Flatlandia. Racconto fantastico e più dimensioni
di Edwin A. Abbott
Adelphi, 1993
Traduzione di Masolino D'Amico
pp. 166
€ 10,00 (cartaceo)
€ 3,99 (ebook)
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Voi che avete la fortuna di avere tanto l'ombra che la luce, voi che avete due occhi dotati della conoscenza prospettica e allietati dal godimento dei vari colori, voi che potete vederlo per davvero, un angolo, e contemplare l'intera circonferenza di un Circolo nella beata regione delle Tre Dimensioni... come potrò mai rendere chiara a voi l'estrema difficoltà che incontriamo noi, in Flatlandia, per riconoscere le nostre rispettive configurazioni? (p. 48)
In parte trattato antropologico, in parte manuale di storia e in parte galateo, con Flatlandia siamo guidati, tramite la garbata voce di un Quadrato, nell'esplorazione di un mondo completamente diverso dal nostro: in Flatlandia esistono solo due dimensioni, lunghezza e larghezza. Meglio della Linelandia, dove tutto è ridotto a una semplice retta, è però un mondo completamente sprovvisto del senso di profondità: ci si muove sempre verso Nord e mai verso l'alto. È un mondo codificato con estrema precisione, con regole che prevedono destino e professione solo in base alla propria forma, un'avanzata sociale molto rigida e un totale rifiuto di qualunque forma di aberrante irregolarità; e dove qualunque mormorio o tentativo di evangelizzazione su un mondo "altro" è punibile con il carcere.
Per quanto il libello del reverendo Abbott, rettore della City of London School che sotto di lui conobbe un'epoca di grande splendore e progresso didattico, non conti un gran numero di pagine, innumerevoli sono i temi in esso trattati.
C'è l'ovvio aspetto geometrico e matematico che ha il pregio di rendere molto concreti anche argomenti astratti quali i concetti delle dimensioni. Qualità che fece sì che il testo venisse rivalutato negli anni Venti con gli studi di Einstein sulla relatività e la quarta dimensione.
C'è la satira politica, con un'ironia swiftiana, sulla rigida società vittoriana e sulla quasi totale impossibilità di passaggio a una "casta" superiore perché il proprio ruolo nella società è determinato dalla forma che si ha al momento della nascita.
Le nostre donne sono delle Linee Rette.I nostri Soldati e gli Operai delle classi inferiori sono dei Triangoli con due lati uguali, ciascuno della lunghezza di ventotto centimetri circa, e un terzo lato, o base, così corto da formare al vertice un angolo assai acuto e temibile. [...] La nostra Borghesia è composta da Equilateri, ovvero da Triangoli con i lati uguali.I nostri Professionisti e Gentiluomini sono Quadrati (classe a cui io stesso appartengo) e Figure a Cinque Lati, o Pentagoni. (p. 37)
E via a salire, perché a ogni lato in più si diventa Aristocratici fino a giungere alla perfezione (o presunta tale) del Cerchio.
In un mondo così ben organizzato, non mancano i pregiudizi nei confronti degli esseri inferiori (quali le donne o le figure irregolari) e per i mondi altri. Nello specifico la Linelandia dove tutto è Linea e quindi a una sola dimensione e la Pointlandia dove di dimensioni non ve n'è perché il Punto è in sé e per sé un intero universo senza altro al di fuori.
C'è l'aspetto antropologico e storico perché, lungi dall'essere un mero divertissement letterario, Abbott crea un universo tanto fantasioso e straordinario quanto coerente nelle sue regole interne, spingendosi anche nella creazione di un passato storico non alieno da rivolte e movimenti volti a sovvertire l'ordine delle cose come nel caso della rivoluzione di Cromatiste.
Ma oltre a tutto questo, Flatlandia, con le sue sole due dimensioni, vuole mostrarci come la conoscenza possa estendersi all'infinito. La narrazione, tutta in prima persona e dal punto di vista del Quadrato che è voce narrante, cronista, antropologo ed evangelizzatore, ci porta prima all'incontro con il mondo della Flatlandia per poi estendersi ai regni inferiori, la Linelandia e la Pointlandia; regni inferiori che non mancano di una certa poeticità come mostra il rituale matrimoniale tra le linee rette, fatto di musica e armonia. Il Quadrato si spinge poi, accompagnato da una Sfera, nel regno superiore della Spacelandia. E, una volta giunti lì, cosa impedisce di ipotizzare un ulteriore piano dell'esistenza, quello a quattro dimensioni?
Oppure se davvero fosse così, cioè che quell'altro Spazio fosse in realtà la Thoughtandia, allora conducetemi in quella regione benedetta, dove io col Pensiero vedrò l'interno di ogni cosa solida [...] E una volta colò, vorremo arrestare il corso della nostra ascesa? In quella beata regione a Quattro Dimensioni, indugeremo forse sulla soglia della Quinta, e non vi entreremo? (pp. 137-138)
Una conoscenza che il mondo, nessun tipo di mondo, è ancora in grado di concepire e immaginare e che costa al nostro povero narratore la prigionia e la totale mancanza di anche solo un proselite.
Un'opera non solo a molteplici dimensioni, ma anche a molteplici livelli (da non dimenticare anche quelli linguistici e stilistici), che è un viaggio che mostra come la conoscenza, in potenza, non abbia mai un punto di arrivo finale.
Giulia Pretta
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