Senza titolo.
Le metafore della didascalia
a cura di Maria Chiara Ciaccheri, Anna Chiara Cimoli, Nicole Moolhuijsen
Nomos Edizioni, 2020
pp. 104
€ 14,50 (cartaceo)
Le metafore della didascalia
a cura di Maria Chiara Ciaccheri, Anna Chiara Cimoli, Nicole Moolhuijsen
Nomos Edizioni, 2020
pp. 104
€ 14,50 (cartaceo)
Dura la vita per i musei in tempi di lockdown. Al netto della miriade di iniziative che si stanno svolgendo on line – e che tendono spesso a coincidere con la proposta di tour virtuali nelle varie collezioni oppure nelle sale di quelle mostre appena inaugurate e andate evidentemente deserte – nessuno stratagemma potrà mai sostituire il piacere sensoriale di una fruizione diretta, occasione che porta con sé un carico di esperienza fisica, emotiva e intellettuale sempre e comunque indimenticabile, nel bene come nel male. Si, perché ammesso e non concesso che gironzolare tra dipinti, sculture e installazioni di vario tipo sia, per chi la svolge, un’attività piacevole e consapevole, non è mai detto che l’esito di una visita sia positivo e soddisfacente a priori. Tanto più che quando ciò accade può dipendere non tanto e non in modo esclusivo dalla natura delle opere o dalle scelte curatoriali – condivisibili e opinabili per loro stessa natura – quanto dalle modalità con cui si ha voluto raccontare quelle stesse opere e motivare quelle stesse scelte: c’est à dire – né più né meno – dalle didascalie e dai cartelli di sala. Nomos Edizioni ha appena pubblicato un volumetto interamente dedicato a questo aspetto così specifico e cruciale dell’esperienza museale, offrendone un’analisi critica sfaccettata che ne mette in evidenza lo statuto e lo scopo alla pari dell’utilizzo e dell’efficacia.
Curato da Maria Chiara Ciaccheri, Anna Chiara Cimoli e Nicole Moolhuijsen – tre professioniste che a vario titolo e in varie occasioni si sono occupate dell’argomento nel loro iter accademico e lavorativo – Senza titolo. Le metafore della didascalia è un testo composito che nasce come testimonianza di un percorso di approfondimento critico e laboratoriale iniziato nel 2016 e sviluppatosi in una serie di corsi di formazione per studenti e operatori di settore condotti principalmente presso la Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Non un diario, e nemmeno una cronaca, piuttosto una triplice riflessione su quanto sia stratificata la natura di quella che il senso comune tende a considerare una fonte di verità scientifica incontestabile e immutabile. Lo statuto della didascalia viene difatti discusso sotto ogni punto di vista, tenendo conto delle più recenti riflessioni critiche in ambito museologico e museografico e delle sensibili differenze vigenti tra il contesto italiano e quello estero: dalla selezione dei contenuti alla loro formulazione e articolazione sulla base di una matrice storica, curatoriale o didattica; dalle scelte stilistiche e lessicali più o meno specialistiche a quelle relative alla collocazione fisica e topografica all’interno della sede espositiva; dalla necessità di un approccio per così dire “dialogico” che renda il visitatore un elemento attivo e collaborativo nel processo di comunicazione alla vera e propria verifica del suo livello di comprensione e di un indice di gradimento. A completare il quadro, oltre alle utili appendici bibliografiche poste in coda a ogni intervento, ci sono poi un contributo di Monica Calcagno relativo alle strategie di rinnovamento attuate dalla stessa Fondazione Querini Stampalia, una riflessione di Enrico Giori sul ruolo non accessorio della grafica in relazione alle didascalie e ai cartelli (l’esempio portato è quello della Pinacoteca Nazionale di Siena) e infine una vivace intervista a cura di Maria Elena Colombo che per l’occasione ha chiacchierato con l’architetto, designer e museologo anglo-canadese James Breadburne – attuale direttore generale della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca Nazionale Braidense e già direttore generale (dal 2006 al 2015) della Fondazione Palazzo Strozzi.
In un momento in cui visitare i musei è fisicamente impossibile, Senza titolo si rivela un testo utile per aiutarci a immaginare il tipo di esperienza che ci piacerebbe vivere al loro interno a fine quarantena. Leggendolo, difatti, capiterà certamente di rispecchiarsi in almeno uno dei molteplici approcci alla complessa questione delle didascalie esplicative, rievocando il senso di frustrazione, appagamento, comprensione o disorientamento che di volta in volta ci sarà capitato di sperimentare al cospetto di pannelli e cartelli di sala (in Italia come all’estero). Se è vero che la stesura di questi apparati è studiata a vantaggio dei visitatori, e che proprio per tale motivo c’è bisogno di pianificare verifiche e riscontri circa la percezione da parte degli utenti, il volume dato alle stampe da Nomos è una lettura illuminante anche per chi non appartiene alla categoria degli addetti ai lavori. Certo, questi ultimi rappresentano evidentemente il principale target di riferimento, e la varietà dei punti di vista e delle problematiche affrontate offre loro numerosi spunti di riflessione per pensare e ripensare criticamente una questione tutt’altro che secondaria. Nell’ottica di un museo che – alla pari di quelle custodite in modo permanente o temporaneo – sia davvero un’opera aperta, viva e vivificata dal rapporto instaurato con il suo pubblico, investire su quello che si conferma il principale strumento di mediazione è la migliore strategia per sollecitare un dialogo costruttivo e senza punti fermi; una “laica conversazione” in cui la didascalia svolga il ruolo cruciale di un incoraggiante incipit.
Cecilia Mariani