Giura
di Stefano Benni
Feltrinelli, 2020
pp. 208
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Stavo per mangiarmi la prima noce. L'avevo aperta e ricordavo che cosa mi aveva detto il nonno. Che le noci non si mangiano una dopo l'altra, come fossero caramelle cittadine o noccioline da cinema.Ogni scrigno di legno va aperto, poi va ringraziato l'albero, e soprattutto per ogni noce bisogna raccontare una storia. (p. 16)
E la storia che racconta Stefano Benni nel suo nuovo romanzo, Giura, appena uscito per Feltrinelli, è figlia di tante noci mangiate con quel gusto da un lato di trasgressione e dall'altro di piena goduria per il piacere sempreverde della narrazione. Nelle primissime pagine facciamo la conoscenza del protagonista, Febo detto "Codino", una sorta di Cosimo di calviniana memoria (e infatti non per niente lo troviamo subito arrampicato su un albero in apertura): anche lui ama osservare il mondo da prospettive insolite. E soprattutto ama non dare per scontato le voci su chi lo circonda, a cominciare dalla sua amichetta Lunaria, che ama segretamente. Lunaria è considerata un po' matta da tutti gli altri, sia perché non parla, sia perché veste in modo strano ed è scostante. Febo invece la accoglie sempre nel suo gruppo di amici, e insieme condividono giochi, scoperte, e anche rischi, che portano a un dramma, che lascerà la povera Lunaria su una sedia a rotelle. E mentre gli anni passano, le trovate scapestrate proseguono - e noi lettori non possiamo che ridere per le trovate sempre ironiche di Benni -, tra Febo e Lunaria sembra nascere un sentimento. Amore? Difficile dirlo a quell'età, o forse è proprio a tredici anni che l'amore è così vero da essere ineguagliabile per tutta la vita.
Un giorno, Febo riceve una notizia: «L'assistente sociale ha detto che nessuno può stare dietro a Lunaria, quindi lei deve andare in questo istituto per sordomute dove studierà, farà la ginnastica, imparerà a cucire e a ricamare e possiamo andare a trovarla quando vogliamo e starà bene, è la cosa migliore da fare...» (p. 48). Questa è solo l'inizio di una serie di separazioni, mai davvero definitive: Febo e Lunaria continueranno a incontrarsi, come se fosse destino riconoscersi e amarsi sempre più intimamente, comprendersi fino in fondo:
Ero stordito. Eravamo nuovamente insieme, e tu non eri più una ragazzina. Per metà eri ancora la selvaggia volante del fienile ma per metà eri una donna e io notavo cose di cui non mi ero mai accorto, che avevi le ciglia lunghissime e un bel collo, i tuoi gesti erano morbidi e avevi le mani curate. Il fuoco negli occhi però era lo stesso. (p. 69)
Quanto i due continueranno a vivere, in ricordo di un vecchio bacio da ragazzini (e leggerete in che situazione! Non faccio spoiler)! Le vite dei protagonisti proseguono, Febo compirà delle scelte di vita insolite, che lo porteranno a interessarsi dell'ambiente e a girare il mondo, tra un po' di droga e tante donne; anche Lunaria, uscita da lì, comincerà una vita senz'altro poco scontata, non quella che i genitori avrebbero pensato per lei.
Perché Febo e Lunaria ricascano periodicamente l'uno nelle braccia dell'altra?
Di tutti i sentimenti che avevo immaginato, il primo è inaspettato. La completa familiarità. Come se il tempo non fosse passato ("L'anima non invecchia, la prostata sì", diceva Mangiafuoco). Mostriamo lo stesso imbarazzo e la stessa sfacciataggine di una volta, le stesse schermaglie, le stesse tenerezze. Solo che adesso io posso parlare e non dobbiamo guardarci sempre negli occhi. Però lo stiamo facendo. (p. 122)
Stefano Benni sa come tenere noi lettori con la curiosità bene accesa, divide il suo libro in capitoli: uno affidato a Febo e uno a Lunaria (i disegni del sole e della luna possono aiutarci a riconoscere chi è l'io-narrante di turno nel capitolo), e lo scambio di punti di vista e di voci narranti ci porta a scoprire dettagli della storia tenuti a volte nascosti dall'altro/a. Manco a dirlo, Benni costruisce alla perfezione le loro personalità anche sulla carta, rendendo sempre plausibile che un pensiero venga a Febo e l'altro a Lunaria.
Bruschi salti temporali ci portano a riaccogliere ogni volta i personaggi in età via via più mature, scoprendo ciò che hanno di diverso e ciò che è rimasto sempre uguale: il desiderio di aiutare gli altri di Lunaria, insegnando il linguaggio dei segni; la missione ambientalista di Febo, tra l'utopistico e il disincantato, a intermittenza. Altri sorrisi e punti di commozione aspettano il lettore fino alla fine: quel che posso dire, senza infrangere il segreto piacere di scoprire via via il racconto, è che Benni non poteva certo scrivere di un amore comune! E se avete ancora dei dubbi, vi dico già che tutti i personaggi, anche le comparse in apparenza più irrilevanti, sono tratteggiate con giocosità, mostrandoci ancora una volta come Benni sia davvero maestro nello scrivere di ironia, colpendoci di tanto in tanto con frasi evocative, come questa:
Quello che chiamiamo bene è solo una parte inspiegabilmente bendisposta del caos, è lento a apparire e ci mette alla prova, dobbiamo meritarlo. (p. 194)
GMGhioni
Social Network