Lo specchio delle nostre miserie
di Pierre Lemaitre
Mondadori, maggio 2020
Traduzione di Elena Cappellini
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Una folla solenne, così numerosa da arrivare fino al ponte sulla Senna, sembrava aspettare l’arrivo del Messia. Invece videro il vicario capitolare di Parigi, in cappa d’oro, mitra in testa e pastorale in mano, accogliere il presidente del Consiglio, gli ambasciatori, i ministri e il signor Daladier. Per Fernand era già incredibile vedere tutti quei politici, socialisti, radicali, massoni andare in delegazione a Notre-Dame per pregare un Dio a cui non credevano. Ma la cosa più inquietante era la presenza di un folto gruppo di militari in alta uniforme.Di fronte al fior fiore dello Stato maggiore, il maresciallo Pétain, il generale de Castelnau, il generale Gouraud eccetera, si era chiesto se quei pezzi grossi non avessero niente di meglio da fare che andarsi ad ascoltare uno scampolo di messa, nel momento in cui il paese veniva invaso dal nemico storico [...] La messa fu interminabile. Fernand si chiedeva: nel frattempo, quanti chilometri avranno percorso le Panzerdivisionen del generale Guderian? (pp. 241-242)
Arrivata all'ultima pagina di I colori dell'incendio, il secondo romanzo della trilogia di Pierre Lemaitre sulla grande storia francese inaugurata nel 2013 con Ci rivediamo lassù, ricordo di essermi chiesta, meravigliata, dove ci avrebbe ancora portato in futuro l'autore con questa sua "Commedia umana" così ricca e sfaccettata.
Il narratore degli eventi impossibili e dei colpi di scena a poche pagine dall'incipit è tornato adesso con Lo specchio delle nostre miserie, ultimo romanzo di una saga - moderna eppure incredibilmente inscritta nell'illustre tradizione francese - che conferma ancora una volta la sua capacità di sorprendere.
Il narratore degli eventi impossibili e dei colpi di scena a poche pagine dall'incipit è tornato adesso con Lo specchio delle nostre miserie, ultimo romanzo di una saga - moderna eppure incredibilmente inscritta nell'illustre tradizione francese - che conferma ancora una volta la sua capacità di sorprendere.
Dopo aver dato voce alle complesse emozioni dei reduci della Grande Guerra raccontando la fatalità dell'incontro di Albert ed Édouard e il loro rientro in una società piena di ferite, e dopo aver raffigurato l'Europa di fine anni Venti, in bilico tra i problemi economici e sociali del dopoguerra e le minacciose nubi nere del nazifascismo, lo scrittore ci racconta ora l'inizio della seconda Guerra Mondiale.
Siamo nella Francia del 1940, in un tempo sospeso, un'atmosfera di guerra apparente, e a un certo punto apprendiamo che i tedeschi hanno invaso il Paese valicando la (non troppo) inespugnabile linea Maginot.
Lemaitre sa decisamente scrivere di guerra. E non banalmente perché la narrazione appaia ben documentata o avvincente (cinematografica senza mai sacrificare la letterarietà), ma perché sa costruire perfettamente quel sistemico equilibrio di personaggi e di eventi che in una guerra trovano bene il loro intreccio. Vicenda storica collettiva e vicenda del singolo trovano il punto di incontro in tre narrazioni corali di ampio respiro in cui ogni personaggio occupa esattamente il posto che serve a Lemaitre per regalarci il ritratto di una società e di un mondo.
Lo specchio delle nostre miserie condensa così in sé tutto il significato del percorso letterario di Lemaitre, voce di spicco della narrativa contemporanea capace di spaziare dalla storia del Novecento al noir: la profonda riflessione à rebours sul viaggio della Francia e sui mutamenti che l'hanno cambiata e resa quella ciò che è oggi.
Un Paese che in questo libro si guarda allo specchio e scorge impotente tutte le miserie della propria condizione: il compromesso, la bassa politica, l'eroismo vuoto innalzato dalla classe dirigente per coprire l'abisso aperto dai morti. In un corteo di eroi e mascalzoni ci appassioniamo alle sorti della gente comune che, ancora una volta, vengono elevate a correlativo oggettivo delle sorti della nazione.
La forza di questo romanzo, che indubbiamente acquista ancora più valore se inserito nel sistema della trilogia, sta nel ritorno di Lemaitre al racconto della guerra (magistrale in Ci rivediamo lassù, non a caso incoronato del Premio Goncourt), come condizione che permette di cogliere tutte le contraddizioni dell'anima, di dare loro colore, di definirle in un destino più ampio.
Ne I colori dell'incendio, accanto alla figura di Madelaine Péricourt, quella che proiettava sul suolo l'ombra più lunga, avevamo trovato il disegno di un'intera società.
Personaggi che rappresentavano le sorti alterne del potere politico, della stampa e dell'informazione, dell'imprenditoria e del mercato degli appalti pubblici, dell'aeronautica e dell'esercito, della mera arrampicata sociale. Simboli di un'epoca di cambiamento che, come nei drammi che si rispettano, ci era impossibile dividere in buoni e cattivi.
Ma qui, se possibile ancor più che nei due precedenti romanzi, l'autore dà vita a una giostra colorata di personaggi che ci appaiono più trasversali sul piano sociale e umano.
Désiré Migault, un uomo inafferrabile che passa da una vita all'altra come un trasformista della propria sorte; Louise, trent'anni, insegnante di scuola elementare a Parigi, personaggio femminile di straordinaria intensità, allergico alle convenzioni e protagonista di una ricerca insieme di un passato (che prende forma nella figura della madre defunta di cui aveva capito troppo poco) e di un futuro da costruire solo per se stessa; il sergente Gabriel e il caporalmaggiore Raoul, i cui destini si incrociano in una delle opere di fortificazione della linea Maginot; la guardia mobile Fernand il cui sguardo di disperata impotenza racconta la Francia consegnata alle mani nemiche.
Ci affezioniamo alle loro sorti fino ad arrivare al consueto epilogo in cui l'autore ci racconta che cosa sarà di ognuno di loro alla fine del nostro viaggio insieme.
Lemaitre è sempre il narratore onnisciente che, quasi con manzoniana ironia e compassione, ci regala le loro storie, spesso appellandosi direttamente a noi lettori e alla nostra esperienza.
Chi legge questo romanzo, come tutta la sua trilogia, si sente ancora una volta complice di una narrazione in cui l'autore è il Dio indiscusso che orchestra ma noi siamo a nostra volta parte attiva con le nostre emozioni.
E dopo tutto cos'altro ci chiede da sempre la letteratura se non di mettere in ascolto le nostre emozioni?
Claudia Consoli