di Padre Anonimo
Europa edizioni, 2020
pp. 93
€ 12,90 (cartaceo)
"Ho sempre creduto che mia figlia ci avrebbe sempre raccontato tutto o quasi, soprattutto alla mamma. In questa triste vicenda però proprio tutto non ci aveva in realtà detto, non si è mai infatti soffermata troppo a raccontarci il suo vero disagio. Del resto quale adolescente parla apertamente dei suoi disagi ai propri genitori? Forse sì, qualche segnale lo aveva pur mandato, ma è così difficile capire certe cose quando tutto sembra andare bene". (p. 34)
Ecco, sono queste le parole che contengono la chiave di lettura del libro, "è difficile capire certe cose quando tutto sembra andare bene". Briciola, questo il soprannome dato con tanto amore alla figlia dal padre, è una ragazzina di 12 anni, una bambina in fondo. La scuola, i compagni, la danza. Quando cade, quasi improvvisamente, nel baratro dell'anoressia. Pigiando il bottone dell'ascensore che la porta dritta, e con lei i suoi attoniti e disperati genitori, alle porte dell'inferno. Quasi improvvisamente ... è quel quasi che tormenta il padre. Ci sono stati segnali di pericolo? Richieste implicite e non chiaramente espresse di aiuto? Il papà se lo chiede, quasi colpevolizzandosi per non essere riuscito a interpretare qualche spia che debolmente si era accesa. Ma, appunto "è così difficile capire certe cose quando tutto sembra andare bene". E quando tutto non va più bene, quando d'improvviso la mamma si accorge di un dimagrimento eccessivo, ecco che è troppo tardi, qualcosa si è rotto e tutto crolla. Inizia così un lunghissimo percorso in discesa, fatto di incontri con psicologi, nutrizionisti, neuropsichiatri infantili, visite in ospedale, pasti, più o meno consumati, battaglie, anche litigate (perché non è facile comprendere una cosa così abnorme, la tua bambina che rifiuta il primo legame con la vita, il nutrimento e soprattutto ci vuole una forza psicologica sovrumana per reggere tanto a lungo il confronto e per percorrere insieme alla figlia tutte le tappe di una via crucis che sembra infinita).
Il papà, il Padre Anonimo di questo libro che ha scelto di rimanere tale per proteggere la sua tanto fragile bambina, decide di non nascondere nulla, di mettere tutto nero su bianco, le paure, le ansie, le preoccupazioni, la rabbia, il dolore. L'enorme dolore che investe la famiglia come uno tsunami portando via con sé le abitudini, le piccole cose di tutti i giorni, le gite spensierate, le banalissime uscite a cena per una pizza. Devastando, insomma, quella che è una vita normale.
E allora il padre, di sera, di notte, si mette a scrivere, per esorcizzare il suo dolore e per consentire ad altri genitori di ritrovarsi, di capire e di essere capiti. Realizzando una sorta di manuale di salvataggio per chi sta scendendo, su quel maledetto ascensore, alle porte dell'inferno.
Non è un libro che si può recensire secondo le consuete regole dell'analisi letteraria. Ovviamente si vede che non è scritto da chi ha dimestichezza con la scrittura narrativa, sorvoliamo sulla struttura schematica del libro non perfettamente bilanciata, sulle maiuscole che appaiono e scompaiono, sulla mancanza di esempi concreti di vita quotidiana che, forse, sarebbero serviti a dare concretezza e qualità narrativa. Questa è la testimonianza di un dolore, di un cuore di genitore che soffre, si colpevolizza e cerca di accompagnare, giorno dopo giorno, la figlia, guidandola verso l'altro, cercando di spingere un po' più su quel maledetto ascensore che sembra abbia il pulsante bloccato sulla discesa.
Per questo noi di Critica letteraria abbiamo pensato che il modo migliore per presentarvi questo libro sia proprio quello di far parlare il Padre Anonimo. Ora che Briciola ha 15 anni e che, forse, sta finalmente rivedendo la luce in fondo al tunnel, dopo tanto buio e tanto freddo. Ora che questi tre anni infernali sono compiuti e hanno portato tanto dolore e tanta consapevolezza.
Ecco l'intervista che Sabrina ha realizzato a Padre Anonimo.
Quando ha sentito l'esigenza di scrivere il racconto della sua esperienza?
Ho cominciato a mettere nero su bianco i miei pensieri durante il percorso curativo di mia figlia, quando ci era già un po' chiaro il percorso da seguire; Briciola si atteneva da tempo oramai alle linee guida che le erano state assegnate dai medici, ma tanta strada c'era ancora da fare. E, a dire, il vero, avremmo dovuto ancora assistere ad alcune sue ricadute, una in particolare, che mi hanno fatto interrompere per un po' il mio diario. Poi le cose cominciarono ad andare meglio e così ripresi questo viaggio pieno di sensazioni ed emozioni. Ho detto nero su bianco, ma in realtà scrivevo sul telefonino, nella sezione Note ed era difficilissimo perché quel maledetto correttore automatico continuava a cambiare le parole: Briciola, per esempio, diventava Briscola e tante altre parole venivano trasformata in qualcosa d'altro, talvolta anche facendomi un po' sorridere. Ma io ero lì per distrarmi, andava bene così. Scrivevo la sera tardi, quando mia moglie e mia figlia andavano a letto. E così mi ritrovavo solo, chiuso nel mio dolore, nei miei sensi di colpa, nella mia impotenza e scrivevo, avvilito da una parte per l'assurda monotonia di quel percorso che sembrava non finire mai, d'altra parte spinto meravigliosamente da un barlume di speranza, da un velo di ottimismo e da una punta di fede che si è fatta via via più grande e mi diceva di non mollare.
