«Non c'era sopravvivenza in terra. I versi, tutt'al più, forniscono una labile consolazione»: l'anziano Petrarca si racconta ne "Il copista" di Marco Santagata

Il copista. Un venerdì di Francesco Petrarca
di Marco Santagata
Guanda, 2020

pp. 144
€ 16 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Se avete paura di sconfessare i vostri miti letterari, tenetevi lontani da questo romanzo. Se invece siete disposti a mettere tutto in gioco, a lasciarvi divertire dalla capacità di uno studioso come Marco Santagata di romanzare gli ultimi giorni di Francesco Petrarca, allora avvicinatevi a Il copista, che è uscito in questi giorni in una nuova edizione per Guanda (che riproduce, con alcune varianti, il testo già uscito anni prima per Sellerio). 
Non c'è spazio per l'illusione, in questo romanzo: il Petrarca qui rappresentato è anziano e disincantato, affetto da più problemi fisici, resi in tutta la loro squallida concretezza.
Rimasto solo, con l'unica compagnia della donna di servizio, Petrarca riflette sul recente abbandono del suo incarico da parte di Malpaghini, il suo prezioso copista, a cui era legato quasi come a un figlio. Comporre poesie costa fatica, mentre occuparsi di lettere che saranno presto pubbliche e lette dagli intellettuali dell'epoca è piuttosto facile: l'ispirazione è sostituita da una certa facilità di penna («Era la sua specialità apparire coinvolto mentre era più lontano e disinteressato»), frutto dell'esperienza e della capacità scrivere per un suo pubblico ormai consolidato,  o da un labor limae continuo, indefesso («Riscriveva e riscriveva... Ma quel ruminio era un sostituto della creatività un vizio che lo lasciava insoddisfatto», p. 19). Perché Petrarca sapeva bene che ormai, qualsiasi suo scritto, anche una lettera rivolta a un semi-sconosciuto, sarebbe stata «esibita, commentata, riprodotta in tante copie e fatta circolare per mezza Europa [...]: ne andava della sua reputazione» (p. 32).
E che cosa è rimasto di quel poeta che ha rivoluzionato la lirica, rendendo degna di osservazione letteraria anche la poesia in volgare? Capita perfino di trovare alcuni ripensamenti su quanto fatto in passato: 
«La passione mi fece scrivere più di quanto avrei voluto: in ciò che rimane, dunque, sarò più breve di quanto mi ripromettevo» (p. 37).
Che dire di Laura? «Si divertiva a farli il vuoto attorno. Lei a mietere, e lui a piangere: ecco il loro patto. A piangere e a scrivere. A mantenere in vita i morti» (p. 62): e infatti anche la sua ispiratrice si è vestita di mistificazione e (ri)creazione razionale, quando invece la vita non è stata con lei altrettanto generosa. Tanti se ne sono andati: al di là di Malpaghini, amici e parenti hanno lasciato Petrarca; anche l'amico Boccaccio, e il protagonista è ormai conscio di essere in punto di morte. Insomma, la vecchiaia si è trasformata in qualcosa di completamente diverso dalle aspettative:
«Era una perdita continua, disordinata, casuale. Il mondo rimpiccioliva fino a coincidere con un vuoto presente. Quasi nessun futuro e pochissimo passato» (p. 74). 
Eppure il passato ritorna, in scampoli di nostalgia, si rivede la bellezza di Valchiusa insieme ai sogni della giovinezza. Intanto, con «amara soddisfazione» (p. 109) Petrarca prosegue e poi rilegge i versi di quella che oggi conosciamo come la canzone 323 dei Rerum vulgarium fragmenta, nota anche come "canzone delle visioni". Ed è proprio il farsi di questa canzone che accompagna tutto il libro, inframmezzandosi alla narrazione e alle riflessioni di Petrarca.
Manco a dirlo, l'ispirazione per il romanzo giunge dagli studi condotti negli anni Novanta da Marco Santagata e vuole porre al centro un Petrarca «che ha perso la fede», come precisa l'autore nella postfazione. Torna, dunque, la tentazione di lasciarsi andare alla riscrittura delle biografie, narrando stralci della vita di grandi autori italiani a partire da una loro composizione, come già accaduto in L'amore in sé o in Come donna innamorata. Tentativo interessante, come sempre, con qualche passo particolarmente realistico che potrebbe apparire urtante ai lettori più affezionati a Petrarca-poeta e meno disposti ad accettare i sintomi della decadenza del suo corpo, ormai molto provato.

GMGhioni







Se avete paura di sconfessare i vostri miti letterari, tenetevi lontani da questo romanzo. Se invece siete disposti a mettere tutto in gioco, a lasciarvi divertire dalla capacità di uno studioso come Marco Santagata di romanzare gli ultimi giorni di Francesco Petrarca, allora avvicinatevi a #IlCopista, che è uscito in questi giorni in una nuova edizione per #Guanda. Non c'è spazio per l'illusione, in questo romanzo: il #Petrarca qui rappresentato è anziano e disincantato, affetto da più problemi fisici, resi in tutta la loro squallida concretezza. Ma dove è finita la poesia? Non lontano da Petrarca, certamente, e nel corso del romanzo scopriamo aspetti psicologici che #MarcoSantagata coglie in tutta la loro profondità. Voi lo avete già letto? Ci sono altri romanzi dedicati alla biografia degli artisti che vi hanno stupito? Presto la recensione di @gloriaghioni sul sito! #CriticaLetteraria #bookstagram #bookish #instalibri #FrancescoPetrarca #book
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