile chebarbachenoiachenoiachebarba da sempre in ballo a proposito del mondo della classica e della lirica. La sua autrice, Anna Rollando, sapeva il fatto suo: da musicista pura e da esperta di didattica musicale aveva dato vita a un libro perfetto per attirare l’attenzione dei lettori (e ascoltatori) più distratti e per conquistare anche quelli più scettici, sfatando uno ad uno i falsi miti frutto di quella che si potrebbe definire né più né meno che un’ignoranza di lungo corso. Tuttavia, non contenta del risultato – o meglio: consapevole di quanto ancora ci fosse da dire su un argomento così esteso – ha pensato bene di dare continuità al suo pensiero: Applaudire con i piedi 2, pubblicato dalla medesima casa editrice, rappresenta difatti la seconda tranche di una trattazione che presa nel suo complesso assumerebbe proporzioni enciclopediche, e che stavolta si pone come principale scopo la risposta a un’annosa questione: «Fare musica è davvero un mestiere? O rimane sempre e solo un piacevole passatempo?».
Il difficile e meraviglioso mestiere della musica
di Anna Rollando
Graphofeel Edizioni, 2019
pp. 368
€ 21,00
Con quel suo titolo così bizzarro, che citava l’abitudine dei maestri d’orchestra a battere o strusciare le suole delle scarpe sul pavimento per congratularsi con un solista o in risposta a un pubblico particolarmente soddisfatto dallo svolgimento di un concerto o di un’opera, Applaudire con i piedi, edito lo scorso anno da Graphofeel, era un libro a tutti gli effetti “all’incontrario” e “controcorrente”: sia perché partiva dall’explicit per dare inizio a un discorso potenzialmente lunghissimo – quello sulla musica cosiddetta colta – sia perché sfidava l’antico pregiudizio in stile chebarbachenoiachenoiachebarba da sempre in ballo a proposito del mondo della classica e della lirica. La sua autrice, Anna Rollando, sapeva il fatto suo: da musicista pura e da esperta di didattica musicale aveva dato vita a un libro perfetto per attirare l’attenzione dei lettori (e ascoltatori) più distratti e per conquistare anche quelli più scettici, sfatando uno ad uno i falsi miti frutto di quella che si potrebbe definire né più né meno che un’ignoranza di lungo corso. Tuttavia, non contenta del risultato – o meglio: consapevole di quanto ancora ci fosse da dire su un argomento così esteso – ha pensato bene di dare continuità al suo pensiero: Applaudire con i piedi 2, pubblicato dalla medesima casa editrice, rappresenta difatti la seconda tranche di una trattazione che presa nel suo complesso assumerebbe proporzioni enciclopediche, e che stavolta si pone come principale scopo la risposta a un’annosa questione: «Fare musica è davvero un mestiere? O rimane sempre e solo un piacevole passatempo?».
Dopo un’ampia introduzione – Preludio (e Applausi) – in cui si ripercorre la sorprendente storia delle manifestazioni di consenso al termine degli spettacoli, il volume segue due focus principali (con i paragrafi sempre disseminati di inviti all’ascolto da parte dell’autrice, che indica autori, brani e finanche esecuzioni da ricercare comodamente on line). Il primo, in cui l’esperienza in prima persona di Anna Rollando in qualità di violista e insegnante va di pari passo con un discorso più generale su che cosa significhi davvero fare della musica il proprio mestiere e dunque la propria fonte di sostentamento, consta di quattro capitoli volti a raccontare gli aspetti concreti di una simile scelta di vita: gli studi, i metodi di apprendimento, gli ovvi sacrifici e gli altrettanto ovvi ostacoli. Il tutto alternando una trattazione oggettiva più generale, utile a fornire un quadro delle dinamiche di settore, a una serie di aneddoti raccontati in prima persona che servono sia a sdrammatizzare una prospettiva altrimenti toppo grave sia a far comprendere come ogni problema possa pur sempre essere preso con filosofia se la vocazione in causa è non meno che autentica (Vissi d’arte? La musica è un lavoro “vero”; Non è mai troppo tardi (ma nemmeno troppo presto); Musicisti non si nasce: si diventa; All’aperto si gioca a bocce: vita vera (e curiosa) del musicista). La seconda parte del volume, invece, ha un’impostazione più tematica, e giustappone approfondimenti mirati – come quelli sul mondo dell’opera (Bravo bravissimo! Mille e una storia della lirica) e sul ruolo che attività come il suonare e il cantare ebbero nei campi di concentramento (Musik macht frei – musica e lager) – a sezioni, per così dire, più riepilogative ma molto ambiziose, che tentano di delineare la complessa evoluzione della musica in base alle epoche e alle culture, e l’incidenza della classica e della lirica sulle produzioni più avanguardistiche e contemporanee (Senza musica la vita sarebbe un errore: minuscola storia della musica, Nuova musica per orecchie nuove, Da Bach al rock (e oltre).
Se questo nuovo libro di Anna Rollando è la perfetta prosecuzione di Applaudire con i piedi è perché, pur ricalcandone il titolo e limitandosi alla sola aggiunta del numero 2, non ne rappresenta un prevedibile bis. Al contrario – volendo continuare con le metafore di settore – è come se l’autrice, oltre ad averne aggiunto di inediti e di autonomi, avesse ripreso alcuni “temi” del volume di debutto e li avesse sviluppati come essi meritavano per essere apprezzati e compresi al meglio e al netto delle rispettive complessità. Per questa ragione il libro piacerà a coloro che hanno già letto con soddisfazione il precedente e ne hanno apprezzato la prosa semplice eppure sempre curata, l’attitudine transitiva ma non didattica, il tono rilassato e mai ammiccante. Insieme, la coppia di volumi si presta a essere offerta come dono di buon auspicio a chiunque desideri intraprendere una carriera musicale ma sia ancora un po’ tentennante sul da farsi, e anche a chi, per quanto sembri incredibile, sostiene di vivere benissimo senza musica: i primi faranno tesoro delle parole di una professionista d’esperienza, mentre i secondi potrebbero non capacitarsi di avere sottovalutato così a lungo il potere delle proprie orecchie.
Cecilia Mariani