di Bryan Stevenson
Fazi, 30 gennaio 2020
Traduzione di Michele Zurlo
pp. 446
€ 16,00 (cartaceo)
€ 7,99 (e-book)
Il diritto di opporsi è uscito per la prima volta negli Stati Uniti nel 2014 ed è stato per 188 settimane nella classifica dei miglior saggi tascabili del New York Times, balzando al primo posto quando il film tratto dal libro è uscito nelle sale. Nulla di sorprendente, se non fosse che l’autore, Bryan Stevenson, racconta nel suo testo che Fazi Editore ha pubblicato in contemporanea con l’uscita della pellicola nelle sale italiane la lotta per i diritti dei detenuti nel braccio della morte ingiustamente condannati, tutti di colore. Lo stesso autore non credeva tanto nelle potenzialità del suo testo, tanto da aver dichiarato di non essere convinto che scrivere il libro fosse una perdita di tempo. Nulla di più sbagliato, perché chiunque si addentrerà nelle pagine dalla forte patina forense di questo giovane avvocato che decide di combattere per la libertà, avrà fatto invece un ottimo investimento di tempo.
Stevenson, fondatore e direttore esecutivo della Equal Justice Initiative, ha raccontato al New York Times: “Per i primi vent’anni della mia carriera ho cercato l'anonimato perché credevo fosse il modo più efficace di aiutare le persone che stavo assistendo. Dovevamo essere segreti, andare in prigione e far uscire la gente dal braccio della morte; era come gestire la ferrovia sotterranea (quella raccontata da Colson Whitehead, ndr). Ma circa dieci anni fa, mi sono reso conto che dovevamo uscire dai tribunali e iniziare a parlare a tutti di questa realtà”. E così così gli è venuta l’idea de Il diritto di opporsi.
Cresciuto in una famiglia di origine afro-americana, Bryan Stevenson alla fine degli anni Settanta, frequenta con impegno la Facoltà di Giurisprudenza ad Harvard e poi, giovane avvocato, inizia a votare la sua attività professionale a una causa rifiutata dalla maggioranza dei colleghi: accetta infatti di difendere persone emarginate che sono state falsamente accusate o condannate duramente e rinchiuse nel braccio della morte, con una speranza di sopravvivere quasi nulla. L’avvio della sua lotta ha inizio per caso:
Non avevo mai visto un carcere di massima sicurezza dall’interno. Avevo appena iniziato ad ambientarmi nella mia routine d’ufficio quando Steve mi chiese di andare nel braccio della morte per far visita a un condannato che nessuno degli altri aveva tempo di incontrare. Mi spiegò che l’uomo era lì da più di due anni e loro non disponevano di un avvocato che si occupasse del suo caso: il mio compito era quello di trasmettere a quell’uomo un solo, semplice messaggio: - L’anno prossimo non verrai ucciso.
Il caso che unisce i fili della storia è proprio quello di Walter McMillian, detenuto di colore che nel 1987 viene condannato a morte per l’omicidio di una ragazza bianca, nonostante molte prove lo scagionino e lui sia stato condannato solo da una singola testimonianza di una persona molto vicina al mondo del crimine. Il romanzo è preciso nei contenuti giuridici, ma cattura anche l’attenzione dei lettori per gli innumerevoli risvolti umani che ricordano, anche concretamente, le atmosfere del romanzo capolavoro di Harper Lee, Il buio oltre la siepe: la città è la stessa, Monroeville in Alabama, così come non sono cambiate le dinamiche sociali nonostante siano passati anni dal caso seguito da Atticus Finch. Per questo è innegabile il dolore provato durante la lettura: che si ricordino o meno le vicende del romanzo premio Pulitzer, la concatenazione ovvia che porta alla condanna a morte di un qualunque uomo di colore se la vittima è bianca continua a far sentire impotenti.
Seguendo le traversie infinite e le asperità che sia Stevenson (autore e voce narrante della storia) che Walter dovranno affrontare, i lettori conosceranno un caso giudiziario, ma dietro la singolarità del caso si capirà di più sul tema generico del mondo della detenzione e della pena di morte negli Stati Uniti:
Seguendo le traversie infinite e le asperità che sia Stevenson (autore e voce narrante della storia) che Walter dovranno affrontare, i lettori conosceranno un caso giudiziario, ma dietro la singolarità del caso si capirà di più sul tema generico del mondo della detenzione e della pena di morte negli Stati Uniti:
Questo libro esamina più da vicino le incarcerazioni di massa e le pene estreme in America. Tratta della facilità con cui le persone vengono giudicate in questo paese e dell’ingiustizia che commettiamo quando consentiamo che siano la paura, la rabbia e il distacco a dare forma al modo in cui trattiamo i più vulnerabili tra noi.
Attorno alla vicenda principale ne ruotano tante altre: l’autore si sofferma su storie di minori, alcuni dei quali sono colpevoli di aver commesso crimini gravi, anche l’omicidio, ma afferma in modo convincente che molti di questi bambini sono essi stessi vittime di genitori violenti, di stupri e privi di una guida efficace di un sistema educativo fallace. Il diritto di opporsi riguarda, allora, la realtà statunitense, ma possiede un’universalità etica che deve spingere a riflettere sul grado di umanità della realtà giudiziaria del Paese in cui viviamo.
Federica Privitera
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