Dalla Dominica all'Inghilterra. Il "viaggio nel buio" di Jean Rhys

Viaggio nel buio
di Jean Rhys
Adelphi, 2020

Traduzione di Delfina Vezzoli

pp. 177
€ 18,00 (cartaceo)



"Volevo essere nera, ho sempre voluto essere nera (...). Essere neri è caldo e gaio, essere bianchi è freddo e triste" (p. 34).

"Ma lo sapevo che sotto sotto mi detestava perché ero bianca; e che non sarei mai riuscita a spiegarle che odiavo essere bianca" (p. 70).

Due citazioni che racchiudono il senso più profondo di questo libro di Jean Rhys, uscito per la prima volta nel 1934 e che quest'anno Adelphi ha meritoriamente riproposto, con la sua carta inconfondibile, bellissima nel suo color avorio, e profumata. Anna Morgan è una giovane ragazza di 18 anni, con un passato travagliato. Anna è nata in Dominica, da madre nativa delle Indie Occidentali e padre inglese. Persa la prima moglie (la madre di Anna), il padre si risposa con una donna inglese, Hester, che non riuscirà mai a trasformarsi in una seconda mamma per la piccola. Una volta morto anche il padre, Hester decide di vendere la proprietà e di tornare in patria con la ragazzina. La quale dovrà fare i conti, per sempre, con un'anima sradicata. Dai colori della Dominica al grigio di Londra, dai profumi caraibici ai porridge inglesi, dal caldo avvolgente come un abbraccio della sua isola al freddo respingente e pungente dell'Inghilterra.

Fu come se fosse calata una cortina, nascondendo tutto ciò che conoscevo da sempre. Fu quasi come nascere un'altra volta. I colori erano diversi, gli odori erano diversi, la sensazione che mi davano le cose proprio in fondo all'essere era diversa. Non solo la differenza tra caldo, freddo; luce, oscurità; viola, grigio. Ma una differenza nel come ero spaventata e nel come ero felice. (p. 13)
Questa lacerazione dividerà in due la sua anima rendendola, di fatto, incapace ad adattarsi al nuovo mondo o quantomeno ad attraversarlo con la spensieratezza che dovrebbe essere tipica della sua età. Anna cercherà fortuna come ballerina di fila in spettacoli teatrali itineranti, ma, più prosaicamente, vivrà con i soldi che uomini prodighi le infileranno nella borsetta in relazioni altalenanti e clandestine. Anna attraversa questi "amori" quasi inconsapevole, in un certo senso rassegnata alla fine, indifferente. È un personaggio dolente nella sua indolenza, malinconico nella sua giovinezza, apatico nella sua fame di vita. E' un personaggio scomodo, al quale è difficile per il lettore legarsi profondamente. Perché apparentemente vive tutto ciò che le capita senza profondità, senza scatti di orgoglio, quasi veleggiando indifferente sulle avversità, coprendo il tutto con un velo di tristezza che sembra trasformarsi in un sudario. E l'immagine di copertina, quel dipinto di William Nicholson, Donna dal guanto strappato, è, a parer mio, perfetta perché negli occhi della donna ritratta c'è una profonda mestizia, sono occhi che guardano verso un punto imprecisato, lontano nel tempo e nello spazio. Tornando, forse, a un momento di felicità, ormai perduto, lasciato al di là dell'oceano.
È il prezzo da pagare allo sradicamento che Anna ha subito da bambina. Che è lo stesso che ha afflitto la scrittrice per lunghi anni. Anna infatti non è altro che l'alter ego letterario di Jean Rhys. La Rhys nacque infatti in Dominica da madre creola e padre gallese. E anche lei, come Anna, provò a sfondare nel teatro come ballerina di fila senza successo. Visse poi una vita un po' allo sbando, in povertà, viaggiando per tutta Europa, frequentando gli ambienti della Bohéme e dandosi all'alcol. Vivendo sulla propria pelle quel sentimento di spaesamento, di confusione, di mancanza di identità che prova la protagonista di Viaggio nel buio. D'altra parte tutta l'opera letteraria della Rhys ha come perno figure femminili spezzate, rifiutate dalla società, divise, sradicate e dolenti. Questo romanzo è una delle sue prime opere, mentre il riconoscimento del pubblico e la consacrazione a scrittrice arriveranno con Il grande mare dei Sargassi del 1966, una sorta di prequel di Jane Eyre.
Ma torniamo ad Anna e al suo viaggio nel buio. Perché tale sembra essere. Il lettore, costernato, osserva Anna vivere, senza felicità, senza amore vero, senza gioia e sente questo disagio profondo insieme a lei, captandolo dai suoi dialoghi, dalle sue azioni. L'autrice infatti non indulge a notazioni psicologiche, a introspezioni e autoanalisi, ma lascia che tutto il malessere fuoriesca dal personaggio così com'è, nella sua vita quotidiana. Quasi non conoscesse modo diverso di vivere.
Per questo è un libro che non si lascia amare subito, è tutto fuorché "piacione", se così si può dire, non ci sono azioni, avvenimenti, la trama non è importante, ma richiede davvero al lettore uno sforzo di compassione e di compartecipazione nei confronti della protagonista. Anche la scrittura stessa è particolare, finalizzata a rendere, con continue e ritmiche ripetizioni di lemmi e frasi, l'apatia della protagonista, quasi come un pianoforte rotto che suoni la medesima nota o un colpo di martello che rimbombi ripetutamente lo stesso rumore sordo.
Tutto era così esattamente identico - era quella la cosa a cui non riuscivo ad abituarmi. E il freddo; e le case tutte esattamente identiche, e le strade che andavano a nord, a sud, a est, a ovest, tutte esattamente identiche. (p. 170)

