di Andrea Coccia
Eris edizioni, 2020
pp. 64
€ 6,00 (cartaceo)
Difficile avere ancora il timore di dirlo: l’automobile è il cuore pulsante del capitalismo. È il punto di appoggio e insieme il propulsore del sistema economico che ci sta mandando ai pazzi spazzando via il tessuto sociale e politico delle nostre comunità, in città e in provincia. Ognuna delle anime del tardo capitalismo è perfettamente incarnata dall’auto, simbolo vivente del trionfo dei bisogni dell’individuo su quelli della collettività. (p. 33)
Stabilito questo, si può partire col negare che
questo libro sia inutile, o che non sia latore di una qualche forma di verità:
come per l’altro saggio della collana Bookbloc di Eris edizioni da me letto, Postporno di Valentine aka Fluida Wolf
(e qui recensito), è bene tener presente che l’autore prende una posizione netta, difesa con tutte le forze di un’argomentazione valida fintanto che se ne accettano le
premesse, ossia che «l’automobile è come l’eroina. È una dipendenza
totalizzante» (p. 46).
L'automobile è al centro della vexata quaestio del capitalismo: è il primo fra gli oggetti che il sistema capitalistico ci fa credere
essere indispensabili per una vita migliore su questo pianeta, pur essendo vero
l’esatto opposto, ossia che l’automobile è il primo degli oggetti a vincolarci
a un sistema di valori per cui alla fine della fiera ci si ritrova a vivere per
lavorare.
L'autore non getta
sul piatto idee anticapitaliste senza difenderle con gli artigli
e con i denti: la sua indagine, soprattutto nelle prime pagine del libro, è
lucida e fattuale, basata su dati concreti come, ad esempio, l’incremento del
numero delle auto nel mondo dopo la seconda guerra mondiale e il costo stimato annuo del suo mantenimento. Altresì interessante,
soprattutto perché ben motivata, è l’argomentazione del terzo capitolo – «La
grande rapina al treno» – in cui la dicotomia fra treno e macchina, pur
rischiando di estremizzarsi in un semplicismo manicheo sinistra/destra,
collettività/individualità e, soprattutto, bene/male, risulta di grande
ispirazione. La successiva estensione del discorso ai mezzi pubblici e a quelli
green, in un mondo come il nostro in cui topic climatico riveste sempre più
importanza, non può non dar da riflettere anche a chi si schiera a favore di un
uso (più o meno) intensivo delle autovetture.
L’automobile è per Andrea Coccia è
il simbolo di ciò che non funziona, di ciò che ci rende degli infelici schiavi: è vincolante,
crea dipendenza, limita la libertà personale e, soprattutto, ha permesso la
trasformazione degli ambienti urbani rendendoli inadatti a uno stile di
vita più salubre ed economico, in quanto ha consentito la creazione di interi quartieri periferici e suburbani in cui masse di individui vivono rinchiuse come topi, costrette a spostarsi
ogni giorno in macchina – soli, ingabbiati, incattiviti, disperati – per
raggiungere luoghi di lavoro distanti.
Ma qual è la soluzione a tutto ciò? L’autore
propone qualcosa di valido? Ebbene la risposta più adatta consiste in una parolina inventata
e dal suono buffo che si usa spesso nel colloquiale per dire qualcosa senza dirla: “sni”. Andrea Coccia avanza
una proposta, e lo fa con decisione pur sapendo che non si tratta di una possibilità realizzabile a breve termine. Il problema tuttavia non sembrerebbe concernere le
tempistiche quanto piuttosto la fattibilità della sua proposta, e questo proprio
perché – e qui non si può dargli torto – il nostro sistema è strutturato
in modo da rendere necessario un uso massiccio dell’automobile. È una questione
di distanze, di strutture e, soprattutto, di mentalità. E prima che possa
cambiare la nostra mentalità – non solo nei confronti dell’automobile – sembra essere necessaria
una presa di coscienza sullo status quo di questo nostro pianeta. A cominciare,
come si è detto, dall’aspetto climatico ma senza ignorare quello lavorativo.
Contro
l’automobile è, come già affermato per Postporno,
un ottimo punto di partenza per avviare un dialogo e sperare nell’apertura di
un dibattito: una sorta di incipit a un discorso più ampio che il lettore si ritrova a dover affrontare in maniera autonoma ma per il quale ha tutte le basi.
David Valentini