Il canto di Penelope. Il mito del ritorno di Odisseo
di Margaret Atwood
Ponte alle grazie, 2012
Traduzione di Margherita Crepax
pp. 153
€ 13,50 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
E così dovette partire.
Gli altri tre lo blandirono con lusinghe, sostenendo che un oracolo aveva decretato che Troia non sarebbe caduta senza il suo aiuto, cosa che, com'era prevedibile, favorì la sua decisione di lasciare Itaca. Chi di noi può resistere alla tentazione di essere giudicato indispensabile?
Perché nell'Odissea le dodici ancelle più vicine a Penelope vengono uccise per impiccagione? Di quale peccato si sono macchiate? E com'era Penelope, prima di diventare la moglie di Odisseo? A questi e ad altri interrogativi Margaret Atwood risponde con la narrativa, con il suo ben noto Il canto di Penelope. La vicenda celeberrima omerica si intesse ad altre tradizioni, che hanno raccontato altri aspetti meno noti: la scrittrice canadese riprende più fonti e poi lascia che sia la storia a farla da padrona. Una storia, va detto subito, tutta al femminile, perché le voci narranti sono quelle di Penelope, che dall'Ade ripercorre le tappe della sua vita, senza alcuna remora o incertezza; e le voci delle dodici ancelle, che costituiscono un Coro, che si alterna alla narrazione principale, con un chiaro omaggio alla tragedia greca.
Ora che sono morta so tutto, commenta Penelope nella prima riga: la morte, dunque, ha ormai svelato quel che in vita era rimasto coperto, e la moglie più celebre dell'antichità racconta la sua infanzia, a cui fa da eco il ricordo delle ancelle, che intervengono a commento di quanto ha appena narrato Penelope. Il matrimonio e la scelta dello sposo, presenti anche nel poema omerico, sono qui però approfondite scavando nelle emozioni della giovanissima Penelope, appena quindicenne, che resta subito colpita da Odisseo, nonostante i suoi palesi difetti (forte sì, ma dalle gambe piuttosto corte per il suo tronco). Il matrimonio, d'altra parte, era anzitutto una questione di accordi tra famiglie e Odisseo non era un buon partito come altri pretendenti, eppure Penelope ottiene di sposare l'uomo. Unica preoccupazione? Lasciare Sparta, la sua bella reggia, per salpare alla volta della petrosa Itaca, dove non conosce nessuno.
Poco tempo dopo, la notizia della guerra arriva a spezzare la serenità dei neo-sposi: Odisseo è costretto a partire e Penelope crescerà da sola Telemaco. E Margaret Atwood racconta anche quel che accade nel frattempo, ovvero la convivenza forzata con i Proci, le loro proposte sboccate e interessate non tanto a Penelope, ma alla ricchezza e al trono. Si insinuano anche le voci, che accusavano Penelope di giacere con ognuno dei pretendenti, mentre in realtà si consuma la vicenda della tela: la donna convince i pretendenti ad attendere la preparazione di un lenzuolo da usare come sudario per quando morirà il suocero Laerte, e, come si sa, di notte disfa con l'aiuto delle ancelle la tela. E quelle sono ore di complicità femminile, in cui le donne si raccontano e scherzano, le fanciulle raccontano alla regina, spesso sboccatamente, usi e costumi sessuali dei prendenti. Tuttavia, il segreto viene a un certo punto violato e tutto crolla.
E temporeggiare è sempre più difficile, almeno finché non arriva un mendicante, lacero, ma così caro: Odisseo, così camuffato, pensa di non essere riconosciuto, ma la Penelope di Margaret Atwood capisce subito l'identità dell'uomo e decide di stare al gioco. È uno sguardo furbo quello che osserva Odisseo farsi strada tra i pretendenti ed escogitare la vendetta, ma non manca amarezza nelle osservazioni della donna, così come le ancelle rivendicano la propria innocenza.
Tra le riscritture delle vicende omeriche, Il canto di Penelope è una prova intelligente, soprattutto stimolante per la sua visione tutta al femminile e l'intreccio di prosa e poesia. Eppure risulta difficile lasciarsi coinvolgere emotivamente, forse per via dell'asciuttezza con cui vengono raccontati alcuni passaggi, forse per la scelta di alcuni salti temporali o per la riduzione del pathos. Tuttavia, lo stile scevro di lunghe descrizioni e improntato invece all'urgenza narrativa rende l'opera estremamente adatta ai giovani lettori, utile per far riflettere sul ruolo subalterno delle donne dell'epoca micenea, ma anche per mostrare un esempio in ogni caso brillante di riscrittura.
GMGhioni