Una monotonia paesaggistica, quella inglese, che diventa insopportabile per Anna che, negli occhi e nel cuore, ha i colori e i profumi della sua Market Street, in Dominica, dove "quando c'era la brezza il sole era un milione di lustrini". E la piattezza del paesaggio si riverbera nella vita inglese di Anna che detesta il tedio che il ripetersi sincopato degli eventi riempie le giornate, tutte uguali, tutte esattamente identiche.
Non so come faccia la gente a vivere quando sa esattamente che cosa succederà ogni giorno. Mi sembra meglio essere morti che vivere così". (p. 74)
E quando una delusione d'amore, se d'amore si può parlare, sempre e comunque vissuto in maniera unilaterale dalla piccola Anna, le dà la prima batosta ecco che le giornate assumono un ritmo pesante, chiuso e buio.
Ma nel finale accade qualcosa, un evento che Anna vive, come di consueto, apparentemente in modo  quasi apatico, ma che potrebbe aprire la finestra a una nuova luce di speranza, a un nuovo spiraglio di luce, che Anna osserva, dal letto, quasi come un simbolo di un nuovo inizio. Il libro si chiude così con un timido raggio di sole. Così raro nelle nebbie inglesi. Così raro nella vita di Anna.

Sabrina Miglio

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Anna Morgan ha 18 anni, nel suo breve passato si è già lasciata alle spalle i genitori (morti entrambi) e l’isola meravigliosa in cui è nata, la Dominica. A seguito della seconda moglie del padre è giunta in Inghilterra e la sua vita, al posto dei colori, dei profumi e del caldo avvolgente dei Caraibi, si è riempita di freddo e grigio. Anna, con il sogno di sfondare come ballerina di fila, in realtà si fa mantenere dall’uomo con cui intrattiene una relazione, tra alti e bassi, tra alcol e perdizione. Nel romanzo “Viaggio nel buio”, uscito per la prima volta nel 1934 e ora riproposto da Adelphi, Jean Rhys ci regala un altro ritratto femminile dolente e malinconico, una donna sradicata e senza punti di riferimento che veleggia quasi indifferente sulle vicende della vita. Perfetto alter ego della scrittrice. Sabrina, @book_the_travel, ha appena terminato questo romanzo. Trovate la recensione sul sito di #Criticaletteraria. #recensione #libro #lettura #inlettura #ilovereading #ilovebooks #recensire #libri #bookstagram #booklover #bookphotography #bookblogger #leggiamo
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