La fabbrica
di Joanne Ramos
Ponte alle grazie, 2020
Traduzione di M. Piumini
pp. 412
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Il sogno americano. Quanti sono partiti, lasciando i loro Paesi per inseguire un miraggio? Lo ha fatto anche Jane, filippina, che si ritrova a New York senza un diploma, ma con tante aspirazioni e con una bambina appena nata, Amalia, di cui il padre non vuole prendersi cura. Quali prospettive ci sono per una ragazza così? Dopo aver provato a sostituire la cugina, Ate Evelyn, nella sua professione di baby nurse presso una famiglia ricca, Jane valuta, su suggerimento della parente, di firmare il contratto con Golden Oaks, una "farm" decisamente insolita. Lì, infatti, vengono protette dal mondo esterno le Ospiti, ovvero le madri surrogate che, in cambio di molto denaro, decidono di diventare né più né meno che merce per clienti particolarmente facoltosi. Si tratta di un contratto pieno di postille e di note in calce, molte delle quali fanno accapponare la pelle. Eppure, bisogna dirlo, nessuna di loro va lì sotto coercizione: tutte le ospiti firmano di loro spontanea volontà. Apparentemente Golden Oaks sembra perfetta: un parco verdeggiante attorno circonda una struttura hi-tech particolarmente attenta ai minimi bisogni delle donne: controlli minuziosi assicurano che la gravidanza stia andando per il meglio, l'alimentazione è curata e non dà spazio a voglie di cibo spazzatura o a eccessi, ci sono spazi per l'attività fisica, altri per iniziare i feti alla musica e alla cultura, attraverso apparecchi tecnologici. Niente è lasciato al caso, se non - forse - le conversazioni tra le diverse ospiti, identificate da un numero più che dal loro nome di battesimo.
Eppure la proprietaria di Golden Oaks, Mae, è una donna in carriera che punta a raggiungere la vetta, ma non pare priva di principi: lei stessa è arrivata dalla Cina e ha affrontato un percorso faticoso prima di arrivare a capo di una realtà così prestigiosa e remunerativa. Per lei al primo posto, in ogni caso, vengono i clienti, e se le ospiti vanno un po' convinte alla reclusione dorata di Golden Oaks, beh, pare proprio che non ci siano mezzi non concessi per trattenerle. Le famiglie di origine, i compagni e gli amici vengono tenuti fuori dalla struttura, apparentemente per paura che portino germi dannosi alla gravidanza; in realtà, ci sono sottili meccanismi psicologici che via via vengono esercitati su Jane e le altre per convincerle che la scelta di Golden Oaks sia la migliore che potessero intraprendere. E noi lettori facciamo la conoscenza delle diverse ospiti, che si legano a Jane, nonostante palesi differenze di carattere: Reagan cerca la possibilità di un riscatto economico con il contratto, dal momento che la cifra notevole le permetterebbe poi di affrontare un costoso master in fotografia, ma sostanzialmente è una ragazza con tante idee ma priva di un desiderio dominante; Lisa, bella ma imprevedibile e ribelle, è lì per la terza volta e fa sempre conto sui suoi clienti, così permissivi, per fare il buono e il cattivo tempo a Golden Oaks, anche a costo di mettere più volte in difficoltà Jane.
Jane, d'altra parte, è dominata dal pensiero di sua figlia Amalia, che cresce lontano da lei, con la cugina Evelyn, che sembra prestare molta meno attenzione alla bambina di quanta ne impiegasse con i bambini che ha curato nei suoi anni di baby nurse. Ma anche Evelyn ha tanti segreti, e un equilibrio particolare che deve riuscire a recuperare (meglio evitare anticipazioni!).
Come avrete forse notato da questo accenno alla sinossi, non ci sono uomini, e in effetti nel libro vengono solamente menzionati e sono dei grandi assenti: La fabbrica è infatti un romanzo che analizza scelte femminili che diventano sempre più difficilmente discutibili. Se inizialmente le questioni etiche sembrano facili da chiarire, nel corso della storia la vicenda si complica e ci troviamo davanti a veri e propri dilemmi, che l'autrice non si propone di risolvere per noi.
