L'infinito di amare. Due vite, una notte
di Sergio Claudio Perroni
La Nave di Teseo, 28 maggio 2020
pp. 128
€ 13 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
«Uno strano romanzo in cui succedono solo i pensieri di due amanti al risveglio»: queste parole sono l'autodefinizione che l'autore dà della sua opera: L'infinito di amare, frutto di un processo di scrittura e revisione lungo trent'anni, è certamente insolito, difficile da raccontare perché lontano dall'avere una sinossi tradizionale.
Partirò quindi da una domanda che mi sono posta dopo aver letto l'opera: l'amore perfetto sta nel verbo amare, nell'aver amato o nell'aver immaginato di amare? Difficile a dirsi. L'opera di Perroni è divisa in tre sezioni: Oggi, Ieri e Domani. Un oggi in cui due amanti si vedono, a distanza di tempo dall'addio. Uno Ieri lungo, vero fulcro dell'opera, che racconta una notte d'amore. Un Domani, quando i due si ritrovano e sono posti davanti al bivio: tornare insieme o ricordarsi per ciò che sono stati?
Le prime pagine conquistano: a chi non è mai capitato infatti di incontrare un ex a distanza di anni e di restare per un attimo intrappolato in quel passato che ha rappresentato tanto (a maggior ragione, se non ammorbato da un finale spiacevole)? Ma l'autore punta fin dalla prima breve sezione a portare il lettore nella seconda parte, un centinaio di pagine per descrivere l'amore quale atto di contemplazione dell'altro, studio minuzioso dei minimi dettagli che rendono l'altra persona unica. Sensazioni visive e tattili sono al centro di questa memorizzazione esatta e lirica del corpo, un'indagine che si fa ora sensuale ora quasi filosofica, per quanto sempre estremamente materica. Incappiamo in una celebrazione dell'atto d'amore, che esplora di pari passo alle reazioni dell'amata anche le parole migliori per parlarne. Attento è lo scavo nell'aggettivazione più adatta - e talvolta meno scontata - per fermare su carta questo singolare dipinto. E che dire dei pronomi personali, che rendono le azioni continuamente rivolte verso l'altro («Alza gli occhi a trovarle lo sguardo, sperandoselo addosso», p. 28)? La reciprocità è già realtà ma anche continuo scopo a cui tendere, confermata da scene ribaltate, in cui cambia quasi solo il soggetto agente.
Alle immagini statiche di un generico lui e una generica lei che si vivono nell'amore, si alternano i movimenti legati al rapporto sessuale, in una sorta di slow-motion che permette di cogliere anche il più impercettibile cambiamento di espressione, di posizione, di pensiero. L'unicità e il suo riconoscimento sono ciò che rende questa relazione perfetta, pur nella sua fragilità, o forse proprio per questo. Tutto è effimero, e dunque l'amore va colto finché c'è in tutte le sue forme concave e convesse, in tutte le sue immaginazioni.
Eppure l'amore non è eterno: «Strana la traiettoria che i gesti di lei e le sue caratteristiche hanno ne ricordi di lui: alcuni di quelli che all'inizio adorava, adesso lo urtano come un fastidio» (p. 107), ma nel ricordo si può sempre fermare quegli attimi di ricordo ancora palpabili, irripetibili perché si sono ripetuti tante volte in un allora che è come incastonato tra gli eventi migliori.
L'infinito di amare non è un romanzo in cui accade qualcosa di particolare: c'è un amore declinato in tutta la sua concreta poesia, con situazioni che possiamo estrapolare da qualsiasi contingente e personalizzare per chi amiamo. Forse qualche volta vedremo nella prosa di Perroni un riecheggiare di alcuni nostri pezzi di vissuto, o altrove ammireremo quell'intimo connubio di intenti e di gesti che rende quasi iconico questo amore raccontato. E le geometrie linguistiche, in una ricerca evidentemente inesausta di soluzioni per rendere vivido e concreto l'amore, sono un omaggio interessante, che rendono privato ciò che altrimenti sarebbe soltanto il vago, impalpabile, abusato infinito di amare.
GMGhioni