"Alcuni libri devono essere equipaggiati del filo di Arianna. I corridoio si scatenano all'improvviso, si incrociano l'uno con l'altro."
Quella che probabilmente è la più efficace descrizione di Fisica della malinconia l'ha data proprio l'autore, il bulgaro Georgi Gospodinov, a pagina 233 del suo libro, scritto durante diversi soggiorni in giro per l'Europa.
Quella che probabilmente è la più efficace descrizione di Fisica della malinconia l'ha data proprio l'autore, il bulgaro Georgi Gospodinov, a pagina 233 del suo libro, scritto durante diversi soggiorni in giro per l'Europa.
Il romanzo ci porta negli spazi immaginari e immaginati di un labirinto che potrebbe somigliare a quello di Cnosso in cui venne rinchiuso il Minotauro, figura chiave di questa storia. Già dalla copertina lo vediamo ritratto in braccio alla madre Pasifae. È ancora un lattante, non è ancora un mostro.
È l'immagine di una Madonna con bambino più antica delle Madonne della storia dell'arte, una scena di amore e dolcezza che riporta a un momento in cui il mito non aveva ancora tramutato il Minotauro in una belva assetata di sangue. Nel suo sguardo si leggono contemporaneamente la speranza di un futuro migliore e il destino, ormai scritto, dell'abbandono che ricorda quello di tutti i bambini abbandonati di ogni epoca e geografia. Ma cosa c'entra il Minotauro con il nostro narratore? È il suo alter ego, una proiezione, una fonte di immedesimazione.
Georgi Gospodinov racconta la storia di un personaggio, che vediamo crescere e da bambino diventare adulto, che soffre di una rara e incurabile malattia: si chiama empatia patologica o sindrome ossessiva empatico-somatica. Questa patologia provoca totali e violente immedesimazioni nelle storie degli altri che lui riesce a vivere sulla propria pelle.
I sentimenti, le sensazioni, le scelte e lo sguardo altrui fanno incursione dentro di lui all’improvviso, come in un attacco epilettico, ed è quasi impossibile liberarsene.
L'empatia patologica è più forte nel bambino, diventando adulti diminuisce progressivamente la capacità di immedesimazione, le incursioni nelle esistenze degli altri si fanno più rare e meno profonde. Il protagonista riesce così a sentire nella sua anima lo strazio e il dolore del Minotauro, che la storia ci ha consegnato come un essere spaventoso ma che in realtà è stato vittima di un'enorme ingiustizia. Per la prima volta penetriamo i suoi pensieri e leggiamo: "Io sono il Minotauro e non sono assetato di sangue, non voglio divorare sette giovani e sette fanciulle ogni volta, non so perché sono rinchiuso, non ho alcuna colpa... E ho una paura bestiale del buio."
Come accade con il Minotauro, il nostro eroe empatico vive molte altre storie e sentimenti: si immedesima nel nonno che conserva un segreto dalla guerra o in una lumaca che viene mangiata; altre volte in Georgi il Resuscitato, che la sera ci vedeva bene mentre di giorno era cieco come una talpa, o in un bambino nato con ali d'angelo. Altre ancora in un tassista innamorato o addirittura nel feto di sua figlia appena concepita, fluttuante dentro la pancia della compagna.
Il trasferimento nell'anima altrui avviene dentro cantine della memoria e "corridoi laterali", sentieri labirintici e mai lineari, perché ci dice il narratore "nessun labirinto e nessuna storia è lineare". Nessuna vita lo è.
Così, nell'eccesso di esistenze e di storie, il personaggio ci prende per mano e ci porta alla condizione di essere nell'altro, essere in funzione dell'altro, essere insieme all'altro.
Come scrive Giuseppe dell'Acqua nella postfazione al romanzo, il tema dominante del libro è l'"ipertrofica espansione dell'io" che porta a una identificazione totale con le persone, gli animali, le cose del mondo. È un panteismo emotivo che abbatte ogni grado di separazione e gerarchia: il narratore sente, vive e diventa tutto.
Così un soggetto singolare si rende plurale, si scompone ed è possibile leggere frasi come "Io fummo" senza che ci sembri una cosa assurda.
Questa mescolanza di vite porta con sé una mescolanza di generi: Fisica della malinconia, per ammissione dello stesso Gospodinov, non è un romanzo "ariano". Nessuna forma pura gli interessa.
È un libro fatto di generi e forme espressive diverse. C'è la narrazione romanzesca, ma c'è anche la testimonianza, lo studio epistemologico, l'accumulazione. E ci sono dentro mondi di conoscenza diversi: la fisica, le cui leggi vengono piegate alle emozioni, la filosofia, la politica (di straordinaria intensità le descrizioni dell'epoca socialista e dei suoi miti ingialliti).
