Il sistema del tatto
di Alejandra Costamagna
Edicola Ediciones, 27 maggio 2020
Traduzione di Maria Nicola
pp. 184
€ 15,00 (cartaceo)
Finalista del prestigioso premio Herralde nel 2018 (lo stesso che ha lanciato Roberto Bolaño alla celebrità letteraria nel 1998 con I detective selvaggi) e vincitore nel 2019 del Premio del Círculo del Críticos de Arte in Cile, Il sistema del tatto di Alejandra Costamagna racconta di Ania, un'insegnante disoccupata che, in una fase di stallo della propria vita, mette sul tavolo dell’esistenza il suo presente ma soprattutto il suo passato, in un andirivieni tormentato, solitario e avvilente tra i ricordi dell’infanzia e l’effetto di quest’ultima, percepibile nella donna che Ania è diventata. L’occasione per riflettere si presenta quando, su richiesta di suo padre, Ania deve recarsi a Campana, una città a nord-ovest di Buenos Aires dove ha vissuto la sua infanzia e dove Agustín, l'ultimo rappresentante della sua famiglia, è appena morto. Per questo Il sistema del tatto diventa anche il suo romanzo: sono suoi gli appunti sulla dattilografia che intervallano la narrazione della storia, suoi i racconti di un’Ania bambina a sfuggente, crisalide non ancora sbocciata che l’introverso ragazzo guardava senza fiatare, sue le riflessioni del significato delle parole famiglia, patria, viaggio, amicizia.
Alla ricerca di farmaci per curare la sua insonnia cronica, Ania scopre una città ferma nel tempo, priva di qualunque tecnologia, con i vecchi incartapecoriti che giocano a carte nelle piazze; la città e la casa dove soggiorna nei giorni del funerale sono le stesse che frequentava durante le vacanze estive: il padre, infatti, dopo la scomparsa della madre decide di abbandonare l’Argentina per trasferirsi in Cile. Sì, proprio in Cile, in quel Paese tanto odiato dagli argentini e luogo di continue tensioni territoriali.
Ma sa anche che la rabbia è un fluido molto denso, che la patria non è questione d’età.
Nel Sistema del tatto tutti i personaggi formano un puzzle costruito su incertezze. Nélida, la madre di Agustín, non spiegherà perché i suoi genitori abbiano deciso di mandarla, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, da un paesino del Piemonte all’altra parte del mondo, in Argentina, a sposare un cugino mai visto prima. Agustín, negli anni Settanta, diventa l’emblema dei giovani di quel tempo mentre guarda stranito Ania che trascorre le estati a casa sua: sa solo che viene da un Paese in lotta (e guerra) perenne con il suo, eppure anche lei è argentina, ma tutti la chiamano chilenita solo perché ormai vive dall’altra parte delle Ande. Javier, lo pseudo fidanzato di Ania, è una figura diluita, come se la sua inconsistenza lo trasformasse nell’ennesimo fantasma della vita della donna, questa volta aleggiante nel presente e non in grado di inserirsi nella relazione. Tutti loro, poi, non hanno radici di appartenenza e non riescono a chiamare casa alcun luogo in cui abitano, vivendo un desiderio costante di avere ciò che non sono riusciti ad avere, ottenere quello che hanno solo intravisto, andare dove qualcun altro va: sicuri che la vita vera sia altrove.
Avrebbe dovuto risponderle, pensa Agustín, obbligarla a rimanere là. In qualità di unico figlio io ti obbligo, ti ordino, ti supplico di non tornare in questa terra che non è la tua.
Come ho accennato parlando degli appunti di dattilografia di Agustín, la narrazione è intervallata da documenti, manuali, lettere, foto e file che danno la verità alla storia, conferendole un’autorità cronachistica che alza di un’asticella il peso che il racconto incide sul lettore. La storia di Ania, della sua famiglia senza radici è vera così come lo è qualunque storia familiare e il tentativo di chiunque di dare un nome a quei legami che la biologia ha imposto, ma che la vita spesso ha reciso.
Alejandra Costamagna, nata a Santiago del Cile nel 1970, giornalista e scrittrice di romanzi e racconti, ha un progetto solido e riconoscibile e si presenta innegabilmente come una delle migliori voci narrative del panorama letterario mondiale. La sua scrittura ordinata, matura e senza crepe, che in ognuno dei suoi silenzi mostra la ferocia della barbarie dei sentimenti raccontati, nel Sistema del tatto abbatte qualunque certezza e lo fa con un tono calmo, pieno di lirismo a tratti commovente, che procede con lo stesso ritmo delle dita che incespicano su una vecchia macchina da scrivere arrugginita:
Lei, a essere sincera, trovava favolose le invenzioni linguistiche degli alunni. Pensava che le parole avessero pieghe nascoste e occupassero il confine tra la pelle e il mondo.
In una prosa piena di poesia, l'autrice abbatte lo sradicamento e lo fa in tono calmo, senza enfatizzare. È bastato alla Costamagna raccontare le connessioni di cuore, memoria e patria per suscitare grande scandalo in Cile con il suo romanzo. Probabilmente per il tema di fondo della lotta politica tra Cile e Argentina, ma più certamente, io credo, per la carica erotica alla Lolita ravvisabile nel rapporto di Agustín con Ania bambina; il testo è uno dei migliori romanzi che io abbia letto negli ultimi mesi, forse l’unico che ricorderò di questi anni dopo La straniera di Claudia Durastanti:
Osservare gli scaffali e i muri pieni di fotografie di famiglia. Cercarsi e non trovarsi in nessuna foto. Figliastri, parentastri: le pareti abitate da una genealogia estranea. Una discendenza di occhi color cenere e nasi all’insù, niente a che vedere con lei. Non trovarsi, non esistere.
Federica Privitera
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