Figlio del lupo
di Romana Petri
Mondadori, 2020
pp. 375
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
"Che magnifica parola avventura, un bell'urto del sangue, gli circolava dentro con la violenza che accelera il battito, era un prorompere sempre destinato a sfondare gli argini. Prima o poi sarebbe partito. Oltre Oakland c'era l'intero mondo ad aspettarlo ". (p. 21)
E il mondo lo accolse con entusiasmo e adorazione.
Figlio del lupo è il racconto di una vita straordinaria, di un personaggio fuori dal comune, di uno scrittore grandioso. Il figlio del lupo è Jack London, il ragazzo di umili origini che sentiva dentro di sé di poter diventare un giorno lo scrittore più famoso d'America. E ci riuscì. Con i suoi romanzi, tra cui Martin Eden, Il richiamo della foresta, Zanna Bianca, Il lupo dei mari e i suoi numerosissimi racconti che, a partire dall'avventura nel Klondike, dove, giovanissimo, partecipò alla corsa all'oro, costellarono tutta la sua vita.
Romana Petri ha scelto di restituire vita a questo immenso personaggio, da lei tanto amato, grazie al padre Mario, cantante lirico e attore, che le trasmise la passione per le sue pagine. E lo fa con un romanzo biografico da cui esce una figura epica, grande nel suo mito, inarrivabile nella sua leggenda. La prosa della Petri dà un ritmo incalzante alle pagine, che diventano così una cavalcata impetuosa nelle innumerevoli avventure che costituirono la vita stessa dello scrittore.
Avventura... è questa la parola chiave dell'intera esistenza di Jack London, il motore della sua scrittura, il carburante che gli divampava nel petto. Jack London bruciava la vita e la vita bruciava dentro di lui. Da questo fuoco inesausto sgorgavano i suoi scritti. Il primo incontro con l'avventura Jack lo ebbe a 17 anni, quando decise di imbarcarsi sulla "Sophie Sutherland", una nave diretta verso il Giappone a caccia di foche. Da quel momento non si fermò più. Dopo il Giappone vennero le terre fredde e nevose del Klondike, da cui tornò senza una sola pepita d'oro, ma con la polvere di stelle, la materia preziosissima che dette vita ai suoi primi racconti. E che ancora rimane prolifica di reinterpretazioni: tempo fa, a teatro, mi capitò di assistere alla rappresentazione Ballata di uomini e cani, in cui il bravissimo Marco Paolini si calava nei panni di Jack London e portava lo spettatore lassù, ai confini del mondo, seguendo il filo narrativo di tre racconti. Un'emozione.
Più avanti vennero i continui viaggi per mare, con la seconda moglie Charmian, il mezzo giro del mondo compiuto con la Snark, la barca che Jack si fece costruire personalmente, i viaggi alle Hawaii, i mesi lontano da casa. Lo spingeva un anelito impetuoso, inarrestabile, un'inquietudine che non gli consentiva di riposare. L'unico punto fermo della sua vita fu la scrittura: almeno mille parole al giorno, ovunque fosse, pure in mezzo ai marosi. Così divenne lo scrittore più acclamato d'America. Lui che da ragazzo aveva conosciuto la povertà e l'impossibilità di seguire un percorso scolastico. Figlio di una sensitiva di San Francisco e di un astrologo irlandese mai conosciuto, Jack fu cresciuto da John London, il secondo marito della madre, ma la ferita paterna non lo abbandonò mai. Il desiderio di affrancarsi dalla povertà lo spinse a leggere, studiare, impegnarsi, combattere per acquisire la magia delle parole, la tecnica di sceglierle e accostarle. L'immaginazione, quella, non gli mancava di certo e il materiale di cui scrivere nemmeno. Vita e scrittura in lui combaciavano perfettamente.
Tu sarai l'unico Grande Romantico perché sei tanti uomini in uno solo. Forse, per questo qualcuno potrà anche dire che sei pieno di contraddizioni, ma vita e letteratura in te camminano sempre insieme. E dunque sei leale, al lettore non dai mai fregature. (p. 256)
Così gli scriveva l'amico Johns Cloudesley, al quale sempre mandava i suoi manoscritti e alla cui opinione teneva immensamente.
E di contraddizioni Jack London viveva: la sua immensa forza si accompagnava a momenti invincibili di debolezza; la sua spinta morale conviveva con i vizi privati (l'alcol in primis); il desiderio bruciante di diventare padre (di un figlio maschio) trovava un contrappasso nell'incapacità di creare un rapporto con le due figlie avute da Bessie, la prima moglie; l'adesione agli ideali del socialismo faceva da contrappunto alla sua smodata ricchezza (pur sempre condivisa con chiunque ne avesse bisogno); l'improvvisa luce che gli allagava gli occhi si rispecchiava nel buio dell'abisso che gli faceva fare pensieri di morte. Grazie al talento di Romana Petri che ha saputo mettere in luce tutte queste discromie, il libro non cade mai nella stucchevole agiografia. L'autrice disegna alla perfezione la multiforme personalità di London: amatissimo dalle donne, ammirato e invidiato dagli uomini, dotato di una volontà indomabile, di un'altissima considerazione di se stesso e dei suoi mezzi, di una determinazione ferrea, prodigo fino all'eccesso, sempre circondato da persone, ma in fondo, solo, come amaramente gli capitò di pensare verso la fine della sua esistenza. Una personalità vulcanica che agli altri sapeva infondere energia, positività, entusiasmo, ma che, dentro di sé, era impegnato in una lotta costante contro i suoi demoni, i suoi problemi irrisolti.
Un cenno particolare vorrei riservarlo alle donne di London e al modo squisito in cui Romana Petri le presenta al lettore (per me che tengo gelosamente nel portafogli una sua frase tratta da un libro meraviglioso con tre donne protagoniste, Ovunque io sia, il suo dono di scrivere al femminile è solo una conferma). A partire dalla madre, Flora, presenza indelebile nella vita di London, sciupona, un po' stramba e disordinata, una predisposizione particolare a parlare con gli spiriti, lei sapeva da sempre qual era il destino riservato a questo suo figlio geniale. Poi Mabel, la prima ragazza di cui Jack si innamorò, delicata borghese che voleva fare di Jack London un impiegato postale (quando si dice l'intuito...); Bessie, la prima moglie, massiccia e non particolarmente brillante, sposata per ragionevolezza, col pensiero che lei gli avrebbe consentito di dedicarsi alla scrittura; Eliza, la sorella tuttofare, vero pilastro nella vita di Jack; Anna, l'atto mancato, l'amore mai sbocciato; e infine lei Charmian, la seconda moglie (con Jack in copertina), vera coprotagonista della vita dello scrittore. Charmian era decisamente una donna fuori dal comune, una Jack London in gonnella, avventurosa, coraggiosa, sempre pronta a partire e a mettersi al timone della barca, dissennata quanto lui, entusiasta a qualsiasi novità, estrema nella sua gelosia, capace di essere tante donne in una, in perenne stato di adorazione per questo suo geniale marito. Madre mancata (la loro prima bimba visse 38 ore, poi subì un aborto), lei gli rimarrà accanto fino alla morte.
E quando arriva l'ultima pagina della vita di Jack London, che lo trova gonfio d'alcol e di antidolorifici, si rimane folgorati dallo stupore: tutto si compie nell'arco di soli vent'anni, una stella cometa, luminosa e fuggente che lascia però il suo strascico per i secoli a venire.
Sabrina Miglio