di Marco Rovelli
Terrarossa, 2020
pp. 161
€ 15,00 (cartaceo)
Se Dio vuole che moriamo, moriremo; se Dio vuole che viviamo, vivremo. I morti possono essere il veicolo della Sua volontà, questo avete pensato. E la Sua volontà era che vi salvaste: i morti hanno chiamato i morti, sono stati loro a guidarvi. Tu sei vivo, adesso, grazie ai morti. (p. 42)
Se mi ritrovassi a scrivere la
quarta di copertina del libro di Rovelli, probabilmente la scriverei così: “Questa
è una storia di corpi, incontri e seconde possibilità”.
La
parte del fuoco è una storia di corpi perché nel fuoco ci sono
i corpi di Karim ed Elsa. Mi si obietterà che tutte le storie hanno al
centro dei corpi, in quanto questi fungono da sineddoche per i personaggi le cui vicende vengono narrate. In questo caso parlare di corpi è però essenziale: è attraverso di loro che la
storia prosegue, perché senza questa presenza fisica, quasi materica, la narrazione non avrebbe la stessa capacità espressiva. Senza il fascio di luce
gettato sul corpo di Karim, piagato dalla fame prima e spezzato dalla fatica
poi, sarebbe difficile sentire emotivamente il suo viaggio dalla Tunisia alle
coste italiane, e da queste all’entroterra nostrano, che è luogo meno selvaggio,
sì, ma non per questo più sicuro per chi vive vite clandestine. Allo stesso modo, senza il primo piano sui
tagli di Elsa, non sarebbe possibile comprendere il disagio di una ragazza che
si autoflagella per richiedere un minimo di attenzione a quei genitori che
sembrano affrontare l’esistenza della figlia come una sospensione dalla realtà.
Nei loro corpi pieni di materia, pur contusi, emaciati, mutilati, ritroviamo la
pienezza di due vite che altrimenti sarebbe arduo raccontare.
La
parte del fuoco è una storia di incontri perché due corpi che si incontrano
e si ritrovano simili, anche nella loro diversità, sembrano quasi destinati ad
attrarsi. Gli incontri più importanti avvengono spesso in modo casuale: ogni giorno
si trovano per strada decine di persone, eppure fra tutto quel marasma di
gente avviene un singolo sguardo, un singolo gesto che indica la via. Così avviene
fra i due protagonisti, e il loro inizio è qualcosa che chiunque può percepire
proprio. È uno scegliersi involontario. Rovelli è bravo a esaltare quel quid – non saprei dargli un nome: è qualcosa legato al fato, al
destino, è un filo rosso, un legame ancestrale – che attrae due persone anche
quando sono distanti. È un richiamarsi continuo, un bisogno che si fa
necessità. Questo libro parla di incontri come questo.
La
parte del fuoco, infine, è una storia di seconde possibilità. Non solo la
possibilità che Karim ottiene andando via dal proprio paese e rifacendosi una vita; non solo la
possibilità che Elsa ha quando decide di tornare sulle sue tracce: bensì la seconda
possibilità che entrambi si danno quando ogni evento sembra voler gridare il
contrario. È un riscatto, il loro, che non viene da una concessione divina o
sociale, quanto piuttosto dalle viscere che li abitano. È un
riconoscersi degni di qualcosa.
La
parte del fuoco è la storia di due corpi che, incontrandosi, donano l’uno
all’altro una seconda possibilità. La bellezza di questo libro è qui.
David Valentini