È un libro frammentato anche nel suo sviluppo, diviso com'è in brevi microcapitoli con nomi come "La malinconia rende fragili le ossa", "Quattro secondi negli anni '90", "Papà, cos'è il Minotauro?".
Fisica della malinconia è un libro mitologico nel senso che riconduce a una dimensione originaria dell'esistenza, a quel complesso di immagini e simboli che si sono stratificati nella nostra identità e nella nostra esperienza. Come nelle mille notti di Shahrazād, il raccontare è la materia stessa della storia: si narra per sfuggire alla morte, per vivere un'altra notte ancora.
Ma qui della morte non si ha paura perché dopo che avviene si rinasce ancora e ancora in vite sempre nuove. Gospodinov riesce in questa magia: ci mantiene sempre vivi grazie a un racconto a cui ci abbandoniamo.
I dizionari ci descrivono troppo banalmente la malinconia come stato d'animo associato a una vaga tristezza, alla rassegnazione e alla negatività.
Questo romanzo ci dice che la malinconia è lo stato d'animo dell'immedesimazione e che solo chi è capace di empatia può farne esperienza.
È un'esperienza dolorosa, certamente, perché ci divide e ci frammenta, ma è qui che mi viene alla mente Medardo di Terralba, il visconte dimezzato di Italo Calvino, che a un certo punto dice a Pamela che c'è un bene nell'essere dimezzati, ed è il comprendere la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza.
Questo sembra dirci anche Gospodinov: che frammentarci, vestire i panni altrui, ci renderà esseri divelti ma ci permetterà di arrivare a qualcosa che da interi non possiamo sperare di raggiungere: la comprensione delle mutilazioni e delle mancanze del mondo.
Edizione di riferimento: Georgi Gospodinov, Fisica della malinconia, a cura di Giuseppe dell'Agata, Voland, 2013
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Papà, cos'è il Minotauro?, gli avevo chiesto. Papà fece finta di non avermi sentito. Papà, il Minotauro è dei nostri? Penso che questa domanda lo abbia fatto infuriare ancora di più. Il giorno dopo mi portò una vecchia edizione di tutti i miti della Grecia Antica che aveva trovato da qualche parte. Non mi sono mai separato da quel libro. Sono penetrato allora dentro il Minotauro e non ricordo di esserne mai uscito. Lui era io. Un bambino che trascorreva lunghi giorni e lunghe notti nel pianterreno di un castello, mentre i suoi genitori lavoravano come re o andavano a letto con tori. Non importa se il libro dice che è un mostro. Sono stato in lui e conosco tutta la storia.
Prima mi immedesimavo negli altri, ora mi tocca comprare. Posso presentarmi anche così: sono l'uomo che compra passato. Mercante di storie. Altri commerciano col tè, col coriandolo, azioni, orologi d'oro, terreni... Io cammino e compro grosse partite di passato. Chiamatemi come volete, trovatemi un nome. Chi possiede terreni è un proprietario terriero, io sono un proprietario di tempi, proprietario del tempo altrui, il proprietario di storie e del passato di altri. Sono un compratore onesto, non chiedo mai sconti. Compro solo un passato privato, il passato di persone concrete. Una volta provarono a vendermi il passato di una nazione intera, lo rifiutai. Compro ogni tipo di storie - su abbandoni, donne infedeli, infanzie, viaggi, smarrimenti, malinconie e improvvise liberazioni... Compro anche storie felici ma sono pochi quelli che le mettono in vendita.
... attorno a noi roteano invisibili fronti, cicloni e anticicloni di malinconia. La migrazione, il loro trasferimento da un posto all'altro è un fatto importantissimo. È sbalorditiva la cecità con cui tendiamo a sottovalutare questo fatto. Talora mi assale una malinconia vaga, che non dovrebbe appartenermi. Una malinconia da Africa settentrionale, tanto per dire. Non di qui, ma particolare, sbiadita dal sola, gialla e con polvere del deserto, come quella pioggia gialla che avemmo l'anno scorso e che lasciava macchie scure sulle finestre. Potrei disegnare una carta geografica con la migrazione delle malinconia.
E se al Minotauro fosse venuto in mente di utilizzare l'espediente di Shahrazād? Li vedo, lui e Teseo, camminano insieme per gli infiniti corridoio del Labirinto e il Minotauro non fa che raccontare. Cosa può raccontare uno che per tutta la vita è stato rinchiuso al buio in un sotterraneo? [...] Li vedo che camminano insieme per i corridoio di città e di sotterranei, intrecciando labirinti paralleli con i fili delle proprie storie nelle quali loro stessi sono impigliati. E nulla potrà mai separarli, il narratore e il suo assassino.
A cura di Claudia Consoli