Photo credit: © J. Waite |
Un libro ambizioso, a partire dal quale è nato un interessante dibattito su desiderio femminile, pregiudizi, disparità di genere: con Tre donne (qui la recensione), Lisa Taddeo ci spinge a riflettere su tematiche attualissime, mediante tre storie molto diverse fra loro ma accomunate dal pregiudizio, appunto, sulla sessualità femminile. Soprattutto, Taddeo mostra nuovi punti di vista su desiderio, sentimenti, relazioni, chiedendo ai lettori lo sforzo di mettere da parte ogni pregiudizio e tendenza a giudicare, specie quando il soggetto è femminile.
Abbiamo chiacchierato con l'autrice di questo discusso reportage, per parlare delle tematiche intorno alle quali ruota il libro, di scrittura e di empatia.
Il suo reportage sul desiderio femminile lancia molti spunti di riflessione interessanti, soprattutto perché affronta argomenti spesso considerati scomodi e lei riesce a farlo nascondendo il più possibile la voce autoriale, nonostante il forte coinvolgimento emotivo che immaginiamo essere nato nel raccogliere queste testimonianze: come è riuscita a conciliare questi due aspetti, rinunciando a ogni forma di giudizio o presunzione di autorità sulle storie?
Ho cercato di mantenere le distanze in termini di consigli, ci sono state diverse occasioni in cui Lina, per esempio, mi ha chiesto consiglio ma non volevo influenzare l'andamento della sua vita. Eppure abbiamo parlato come amiche. Due donne che parlano amichevolmente della vita ma allo stesso tempo era un’intervista. Non mi sono presa alcuna libertà con quello che mi dicevano, con la verità. Quando non ero direttamente presente alle vicende menzionate, ho cercato di immedesimarmi il più possibile così da poterlo descrivere intimamente , oppure ho visionato video e foto online che mi aiutassero nella narrazione. Ho voluto raccontare la storia di ogni donna attraverso la sua voce. Quello che mi ha aiutato in questo, oltre naturalmente a parlare a lungo con ognuna di loro, è stato scambiarmi messaggi, email e messaggi Facebook per “vedere” le loro voci stampate. Non volevo farne un’imitazione, ma volevo che in ogni capitolo venissero fuori le loro specifiche voci. In questo modo la voce di Maggie, spero, risulta un po’ più giovane, quella di Lina ha il tono dell’America centrale. Ci sono un sacco di termini della zona in cui vive, e lo adoro. Non volevo modificarlo, correggerlo, in qualcosa che non le appartiene. Sloane ha una sorta di cadenza continentale e volevo mantenerla. Ma alla fine volevo anche che il libro avesse uno stile uniforme. Sono tre diverse donne, ma sono anche io che racconto una storia, così volevo che in questo senso fosse uniforme. Il prologo e l’epilogo rappresentano il mio stile. Ho cercato di essere il più fedele possibile a ognuna di queste persone.
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Tanto per iniziare le donne potrebbero smetterla di giudicarsi l’una con l’altra. Quando combattiamo tra noi, quando ci giudichiamo, contribuiamo allo status quo. Ho viaggiato lungo il Paese molte volte. Ho vissuto nelle aree rurali. Ci sono cittadine che ancora non hanno sentito nemmeno parlare del #metoo, o non comprendono veramente il significato di questo movimento. Quando marito e moglie entrano in un negozio, se la donna fa una domanda molte volte il proprietario del negozio la ignora e si rivolge all’uomo.
Ha scelto di raccontare tre storie che potremmo definire controverse, ma a mio parere non per il gusto di scioccare i lettori quanto per il desiderio di mostrare le complessità della questione, le diverse sfaccettature della realtà e delle relazioni. Le zone oscure che lei attraversa destabilizzano il lettore e lo spingono a porsi domande e cambiare la prospettiva sulle cose: è questo che deve fare secondo lei la letteratura, la cultura in generale? Farci uscire dalla zona di comfort e qualche volta dire l'indicibile?
Si, assolutamente. Le persone si innervosiscono di fronte agli specchi che riflettono le loro stesse paure e vergogna.
Perché ha scelto proprio queste tre storie nello specifico? Che cosa possono raccontare in generale Lina, Maggie e Sloane del desiderio femminile?
Le tre donne del mio libro hanno fatto la maggior parte e, in effetti, sono loro in un certo senso ad avermi scelta, ma non voglio dire che rappresentino la donna di oggi. Nessuna persona è rappresentativa del proprio genere, razza, ecc. Ma spero che possano evidenziare come ancora giudichiamo alcune donne, alcune situazioni, in passato ma anche oggi. Finalmente stiamo parlando di quello che non vogliamo, ma le donne del mio libro sono state insultante per la loro onestà nel dire quello che vogliono, quello che desiderano. Quindi spero che il dibattito intorno al mio libro possa indurre le donne a pensare in che modo vediamo le nostre sorelle. Femminismo per me non significa solo maggior potere delle donne, significa anche tolleranza, amore per noi stesse e per le altre e non abbandonare coloro che non vi hanno ancora aderito.
Foto ©J. Waite |
Personalmente ho trovato molto interessante la forma scelta per raccontare questa storia: non un romanzo, non un saggio vero e proprio, ma un reportage che definirei un "saggio letterario". Perché ha scelto proprio questo genere e non, per esempio, il romanzo, che forse sarebbe stato meno rischioso?
Non leggo mai non-fiction di autori che io stessa non ammiri, neanche se l’argomento è qualcosa che mi interessa molto. Desideravo scrivere il libro che io per prima leggerei, un libro così caratteristico, specifico. Con cui le persone potessero provare empatia prima di giudicare. Non è stata una scelta, ma semplicemente il mio modo di scrivere. Non ne ero consapevole, sul serio. La profondità dei monologhi è venuta dal confrontarsi più volte con le stesse domande e dal trascorrere anni con queste persone. È il modo in cui riusciresti a descrivere intimamente un amico. Ma viene anche dal mio essere onesta con me stessa e nel rendermi vulnerabile nei loro confronti come loro lo erano nei miei.
Dalla pubblicazione di Tre donne si è originato un dibattito interessante, a partire dalle tematiche affrontate nel libro. Che cosa ne è derivato in termini di confronto con i suoi lettori?
Credo che le persone si siano riconosciute in alcuni aspetti di queste storie e in parte forse scoraggiate da quello che di sé stesse non volevano riconoscere. Per le persone che non si sono immedesimate per niente va benissimo, ma temo che il giudizio contro le donne sia proprio il tipo di comportamento su cui dobbiamo riflettere e sforzarci di porre fine.
Intervista a cura di Debora Lambruschini
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