Uno strano paese
di Muriel Barbery
Edizioni e/o, 2020
Traduzione di Alberto Bracci Testasecca
pp. 336
€ 18,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
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«Si può sapere il nome del vostro paese?» domandò Alejandro.
«Noi lo chiamiamo il mondo delle brume» rispose Petrus. «Il mondo delle brume, dove vivono gli elfi».
Seguì qualche secondo di silenzio.
«Elfi?» fece Jesús. «Venite dal mondo degli elfi?». (p.48)
Nel cielo non ci sono ingorghi di angeli, vecchi con la barba bianca o altre entità divine. Nel cielo vivono gli elfi del mondo delle brume. Esseri che non sono le algide, inarrivabili e spesso antipatiche creature che abbiamo incontrato nei vari universi fantasy. Gli elfi dei romanzi di Muriel Barbery sono cangianti e polimorfi, per un terzo animali, per un terzo cavalli e per un terzo in forma umana. Traggono dal tè la loro linfa vitale e le loro vicissitudini sono molto più intrecciate al nostro mondo di quando non possiamo immaginare. Perché se è vero che il mondo si è originato quando un colpo di pennello ha diviso la terra dal cielo, come vuole la tradizione orientale, allora la disarmonia di uno dei regni può portare, di riflesso, terrore e scompiglio anche nell'altro. E, chissà, magari dare origine alle più disastrose guerre e ai più atroci orrori mai partoriti dalla mente.
Il fatto è che i paesaggi delle brume sono gli alter ego delle anime che li incarnano. Gli umani, separando ciò che vede da ciò che è visto e ciò che crea da ciò che è creato, non possono capire la natura di questo gioco di specchi. (p.175)
"A ogni sorso, il tempo si sublima" diceva Renée, la protagonista del romanzo L'eleganza del riccio, riferendosi al tè. Paloma, l'acuta e irritante bambina co-protagonista, era appassionata di manga e di tutto quello che si riferiva al Giappone tanto da iniziare i suoi pensieri profondi con un haiku. Muriel Barbery in Uno strano paese, secondo volume della saga degli elfi, ha portato all'estremo questa sua passione per l'estremo oriente calandoci in un mondo che è magico non in virtù dei classici incantesimi che ci si aspetterebbe di trovare in un fantasy, ma per la forza pittorica delle sue descrizioni; in alcuni dei passaggi, pare si poter "leggere" un'incisione di Hiroshige.
Come a Nanzen, le verande giravano tutto intorno alle case di tegole grigie, alcune minuscole, altre più vaste e simili a templi. Ce n'era in particolare una che attirava lo sguardo. Era preceduta da un grande cortile rettangolare coperto di neve in cui crescevano alberi disseminati di fiocchi caduti a casaccio sui rami scuri. Su quei rami d'inverno, contorti e nodosi come quelli dei vecchi alberi da frutto, si erano schiusi fiori delicati rosa o rossi con stami chiari e petali rotondi striati di scarlatto e di bianco. (p. 89)
Gli stessi nomi, come quello della capitale Katsura o di Hanase, la città delle Ceneri, il tipo di scrittura a ideogrammi e l'utilizzo del tè come cardine del mondo, bevanda che quando la si beve "l'universo si riposa" come viene riportato, contribuiscono a costruire un mondo prezioso e fragile.
Prezioso, ma di certo non idilliaco. Nonostante la poesia della parola, il mondo delle brume è attraversato da intrighi politici e, in particolare, dallo scontro di due fazioni in cui una dichiara che gli umani sono il male e inneggia alla purezza della razza. E vista la stretta connessione tra i due mondi, non è difficile vedere il riflesso dei governi e delle guerre del nostro secolo scorso.
L'idea di questa connessione è molto intrigante. Veniamo a scoprire che ci sono elfi che hanno scelto di vivere nel mondo umano. Alcuni, come Petrus, l'elfo protagonista che assomiglia più a un fauno anche per la sua goffaggine e la sua smodata passione per il cibo, il tè e, quando lo scopre, per il vino umano, sono agenti di collegamento che vagano per il nostro mondo portando e ricevendo informazioni. Altri sono invece arrivati a ruoli di potere e se ne approfittano per portare il mondo degli uomini alla rovina per poter sostenere la propria causa nelle brume. Altri ancora sono a metà strada, non del tutto elfi e non proprio umani, come nel caso di Maria e Clara, le bimbe "di novembre e di neve" già protagoniste di Vita degli elfi.
La commistione dei due mondi è ulteriormente rafforzata dalla "normalità" che viene inserita nel mondo delle brume e dalla "magia" del mondo della terra. Il mondo delle brume così etereo e impalpabile è reso più concreto dalle disavventure di Petrus che, anche se elfo, si lascia andare a comportamenti inappropriati (come quello di ingozzarsi di paté e tè prima di una traversata sulle brume con conseguenze poco piacevoli) o dagli stessi magheggi politici che fanno cadere il popolo degli elfi dall'inarrivabile piedistallo. Di contro, nel mondo di terra, il giovane stratega Alajendro de Yepes ha una stretta connessione con il mondo dei morti e con la più alta poesia, argomenti che mai ti aspetteresti nella mente di un soldato durante un conflitto mondiale.
Ma se l'idea è effettivamente stuzzicante, la sua forza ne viene sminuita dal lungo capitolo descrittivo della vita di Petrus che, sebbene ci dia un'idea approfondita del mondo degli elfi e ci incanti con l'ambientazione, fa nascere un guizzo d'impazienza nel lettore.
Strutturato con capitoletti che intervallano la narrazione principale dando voce alla voce del narratore in prima persona e con inserti che prendono il titolo dagli ideogrammi e che approfondiscono le varie tematiche affrontate nel volume quali la Battaglia, il Potere, la Poesia, il Viaggio, Uno strano paese è un romanzo con un ritmo molto diverso da quanto la premessa lascia intendere. C'è guerra, ci sono tradimenti, c'è amore e avventure come in ogni fantasy o epopea cavalleresca che si rispetti. Bisogna non avere fretta e non saltare nemmeno una riga per gustarsi appieno il viaggio. Va sorseggiato, come una tazza di tè o un buon bicchiere di vino e non cedere alla fretta, tutta occidentale, di dover arrivare in fretta alla fine. Perché non si può mai sapere se una fine coincide anche con la distruzione di un popolo.
Giulia Pretta
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