Progresso
di Aldo Schiavone
Il Mulino, maggio 2020
pp. 152
€ 12 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Abbiamo tutti in mente la parola "progresso" legata a una certa visione positivistica del mondo: parola-chiave del secondo Ottocento, senza dubbio, basata su una straordinaria fiducia nelle capacità intellettive dell'uomo di invenzione e di scoperta, più in generale, di avanzamento in ogni campo, culturale e non. Ma che cosa è successo, dopo? Le guerre mondiali hanno incrinato parte delle certezze, e forse la parola progresso ha iniziato a distinguersi dalla parola avanzamento? E oggi giorno, in questa continua e velocissima rivoluzione tecnologica, possiamo parlare ancora di progresso?
Le riflessioni di Aldo Schiavone in Progresso, edito da poco per Il Mulino, studiano il presente ragionando senza sofismi; in particolare, la svolta viene da lui individuata con il tracollo finanziario del 2008, che ci ha convinti a «combattere per non arretrare. Arroccarsi per difendere quel che si era conquistato e ora si sente minacciato e precario» (p. 43): davanti al disagio crescente, che ha portato molti a un desiderio di fuga nel presente («un presente onnivoro e smisuratamente dilatato, che non riconosce nulla né alle sue spalle, né davanti», p. 45), mentre la situazione ha rivelato un enorme deficit di cultura e di governo.
Secondo Schiavone, per trovare una soluzione a questo blocco occorre innanzitutto ragionare a livello globale, quindi andando oltre i singoli interessi di questa o quella nazione (cosa tra l'altro che abbiamo visto in parte concretarsi in occasione dell'emergenza del Coronavirus - nota: il libro è stato scritto prima).
È ancora possibile il progresso? In ogni caso, Schiavone fa notare nel secondo capitolo del libro come questa etichetta sia legata al nostro sistema di riferimento, ovvero il "progresso" raccontato dalla storia è sempre antropo-centrato, per così dire: se cambiassimo prospettiva, ovvero considerare la nostra presenza come «uno dei tanti cammini realizzabili dalla vita, moltissimi dei quali avrebbero potuto escludere la nostra esistenza» (p. 76) ci aiuta a prendere le distanze da qualsiasi concezione finalistica e/o deterministica.
Oggigiorno siamo davanti a una enorme svolta, secondo Schiavone:
«ciò che è "naturalmente divenuto" e ciò che è "tecnicamente prodotto" diventeranno sempre meno distinguibili, integrati l'uno nell'altro all'interno del nostro stesso corpo e, fuori, nell'ecosistema intorno a noi: il cui equilibrio dipenderà sempre meno da un nostro puro e semplice astenersi, da un passivo ritrarsi, e sempre più da un piano razionale di interventi e di scelte attivamente conservative» (p. 86).
Semplificando (mi perdonerà l'autore), rispettare la natura non significherà solo evitare di danneggiarla o di disboscare, ma intervenire direttamente.
Anche i corpi del futuro, probabilmente, non saranno più solo ciò che la natura ha creato: gli studi di genetica hanno già portato a importanti cambiamenti; presto ci sarà una integrazione di ciò che è umano-naturale e di ciò che deriva dai ritrovati della "bioinformatica" (si pensi anche solo agli arti robotici, ormai disponibili). Secondo Schiavone, la vera sfida sarà quella di prepararci al fatto che «da un certo momento in poi, l'umano sarò che noi vorremo che sia» (p. 90).
Il futuro, d'altra parte, ha altre sfide che lo attendono: risolvere in qualche modo lo «squilibrio», la «frattura», il «varco» (tutti termini usati a p. 97) che vedono da un lato la tecnologia avanzare molto rapidamente, mentre dall'altro la politica arrancare, in una sorta di inversione simmetrica con ciò che avveniva nel mondo antico: alla scarsa tecnologia dei Greci di Pericle, ad esempio, corrisponde una notevole superiorità politica. E dunque, se senza tecnica «il progresso dell'umano nel suo insieme sarebbe inconcepibile» (p. 118), è anche necessario trovare una nuova politica, una nuova democrazia, in grado di dirigere e accompagnare la scienza.
Chiude il libro un capitolo scritto dopo che Aldo Schiavone aveva già concluso l'opera, un capitolo a proposito del virus e di ciò che ha innescato: un capitolo su cui preferisco non fare anticipazioni, ma vi basti che ogni pagina ci fa riflettere per la sua grande lungimiranza. Si chiude così un percorso interessantissimo, che in centocinquanta pagine ci ha fatto attraversare storia, etica, filosofia, scienza, tecnica.
Chiude il libro un capitolo scritto dopo che Aldo Schiavone aveva già concluso l'opera, un capitolo a proposito del virus e di ciò che ha innescato: un capitolo su cui preferisco non fare anticipazioni, ma vi basti che ogni pagina ci fa riflettere per la sua grande lungimiranza. Si chiude così un percorso interessantissimo, che in centocinquanta pagine ci ha fatto attraversare storia, etica, filosofia, scienza, tecnica.
GMGhioni