La legge universale che soggiace a tutta la vicenda è sempre la stessa: il denaro, in una visione capitalistica del mondo che a tratti pare trasformare il libro in un incubo ad occhi aperti. Eppure questo è anche un romanzo colmo di umanità: anche nella prigione di Golden Oaks i sentimenti, le emozioni e i desideri arrivano, così come l'individualismo viene spesso sostituito da un altruismo spiazzante. E anche gli antagonisti, o coloro che sembrano tali nelle primissime pagine, hanno un passato e delle ragioni molto più sfaccettate di quanto apparissero all'inizio.
Quando il corpo femminile smetterà di essere considerato come un oggetto, da comprare a peso d'oro? Con il parto? La risposta arriva via via e non sembra risolversi in modo semplicistico.
Ecco perché La fabbrica è un romanzo che resta in mente, anche una volta terminato: ci aiuta a diventare più umani e consapevoli delle tante conseguenze a cui può condurre una concezione individualistica ed egocentrata dei desideri e degli obiettivi di vita.
GMGhioni
Eppure la proprietaria di Golden Oaks, Mae, è una donna in carriera che punta a raggiungere la vetta, ma non pare priva di principi: lei stessa è arrivata dalla Cina e ha affrontato un percorso faticoso prima di arrivare a capo di una realtà così prestigiosa e remunerativa. Per lei al primo posto, in ogni caso, vengono i clienti, e se le ospiti vanno un po' convinte alla reclusione dorata di Golden Oaks, beh, pare proprio che non ci siano mezzi non concessi per trattenerle. Le famiglie di origine, i compagni e gli amici vengono tenuti fuori dalla struttura, apparentemente per paura che portino germi dannosi alla gravidanza; in realtà, ci sono sottili meccanismi psicologici che via via vengono esercitati su Jane e le altre per convincerle che la scelta di Golden Oaks sia la migliore che potessero intraprendere. E noi lettori facciamo la conoscenza delle diverse ospiti, che si legano a Jane, nonostante palesi differenze di carattere: Reagan cerca la possibilità di un riscatto economico con il contratto, dal momento che la cifra notevole le permetterebbe poi di affrontare un costoso master in fotografia, ma sostanzialmente è una ragazza con tante idee ma priva di un desiderio dominante; Lisa, bella ma imprevedibile e ribelle, è lì per la terza volta e fa sempre conto sui suoi clienti, così permissivi, per fare il buono e il cattivo tempo a Golden Oaks, anche a costo di mettere più volte in difficoltà Jane.
Jane, d'altra parte, è dominata dal pensiero di sua figlia Amalia, che cresce lontano da lei, con la cugina Evelyn, che sembra prestare molta meno attenzione alla bambina di quanta ne impiegasse con i bambini che ha curato nei suoi anni di baby nurse. Ma anche Evelyn ha tanti segreti, e un equilibrio particolare che deve riuscire a recuperare (meglio evitare anticipazioni!).
Come avrete forse notato da questo accenno alla sinossi, non ci sono uomini, e in effetti nel libro vengono solamente menzionati e sono dei grandi assenti: La fabbrica è infatti un romanzo che analizza scelte femminili che diventano sempre più difficilmente discutibili. Se inizialmente le questioni etiche sembrano facili da chiarire, nel corso della storia la vicenda si complica e ci troviamo davanti a veri e propri dilemmi, che l'autrice non si propone di risolvere per noi.
La legge universale che soggiace a tutta la vicenda è sempre la stessa: il denaro, in una visione capitalistica del mondo che a tratti pare trasformare il libro in un incubo ad occhi aperti. Eppure questo è anche un romanzo colmo di umanità: anche nella prigione di Golden Oaks i sentimenti, le emozioni e i desideri arrivano, così come l'individualismo viene spesso sostituito da un altruismo spiazzante. E anche gli antagonisti, o coloro che sembrano tali nelle primissime pagine, hanno un passato e delle ragioni molto più sfaccettate di quanto apparissero all'inizio.
Quando il corpo femminile smetterà di essere considerato come un oggetto, da comprare a peso d'oro? Con il parto? La risposta arriva via via e non sembra risolversi in modo semplicistico.
Ecco perché La fabbrica è un romanzo che resta in mente, anche una volta terminato: ci aiuta a diventare più umani e consapevoli delle tante conseguenze a cui può condurre una concezione individualistica ed egocentrata dei desideri e degli obiettivi di vita.
GMGhioni