Carlo è uscito da solo
di Enzo Gianmaria Napolillo
Feltrinelli, marzo 2020
pp. 248
€ 15 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Che cosa può aver sconvolto tanto la vita di Carlo per portarlo a chiudersi sempre di più in sé stesso e fare fatica a rivolgere la parola a chi non è di famiglia? Quando facciamo la sua conoscenza, Carlo ha trent'anni e una serie di abitudini codificate, come andare ogni giorno a fare colazione al bar vicino a casa insieme a suo papà Anselmo; non ha un lavoro, né amici. Una mattina come tante, però, dietro il bancone del bar c'è una nuova dipendente, Lena, e da subito il suo sorriso sconquassa l'equilibrio che Carlo aveva tanto difficilmente ricostruito insieme alla sua famiglia. Quasi senza accorgersene, l'incontro con Lena riporta in Carlo il desiderio di recuperare il tempo perduto e tornare a vivere: ma da dove partire?
Lena, d'altro canto, resta una presenza paziente, comprensiva, e aspetta che per Carlo giunga il momento giusto per fidarsi e raccontarle tutto quello che ha vissuto. Anche noi lettori, curiosi, seguiamo i flashback che si alternano al racconto del presente.
Per capire fino in fondo la gravità del trauma vissuto dal protagonista (e, per quanto indirettamente, dalla sua famiglia) bisogna tornare indietro alle scuole medie e poi e alle superiori, quando Carlo, ragazzino di buon carattere, vede che il suo gruppo di amici si trasforma nel suo peggiore incubo. Gli atti di bullismo peggiorano e neanche il fatto di frequentare un diverso istituto alle superiori garantisce tranquillità. Se addirittura ci si mette in mezzo una ragazza, le cose possono solo peggiorare e pare proprio che per Carlo non ci sia una possibilità di salvezza. Le violenze, fisiche e psicologiche, subiscono un aumento intollerabile per chiunque, fino ad esiti che noi lettori, ormai affezionati ai personaggi, non vorremmo mai leggere.
Dunque, è inevitabile che da un lato la famiglia di Carlo gli si stringa addosso, diventando iperprotettiva, e dall'altro che il ragazzo si chiuda in sé, parlando sempre meno e cercando rifugio nella musica, più che nelle parole o nella compagnia di altre persone.
Ecco perché seguire a intermittenza il passato e il presente del protagonista fa davvero bene: anche davanti a una situazione al limite come quella vissuta in adolescenza, un incontro può portare a risollevarsi e, addirittura, a prendere alcune iniziative e assumersi responsabilità, come quella di uscire da solo che troviamo nel titolo. Poi, certo, il percorso di Carlo è fatto di progressi e passi indietro, ora per la paura di essere sopraffatto dal mondo esterno, ora per fatti che minacciano, nuovamente, un suo equilibrio. E non mancano esperienze al limite delle regole sociali, nonché episodi di ingenuità che ci fanno chiedere se Carlo riuscirà mai a reintegrarsi completamente. Eppure c'è tanta speranza, in questo romanzo: ecco perché penso che vada letto da chiunque abbia vissuto esperienze di bullismo, o ne sia stato testimone.
Enzo Gianmaria Napolillo ha saputo calibrare pagine di dolore ad altre in cui torna a splendere il sole e sperimentiamo con il protagonista uno sguardo incantato sul mondo, anche sulle piccole cose a cui non facciamo più caso. E dunque, complice uno stile piano, con dialoghi che spezzano le parti narrate, il romanzo è una lettura consigliata anche per i lettori più giovani, che potranno immedesimarsi in Carlo e sperare, con lui, di risorgere dal tunnel del disagio sociale.
GMGhioni
Lena, d'altro canto, resta una presenza paziente, comprensiva, e aspetta che per Carlo giunga il momento giusto per fidarsi e raccontarle tutto quello che ha vissuto. Anche noi lettori, curiosi, seguiamo i flashback che si alternano al racconto del presente.
Per capire fino in fondo la gravità del trauma vissuto dal protagonista (e, per quanto indirettamente, dalla sua famiglia) bisogna tornare indietro alle scuole medie e poi e alle superiori, quando Carlo, ragazzino di buon carattere, vede che il suo gruppo di amici si trasforma nel suo peggiore incubo. Gli atti di bullismo peggiorano e neanche il fatto di frequentare un diverso istituto alle superiori garantisce tranquillità. Se addirittura ci si mette in mezzo una ragazza, le cose possono solo peggiorare e pare proprio che per Carlo non ci sia una possibilità di salvezza. Le violenze, fisiche e psicologiche, subiscono un aumento intollerabile per chiunque, fino ad esiti che noi lettori, ormai affezionati ai personaggi, non vorremmo mai leggere.
Dunque, è inevitabile che da un lato la famiglia di Carlo gli si stringa addosso, diventando iperprotettiva, e dall'altro che il ragazzo si chiuda in sé, parlando sempre meno e cercando rifugio nella musica, più che nelle parole o nella compagnia di altre persone.
Ecco perché seguire a intermittenza il passato e il presente del protagonista fa davvero bene: anche davanti a una situazione al limite come quella vissuta in adolescenza, un incontro può portare a risollevarsi e, addirittura, a prendere alcune iniziative e assumersi responsabilità, come quella di uscire da solo che troviamo nel titolo. Poi, certo, il percorso di Carlo è fatto di progressi e passi indietro, ora per la paura di essere sopraffatto dal mondo esterno, ora per fatti che minacciano, nuovamente, un suo equilibrio. E non mancano esperienze al limite delle regole sociali, nonché episodi di ingenuità che ci fanno chiedere se Carlo riuscirà mai a reintegrarsi completamente. Eppure c'è tanta speranza, in questo romanzo: ecco perché penso che vada letto da chiunque abbia vissuto esperienze di bullismo, o ne sia stato testimone.
Enzo Gianmaria Napolillo ha saputo calibrare pagine di dolore ad altre in cui torna a splendere il sole e sperimentiamo con il protagonista uno sguardo incantato sul mondo, anche sulle piccole cose a cui non facciamo più caso. E dunque, complice uno stile piano, con dialoghi che spezzano le parti narrate, il romanzo è una lettura consigliata anche per i lettori più giovani, che potranno immedesimarsi in Carlo e sperare, con lui, di risorgere dal tunnel del disagio sociale.
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