Parlare con una voce che sia la propria: la Cassandra di Christa Wolf

Cassandra
di Christa Wolf
edizioni e/o, 1990

Prezzo dell’edizione attuale: € 10,00
Traduzione e postfazione di Anita Raja

pp. 192
€ 10 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Audiolibro disponibile 


In attesa sulla soglia della propria morte. Così incontriamo Cassandra, nelle prime pagine del breve romanzo di Christa Wolf. Si tratta, in questo caso, di soglia reale, oltre che metaforica: la donna si trova appena fuori dal palazzo di Micene, dove è stata condotta come trofeo di guerra da Agamennone e ora aspetta che si compia il suo destino per mano di Clitemnestra. La sua è un’attesa vigile, vibrante di sensi. Nonostante la paura, Cassandra vuole restare presente a se stessa, testimone fino alla fine. Nel tempo lungo dell’attesa, la veggente ritorna sui suoi passi, pungola la memoria, da cui riemergono ricordi frammentari, dislocati liberamente nel tempo e nello spazio del suo passato. Quello che ne emerge è il ritratto di un’infanzia trascorsa in una gabbia dorata, convinta di essere libera, e in realtà continuamente manipolata.
Donna in un mondo di uomini, la figlia del re, prediletta dal padre, non chiedeva che di “parlare con la mia voce: il massimo. Di più, altro, non ho voluto” (p. 6). Senza sapere che la profezia sarebbe stata condanna, che chi la circondava non avrebbe creduto nei suoi sogni, nelle apparizioni di Apollo in forma di lupo. Che l’avrebbero considerata portatrice di sventure, che sarebbe stata sola, evitata, guardata con sospetto nel seno della sua stessa famiglia. Attraverso gli occhi della narratrice, discontinua, altalenante nel ricordo, riscopriamo con sguardo nuovo i personaggi della storia: Priamo, genitore affettuoso, troppo zelante e per questo politicamente debole, alla lunga accecato dai cattivi consiglieri; l’inflessibile, intransigente madre Ecuba, vera detentrice delle redini del potere – almeno finché un nuovo ordine, violento e maschile, non finisce per prevalere; i fratelli e le sorelle più o meno amati, da Polissena, mai davvero compresa, a Esaco, che la fa accedere, indirettamente, a una nuova realtà; o ancora Enea, delicato, profondamente amato, simbolo di una diversa modalità di essere uomo, ma anch’egli destinato a diventare un eroe – forse come tutti. E i greci, tanto più razionali dei troiani e quindi destinati a vincere: Agamennone con la sua stolida arroganza, Odisseo dallo sguardo attento, Achille, la bestia, nella sua furia distruttrice.
Opera dalla genesi complessa, Cassandra è abile nel disvelare le dinamiche politiche e gli intrighi di potere che si nascondono dietro al mito, rileggendo la figura della protagonista in una prospettiva di grande modernità. Emergono anche personaggi inediti, come quello dell’ambizioso Eumelo, utili per disvelare le trame che soggiacciono alla guerra, e alla conseguente rovina di Troia. Cassandra, invischiata in macchinazioni che la trascendono e ancora ingenua, inconsapevole, ha “bisogno di molto tempo” (p. 68), tempo per capire, tempo per “veder chiaro”. Per acquisire quella vista reale, penetrante, che ha accesso al vero e che è il tema portante del volume, come ricorda anche la traduttrice Anita Raja nella preziosa Postfazione. In contrasto sono due mondi diversi: quello artificioso, ipocrita del palazzo, che si costruisce da sé il proprio immaginario, e quello dei boschi, legato alle tradizioni e al culto di Cibele, un mondo femminile in cui regnano valori altri, a cui è necessario arrivare – o ritornare.
Il trasferimento dal mondo del palazzo al mondo delle montagne e dei boschi fu anche il passaggio dalla tragedia alla farsa, il nocciolo della quale consiste nel non sentirsi mai un eroe tragico. Sentirsi importante – questo sì, e perché no, poi. Ma appunto non un eroe tragico, come fanno gli strati alti del palazzo. Devono farlo. Come potrebbero altrimenti mettersi in testa di avere diritto al loro egoismo. Come potrebbero altrimenti accrescere ancor più il loro godimento, se non dandogli uno sfondo tragico. (p. 69)
Nella sua ribellione, nel suo essere donna-contro, Cassandra è figura scomoda, da negare, o rimuovere. Da considerare traditrice per non ammettere che è l’unica a denunciare la verità; ecco come viene interpretato, con grande verosimiglianza, da Wolf il motivo mitico della veggente rinnegata, inascoltata: “Non era possibile, pensavo, fondare tutta la guerra e tutta la nostra vita – giacché la nostra vita era ormai la guerra! – su una menzogna dettata dal caso. [...] Finché capii: in Elena, che avevamo inventato, noi difendevamo tutto ciò che non avevamo più. Che però, quanto più si dileguava, tanto più dovevamo dichiarare consistente” (p. 107).
Tra le righe la profetessa denuncia il suo dovere testimoniale: bisogna tenere traccia di tutto ciò di cui la storia non può conservare memoria. Ci sarebbe da scrivere un’altra storia, diversa da quella tramandata dai vincitori, o dagli uomini.
Quando ci vedemmo per l’ultima volta, volle regalarmi il suo anello [...]. Rifiutai con gli occhi. Lo gettò in mare dallo scoglio. L’arco che descrisse scintillando nel sole, mi ha marchiato a fuoco il cuore. Nessuno saprà mai da noi cose tanto importanti. Le tavolette degli scribi, che indurirono tra le fiamme di Troia, tramandano la contabilità del palazzo, grano, anfore, armi, prigionieri. Per il dolore, la felicità, l’amore non ci sono segni. E questo mi sembra di rara infelicità. (p. 98)
Cassandra non è un volume per tutti, certo non per profani dell’epica: la densità dello stile, l’uso espressivo della punteggiatura che viola tutte le regole, il fatto che i personaggi non vengano presentati, ma rievocati tramite frammenti del ricorso, la decentralizzazione rispetto alla trama nota dell’Iliade sono tutti fattori che rendono ardua la lettura. Eppure, da questi stessi fattori deriva la fascinazione del lettore, che poco alla volta inizia a essere avvinto dalla storia, dalle visioni e dalla complessità della protagonista, che descrive il suo durissimo percorso verso la crescita e la consapevolezza, un percorso circolare che inizia e si interrompe alle porte del palazzo di Micene, dove la attende la morte – ma non il silenzio.