Nel suo libro mancano elementi di vita vissuta, di quotidianità, di racconto... prevalgono i pensieri e le emozioni. C'è un motivo preciso dietro a questa scelta?
E' vero, nel libro mancano gli aneddoti, ma l'ho iniziato buttando giù una semplice raccolta di pensieri ed emozioni interiori, per mio sfogo personale. Neppure immaginavo che poi sarebbe diventato un libro. Per questo non ho pensato di elaborare una vera storia. Questo è semplicemente un pezzo del mio cuore, una storia scritta davvero sulla nostra pelle. Anche il fatto di non scendere mai nei particolari, di non descrivere mai i dettagli più dolorosi di questa malattia è voluto. Ho scelto di non inserire scene che il mio cervello cercava di cancellare. Fortunatamente il cervello umano è una macchina meravigliosa, così ben costruita che cerca di proteggerci facendoci dimenticare le immagini negative. Probabilmente ho cercato di rimuovere tanti brutti ricordi, forse per non "stuzzicare" troppo quei fantasmi... Mia figlia è un angelo. Sembra eterea, è così buona, gentile, educata, elegante, raffinata... Eppure, nei momenti più bui della sua malattia, ha avuto a volte, uno sdoppiamento di personalità che è stato meglio non descrivere. Di certo, se avessi pensato di pubblicare il mio racconto, lo avrei rivisto, corretto, elaborato, arricchito, migliorato, o peggiorato, forse lo avrei solo reso più simile ad altre storie, meglio scritte. Invece, quando mia figlia ha letto il libro, ci ha trovato proprio quello che cercava, ossia il mio amore e ha voluto che provassi a farlo pubblicare così. In effetti, lei stessa lo ha definito il più grande gesto d'amore che le potessi donare.
Qual è il messaggio che vuole affidare a queste sue pagine?
Vorrei che potessero alleviare quei poveri genitori che hanno avuto la sfortuna (e non la colpa!) di vedere la propria figlia precipitare in questo baratro. Ma vorrei anche poter essere d'aiuto per tutti coloro che vogliano provare a capire una malattia che non si può comprendere appieno se non la si vive dal di dentro. La cosa più terribile è l'isolamento a cui vanno incontro il malato e la sua famiglia, anche da parte di chi credevi più vicino. Non c'è rancore nelle mie parole, solo tanta delusione. Ma io vorrei poter, in qualche modo, contribuire, con questo mio libretto, ad abbattere qualcuna di queste barriere, soprattutto attraverso un messaggio di grande amore e comprensione.
Tra le righe del racconto si sente chiaramente il dolore quotidiano, il senso di un'impotenza e di una paura che sembrano non avere mai fine. Allo stesso tempo, comunque, la speranza fa capolino. anche nelle pagine più drammatiche, come un filo che non si spezza, nonostante tutto. Ed è un sentimento molto umano, connaturato all'essere uomo/donna e genitore.
Sì, a fare da cornice a tutto il racconto c'è un dolore immenso, un misto fra sensazione d'impotenza, rimpianto, senso di colpa, rabbia, qualcosa che porterò sempre con me. Pensieri questi che tormenteranno anche mia moglie e mia figlia e io vorrei tanto che non fosse così, vorrei poter portare io solo questo macigno, ma temo non sarà possibile. Per contro, nel libro si intravvede, come lei stessa sottolinea, un barlume di speranza e di ottimismo che non mi ha mai fatto mollare e che, alla fine, ha contribuito in modo determinante alla nostra salvezza.
Tutta la narrazione è al presente, come se questi tre anni fossero stati un unicum, un lungo periodo da vivere nel presente, giorno dopo giorno, senza potersi permettere di guardare al futuro e senza voler crogiolarsi nel ricordare un passato che non c'è più. E' così?
Una grande riflessione questa, la più sottile. Il libro è scritto al presente forse perché da questa malattia non si esce mai veramente... E quindi non si sa prevedere il futuro o se ne ha una gran paura, ma non si vuol guardare neppure al passato, per non soffrire, o per non vedere come sarebbe andata se non si fosse imboccata quella maledetta strada, quel giorno in cui "hai pensato, bambina mia, di voler essere perfetta"... Ah, maledetta parola la "perfezione"!La paura del futuro è paura del cambiamento, cosa che ci porta a mantenere questa assurda e rigida staticità delle cose. Ecco perché anch'io sono così ancorato al presente.
Che cosa si sente di dire a chi sta vivendo la sua stessa esperienza?
Di non mollare mai, di non perdere la fede, se la si possiede, di avvicinarsi ad essa se non si crede, di amare la propria figlia (o figlio) al di sopra di tutto, di trovare un elemento comune fra genitori e non punti di disaccordo, di non far sentire mai in colpa la propria figlia, né sentirsi in colpa, perché la famiglia è importantissima per superare tutto. Direi loro di dare e prendere solo amore e comprensione, ma di saper convivere anche con quella rigidità che serve per rispettare tutte le regole imposte da medici, dietisti, psicologi e tutte quelle figure indispensabili al periodo di cura.
E adesso, per il futuro? Ha in progetto di continuare a scrivere? Seguendo magari l'evolversi della battaglia di Briciola?
Io non sono uno scrittore, nella vita faccio tutt'altro. Ho sempre sentito di avere una certa sensibilità e dopo tutta questa storia mi sono accorto che ciò che mi piace di più è mettermi a tu per tu col mio cuore e vorrei farlo ancora. Avrei in mente una storia, questa volta non autobiografica, che è una sorta di sliding doors a cavallo del tempo su alcune debolezze umane.