Vengo prima io. Guida al piacere e all'orgasmo femminile
di Roberta Rossi
Fabbri ed., 2019
pp. 352
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
[…] fino al Novecento, infatti, gli uomini dei Paesi occidentali, compresi i medici e i ricercatori, hanno sostenuto che le donne non provassero desiderio sessuale o piacere. (p. 199)
Viene da chiedersi se nel 2020 un manuale sulla sessualità
femminile, in ogni suo elemento (dalle fantasie alla contraccezione,
dalla vita di coppia all’autoerotismo, passando per un approfondito capitolo dedicato
all’anatomia femminile e uno, più dettagliato, che si concentra sul clitoride),
sia davvero necessario.
È questa la domanda con cui mi sono approcciata alla lettura
di Vengo prima io della psicoterapeuta e sessuologa Roberta Rossi, presidente
della Federazione italiana di Sessuologia scientifica e punto di riferimento
sul tema di moltissime testate giornalistiche.
Le donne di oggi sono perlopiù indipendenti
economicamente, madri per scelta e non per imposizione sociale, sessualmente libere
e (apparentemente) serene, con compagni o single, ma comunque capaci di mettere sé stesse
al centro della propria vita e dei propri progetti.
Allora perché un libro che parla di sesso al femminile, con
descrizioni anatomiche accurate e consigli per raggiungere l’orgasmo, per
vivere la ricerca del piacere (anche da sole) con tranquillità e senza sensi di
colpa? Ce n’è (ancora) bisogno?
Pare proprio di sì. Quando il progetto di Vengo prima io è
nato, la dottoressa Roberta Rossi, con l’aiuto della giornalista Giulia Balducci,
ha elaborato un sondaggio che è stato sottoposto in rete a migliaia di donne. Rivolto a un pubblico esclusivamente femminile, comprendeva una
lunga serie di domande sul modo di vivere la sessualità delle donne. Era atteso un migliaio di partecipanti. Hanno risposto in sedicimila.
Le donne si interrogano ancora oggi sul proprio piacere e
ancora oggi, a quanto pare, hanno dubbi e idee confuse che solo in parte
derivano da una sessualità che è, senza ombra di dubbio, più nascosta e complicata
rispetto a quella dell’uomo. Dubbi e confusioni sono molto più spesso figli di quel
velo di vergogna e riprovazione che da sempre è stato steso sul sesso al femminile, sulla legittimità del piacere delle donne, sulle loro esperienze di autoerotismo,
sul loro (attivo, autonomo) desiderio.
È soltanto dal 1998, quindi da poco più di vent’anni, che sappiamo come è fatto veramente il clitoride, e questo ritardo è indicativo della scarsa attenzione che è stata dedicata alla sessualità femminile nel corso della storia della medicina. […] È grazie al lavoro pionieristico di O’Connell se oggi i medici chirurghi che operano nell’area pelvica sono in grado di preservare la sensazione sessuale, un aspetto che prima non veniva affatto preso in considerazione: si tagliava e basta, e la sensibilità era definitivamente compromessa. (p. 111)
Non c’è da stupirsi, quindi, se dagli anni Cinquanta a oggi
(dallo studio Kinsey sul comportamento sessuale femminile, il primo scritto sul
tema), le donne (e gli uomini) continuino ad avere le idee piuttosto confuse su
questo argomento!
Se Kinsey è stato il primo a sollevare il velo sul piacere
femminile, dimostrando che l’autoerotismo non era prerogativa maschile per
esempio, si sono dovuti aspettare gli anni Ottanta e le ricerche di Shere Hite
per avere un vero e proprio rovesciamento di prospettiva e uno studio accurato
dall’unico punto di vista realmente capace, su questa tematica, di dare un
contributo prezioso: quello femminile.
E se dagli anni Ottanta agli albori del Duemila, nessun passo
avanti è stato fatto (come dimostra la citazione precedente), la confusione e l’incertezza
(prima di tutto, tra le donne) sono comprensibili e giustificate.
Ci portiamo addosso millenni di visione a senso unico sul
sesso: l’uomo è da sempre l'unico autorizzato a provare piacere (senza il suo
piacere, di fatto, non ci sarebbe procreazione) mentre la donna sopporta il
sesso e lo vive come strumento di soddisfazione coniugale, se non come mera
necessità riproduttiva.
Anche quando, nel corso del Novecento, si è progressivamente
abbandonata questa convinzione e si è iniziato a parlare del piacere
femminile, lo si è fatto nell’ottica di trovare a esso una “giustificazione”
che lo rendesse “necessario”: come cura dell’isteria, per esempio (i primi
vibratori sono nati così) o come nutrimento dell’ego maschile (si pensi alla
pornografia generalista, ancora oggi incapace di rappresentare le donne come
soggetti attivi nella ricerca del proprio piacere).
Un rovesciamento della prospettiva, allora, oggi nel 2020, è
necessario e urgente.
Vengo prima io diventa un manuale
prezioso di consultazione rapida, in cui ognuna di noi può andare a cercare l’argomento
che più le interessa tra i quindici toccati negli altrettanti capitoli: la sessualità
femminile viene affrontata a trecentosessanta gradi, presentando due grandi
punti di forza: i paragrafi dedicati ai consigli pratici, che costituiscono un
valido aiuto per conoscersi, capire come “funziona” il nostro piacere e anche
per sperimentare pratiche sessuali di coppia; i “botta e risposta” a fine
capitolo che danno spazio alla voce delle sedicimila donne che hanno risposto
al sondaggio, chiarendo quei dubbi che moltissime di noi hanno o hanno avuto
nel corso della loro vita sessuale.
Sarebbe stato senz’altro interessante ampliare ulteriormente
questa parte del libro, dedicata alle esperienze dirette delle migliaia di
donne che hanno contribuito a fornire il bacino di dati che regge il lavoro
della dottoressa Rossi. Dall’analisi dei risultati, infatti, emergono realtà sorprendenti:
il 6% di noi non sa dove si trova il clitoride e il 10% non è sicura di
aver mai avuto un orgasmo. Il 15% non lo ha mai sperimentato insieme a un o una
partner (p. 322). Percentuali che fanno riflettere e che sarebbero certamente
ben diverse al maschile.
Ecco allora che questo manuale, nel combattere una visione “fallocentrica”
del sesso e nel dare voce alle donne, permette di rispondere a quel dubbio che
in moltissime abbiamo: ma succede solo a me?
Niente nel sesso al femminile è scontato e niente è “strano”,
sbagliato o spaventosamente solo “nostro”.
Per comprenderlo, serve soltanto
riappropriarsi di sé stesse, lasciando da parte la paura.
Barbara Merendoni
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