Carolina Pernigo







Spinta dal suggerimento di una lettrice nel corso della diretta sulle riscritture, @quinquilia ha ripreso in mano questo noto romanzo breve di #christawolf che, letteralmente da anni, restava in attesa. La complessità dello stile e della stratificazione della storia, aveva infatti inizialmente inibito la nostra redattrice. Provandoci ora, un po’ più motivata e matura, si è lasciata avvincere proprio dagli stessi fattori che l’avevano scoraggiata in passato. In bilico tra il flusso di coscienza e la formularità dell’epica, la prosa di Wolf, meravigliosamente tradotta e commentata nella postfazione da #anitaraja, riesce a trasportarti in un altrove, lontano nel tempo e nello spazio, ma in qualche modo vicino. Di Cassandra, viene raccontata la lotta per far sentire la sua voce in un contesto violento e maschilista, della guerra di Troia vengono svelate le insensatezze, le dinamiche di potere che vi soggiaciono. A breve troverete la recensione sul sito, ma intanto diteci: avete letto anche voi questo volume? Che ne pensate? #instabook #instalibro #bookstagram #bookoftheday #bookish #igreads #igbooks #readingnow #newbook #bookaddict #booklover #cover #bookcover #inlettura #cosebelle #bookbreakfast #breakfasttime #breakfast #coffeetime #edizionieo #criticaletteraria @edizioni_eo
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: