Se il destino degli antenati si eredita... come il colore degli occhi o dei capelli

Il segreto di don Ciccio
di Angela Sorace
Bonfirraro, 2019

pp. 392
€ 20 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)




In parte autobiografico, "Il segreto di Don Ciccio" è un romanzo ambientato a Catania, in quella Sicilia che passa dall'unificazione d'Italia alla Prima Guerra mondiale, quasi in un batter d'occhio. La trama racconta la storia della famiglia Marchese, da cui discende l'autrice. Il padre Francesco, Don Ciccio per l'appunto, è personaggio estremamente sgradevole, iroso, violento e manesco, soprattutto e volentieri con le donne di famiglia; la madre Rosa Maria, invece rappresenta l'esempio, fin troppo stereotipato, di donna siciliana ottocentesca a cui tocca subire qualsiasi sopruso a capo chino e senza alzare lo sguardo. Con loro i 13 figli, venuti al mondo uno dopo l'altro in quella modesta casetta che si affaccia sul cortile del palazzo appartenente ai baroni Zappalà, in via Crociferi. Un microcosmo in cui si intrecciano le vicende quotidiane di due mondi così distanti, quello nobiliare tutto carrozze, pranzi di società, abiti sontuosi e buone maniere e quello popolano dei Marchese e delle famiglie dei lavoranti che abitano nel palazzo. Personaggi le cui vite scorrono su binari che non possono avvicinarsi, ma, come nel più classico caso delle convergenze parallele, in alcuni punti si toccano: uno sguardo dalla finestra, un gioco tra bambini, un'infatuazione mai percepita, un incontro casuale per strada contribuiscono a far incrociare quei binari e a determinare scambi che possono diventare incandescenti.
Tanti sono i personaggi che ci vengono incontro come figurine tratte da un bell'album antico: su tutti si staglia la bella e dolce Agata, tra le figlie grandi la più ribelle. E' lei, con il suo sogno di diventare sarta e il suo amore impossibile per un uomo di estrazione sociale troppo diversa dalla sua, ad animare la maggior parte delle pagine del romanzo. Poi Carmelo, così sensibile e diverso, Salvatore, il più grande, responsabile e protettivo, Lorenzino, il piccolo nobile Zappalà, segretamente innamorato, di Agata che si spingerà a un atto vendicativo del quale non gli basterà una vita per pentirsi. E ancora, Ninetta, la cuoca tonda e piena di buon senso, dal grandissimo istinto materno, lei che madre non ha mai potuto essere. E per questo si prodiga per ognuno dei troppi figli di Rosa Maria, aiutandoli a seguire i loro sogni e le loro aspirazioni di nascosto da quel padre padrone, vero mostro della natura.
Ma se lo spunto narrativo, lo sviluppo della trama e la raffigurazione dei personaggi sono tutti elementi positivi, eppure questo rimane il classico esempio di un romanzo al quale avrebbe fatto bene un lavoro editoriale in punta di forbici. E mi riferisco, in particolare, a quell'espediente narrativo che la Sorace ha scelto per dimostrare che il racconto delle vicende familiari viene offerto al lettore di prima mano, attraverso i suoi stessi occhi: la narratrice Angelica, alter ego della Sorace, racconta di un improbabile ingresso in una quarta dimensione, una sorta di sogno vissuto ad occhi aperti che le consente di tornare nel 1910, come in una macchina del tempo, all'interno della famiglia dei bisnonni e di osservarne, comodamente appoggiata a un davanzale o seduta alla finestra, le giornate. In un arco di tempo che dura diversi anni. Sottolineando più volte lo stupore per quanto sta accadendo. Un artificio letterario che richiede una grossa dose di sospensione di incredulità da parte del lettore, ma che purtroppo, rimane troppo macchinoso: il personaggio invisibile della narratrice risulta così di troppo nelle scene, toglie freschezza alla narrazione. Perché allora non utilizzare il classico mezzo dello scrittore onnisciente? Sicuramente perché l'autrice intende legare a doppio filo la propria storia personale a quella di Agata, in base al presupposto che dagli avi, oltre ai tratti somatici, si possa ereditare anche il destino. Ed ecco perché il romanzo si apre con il pellegrinaggio a Compostela, compiuto dalla stessa autrice/narratrice, al termine del quale compare, quasi uscita dal passato, una figura che, al termine del libro, troverà un nome. A mio parere però queste pagine rimangono inessenziali, come staccate dal resto del racconto. Che, forse, senza l'assillo di un legame passato-futuro, avrebbe potuto beneficiare di un equilibrio maggiore: il segreto di don Ciccio, che è così importante da dare addirittura il titolo al romanzo (e come tematica lo è, perché tocca un argomento enorme), in realtà viene liquidato in poche righe finali, che francamente non riescono a commuovere il lettore, non hanno la forza scenica di giustificare le azioni di un personaggio costruito come l'eccesso del male, rovina dei destini dei figli. Non c'è, in sintesi, una reale evoluzione psicologica del personaggio, che porti il lettore, anche dopo la scoperta del segreto, a entrare nell'animo di don Ciccio. Se non l'assunto che violenza genera violenza.
Sebbene non sia quindi un romanzo scevro di difetti (tra questi, se vogliamo, anche il linguaggio a volte eccessivamente forbito messo in bocca a popolani o l'inserimento un po' forzoso di racconti storici o leggendari riguardanti Catania), il libro rimane invece molto piacevole nella sua parte centrale. Nel saperci restituire la vita vera, genuina, della Catania dei primi del Novecento. Resa, come in una tessitura, dalle fatiche della povera gente, dal profumo del mare o del pesce appena pescato, dalla luce dei lampioni che piano piano lasciano il posto all'elettricità, dai profumi delle leccornie che inondano ogni giorno la casa di Ninetta e che vanno ad arricchire la tavola dei nobili... ma un pochino ne avanza sempre per i troppi figli della vicina.
La Sorace, attenta conoscitrice delle vicende della sua città, dipinge così un periodo segnato da un grande cambiamento sociale, il lento, ma già percepibile, declino della nobiltà che rimane legata ai suoi riti e ai suoi costumi. E il parallelo incedere, ancora incerto, di nuove classi che non hanno ancora la forza di alzare la testa o immaginare sconvolgimenti, ma quasi li annusano nell'aria. Mentre il vento della Storia, con gli orrori della Prima Guerra mondiale, viene a scompigliare le pagine delle vite di tutti.
"Il segreto di don Ciccio", tolto il di più, rimane quindi una piacevole lettura, un affresco familiare e storico interessante e godibile.

Sabrina Miglio





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