Tempo di uccidere... l'etica: l'unico romanzo di Flaiano, vincitore del primo Premio Strega

Tempo di uccidere
di Ennio Flaiano
BUR, 2018

Con introduzione di Anna Longoni

pp. 277
€ 11 (cartaceo)
€ 3,99 (ebook)


In questi giorni in cui si parla dell'edizione 2020 del Premio Strega, mi sono presa una pausa e ho trovato nella mia libreria di casa un libro che avevo lì in attesa paziente: Tempo di uccidere, che valse a Flaiano la vittoria del primo Premio Strega, nel 1947. E pensare che lui non voleva neanche scriverlo! Unico romanzo scritto nella sua vita, Tempo di uccidere arriva quasi per caso, per "commissione" di Leo Longanesi, che nell'inverno del 1946 chiese a Flaiano: "Mi scrive un romanzo per i primi di marzo?". Poco tempo, eppure non solo il romanzo arrivò, ebbe anche più redazioni, perché Flaiano lavorò più volte alla stesura e alla revisione della storia, come attestano le bozze rimaste, di cui parla Anna Longoni nella bella introduzione all'edizione Rizzoli BUR del 2018. In più, anche dopo la prima edizione, uscita per Longanesi nel 1947, l'autore rimise mano a Tempo di uccidere nel 1954, 1963, 1966 e, quindi, nel 1968, versione riproposta nell'attuale ristampa. 
Fin dalle prime pagine, il romanzo è destabilizzante: ci troviamo sì in Africa, ai tempi della campagna d'Etiopia (a cui lo stesso Flaiano aveva partecipato come sottotenente), ma il luogo porta con sé tratti di divertita surrealtà, fino a punti di fantastico. Lì si ambienta una vicenda inattesa: un tenente dell'esercito italiano, dopo un incidente, si ritrova in mezzo alla boscaglia e incappa in una radura dove un'indigena sta facendo il bagno.

Per qualche momento, non ricorda più il dolore al dente che lo attanaglia e che lo ha spinto ha lasciare il compagno d'armi alla ricerca di una scorciatoia per arrivare al campo. Anzi, decide di fermarsi e di sedurre la ragazza, che non sembra provare vergogna per la sua nudità. E dopo l'amore, qualche disegno per provare a capirsi, nonostante la distanza linguistica: un coccodrillo, una casa, parti del corpo,... E poi i doni, i doni del conquistatore all'indigena. La sera cade quasi per caso su di loro e l'io-narrante, nonostante i suoi primi propositi, decide di fermarsi lì all'addiaccio. La notte, però, è terribilmente piena di ombre ed è così, con la ragazza che dorme tranquilla, che l'uomo decide di sparare nel vuoto, contro gli occhi che nel buio stanno terrorizzando il protagonista. Un colpo, tuttavia, rimbalza contro una pietra e ferisce gravemente la ragazza, che non capisce cosa sia accaduto. Come spiegarglielo? E soprattutto che fare?
Da questa circostanza scalognata, il protagonista si trova a continui bivi etici, ora ossessionato dal senso di colpa, ora avvinto dalla terribile paura di essere punito, per questa e per molte altre vicende, che lo avvincono in una spirale di errori. Assassino, ladro, quale esito aspetta il tenente? E quegli strani sintomi che ha sono le manifestazioni della lebbra? 
Noi lettori vediamo il protagonista inciampare continuamente in imprevisti, che lo potrebbero  portare ad essere anche accusato di diserzione e a ritardare il suo ritorno al campo. Ma la guerra rappresentata in Tempo di uccidere è ben poca cosa: è la noia dell'esercito, lì in attesa del tanto sperato momento della ripartenza; è la noia delle donne locali, che intrattengono gli ufficiali con sostanziale indifferenza. I tanti errori del protagonista, tratteggiati talvolta con la ben nota ironia di Flaiano, rintoccano con una cadenza quasi angosciante, testimoniando come l'Africa sia stata «lo sgabuzzino delle porcherie, ci si va a sgranchirsi la coscienza», commenta con amarezza l'autore. 
Farla franca, poi, rappresenterebbe davvero salvezza, per un uomo che è ormai vittima dei suoi rovelli?
Incredibilmente originale rispetto alle opere coeve (come ricorda Maria Corti, in quegli anni uscivano molti romanzi e racconti resistenziali, dal Compagno di Pavese al Sentiero dei nidi di ragno di Calvino, o romanzi fortemente realistici), Tempo di uccidere non è invece del tutto lontano dalla scrittura di Flaiano, che invece riprende l'amore per l'aforisma e le formule ripetute, per gli accostamenti spiazzanti e paradossali, nonché per i giochi metaforici. Ecco perché anche oggi, se si accetta la scommessa dell'autore e ci si addentra nella boscaglia africana, si apprezza questo romanzo a tratti assurdo e persino urtante per il nostro senso morale, ma così sapiente nel suscitare ammirazione per l'abilità di Flaiano.

GMGhioni




Visualizza questo post su Instagram

In molti stanno leggendo i romanzi candidati al #PremioStrega di quest'anno, ma come è cominciato tutto? In questi giorni @gloriaghioni si è concessa la scoperta del primo romanzo ad aver vinto il premio, #TempoDiUccidere di #EnnioFlaiano. Pensate che si tratta dell'unico romanzo scritto da Flaiano, su esplicita richiesta di Leo Longanesi. "Tempo di uccidere" ci porta in Africa, che Flaiano ha visto quando ha partecipato alla guerra d'Etiopia, ma qui abbiamo davanti una realtà altra, un luogo che è al tempo stesso perdizione e inferno: l'io-narrante, un tenente smarritosi dopo un incidente, incontra un'indigena e ha con lei una brevissima relazione, spezzata da una circostanza funesta. Il Fato, incombente ma anche irridente, è sempre lì a scompigliare le idee del protagonista, che vive tra sensi di colpa, ossessioni, paure, senso di persecuzione. E la verità è dietro l'angolo, a deridere il protagonista, trasformando la guerra in un enorme bubbone portatore di vizi, noia e ossessioni. Se non avete ancora letto niente di Flaiano, vi consigliamo di partire dalle sue forme brevi (aforismi, raconti,...) e di arrivare dopo al romanzo: è un buon modo per riconoscere gli echi della sua produzione precedente. Presto l'invito alla lettura di @gloriaghioni sul sito! #Rizzoli #BUR #CriticaLettearia
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: