Quasi tutto velocissimo
di Christopher Kloeble
Keller, novembre 2019
Traduzione di S. Forti
pp. 384
€ 18,50 (cartaceo)
“Da dove sono venuto?
Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo
e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore, bambino mio,
tu eri il suo desiderio...”
Questi bellissimi versi di Rabindranath Tagore bene si adattano per introdurre la storia che Christopher Kloeble racconta in Quasi tutto velocissimo romanzo da poco pubblicato in Italia dalle edizioni Keller e tradotto da Scilla Forti.
Bene si adattano perché Albert, uno dei protagonisti principali e voce narrante del presente, è dedito ossessivamente alla ricerca di sua madre. Ha diciannove anni e quasi tutti vissuti in un orfanotrofio e cresciuto con le attenzioni e amorevoli cure di suor Alfonsa. Non ha una madre, ma ha un padre, Fred, che sta per morire. Colui che Albert fin da piccolo conosce e accetta come suo padre. Fred è un Klöble, un minorato, ma così nell’antica Baviera erano anche chiamati i bambini nati dall’unione tra consanguinei (notare l’espediente linguistico tra il termine Klöble e il cognome dell’autore), che ha la fissazione di contare le macchine verdi che passano davanti alla fermata dei pullman, leggere il dizionario e soprattutto ha un’ossessione, in senso buono, per la parola “estasiante”. Insomma, un eterno bambino nel corpo di un omaccione:
«Io sono tuo figlio», diceva Albert a Fred.
«Tu sei Albert» rispondeva lui.
«E sono tuo figlio» aggiungeva Albert «E tu sei mio padre>.
«Io sono Fred».
«E sei mio padre».
Fred strizzava gli occhi.
«Hai capito?» chiedeva Albert.
«Io capisco sempre tutto» replicava Fred.
«Allora cos’ho detto?»
«Hai detto: Hai capito? Ho capito, Albert».
«E prima cos’ho detto?».
«Hai detto: E tu sei mio padre».
«L’hai capito questo?».
«Sì» diceva Fred «e ho fame».
Questi sono Albert e Fred e attorno a loro Kloeble imbastisce una storia a dir poco meravigliosa raccontata a due voci: il presente affidato, appunto, a Albert, mentre il passato è affidato ai ricordi di Julius, altro protagonista chiave del romanzo.
Ma i ricordi di Julius, che affondano le radici a partire dal lontano 1912, cos’hanno in comune con il presente di Albert?
Si intuisce che le storie finiranno per intrecciarsi, ma prima Kloeble ammanta di mistero tutta la vicenda e ci trascina dentro attraverso un susseguirsi di eventi che hanno dell’incredibile, portando alla luce, soprattutto dal passato, torbide storie di incesti e di assassinii, legami impuri e brutali.
«Credi in Dio?» chiese Klondi.
Albert non era in vena di intavolare un dibattito su questioni di fede.
«No».
«Neppure io. Ma non sarebbe tutto più facile?».
«Cosa?».
«La vita. Non sarebbe molto più facile pensare che qualcuno da qualche parte abbia un piano e che tutto questo schifo non capiti per niente».
Klondi è la vicina di casa di Fred che Albert per un attimo penserà possa essere sua madre. Il desiderio di trovarla e conoscerla non gli concedeva nessuna tregua e qualsiasi indizio gli capitasse sotto mano lo considerava una prova certa di averla trovata.
E se non è Klondi, sua madre, chi altri potrebbe essere? Forse l’infermiera che per un breve periodo si è occupata di Fred? O la donna dai capelli rossi che Albert nota in una foto a fianco del padre?
«La donna accanto a te come si chiama?»
«La Rossa? È bella»
«Ce l’ha un nome?»
«Sì»
«Cioè?»
«Cioè?»
«Fred, come si chiama?»
«Si chiama la Rossa»
«Non sai il suo vero nome?»
«No». Fred alza gli occhi al cielo. «Forse c’è scritto sul dizionario?»
«Ti piaceva?»
«Il dizionario?»
«La donna, Fred, la donna»
«Sì, è bella»
«Vi siete... baciati?”»
«La mia mammina dice che non si baciano le ragazze»
«Questa però è una donna, giusto? Ed è pure carina... In fondo baci anche me, ogni tanto»
«Okay, ma tu non sei la Rossa. Sei Albert»
«L’hai baciata o no?»
«È stata lei a baciare me»
«Avete fatto anche altre cose?»
Fred corrugò la fronte.
«Ti ha toccato?»
«Qualche volta»
«Anche là sotto?»
«Là sotto dove?»
«Là sotto»
«No»
«Fred?»
«Mmh».
Sono dei dialoghi veramente straordinari dai quali si può evincere che solo la caparbia ostinazione di Albert può continuare a credere che Fred possa essere suo padre e come l’autore abbia delineato impeccabilmente i due personaggi. E non solo loro a dire il vero, perché, oltre alla già citata Klondi anche le altre presenze femminili con un ruolo decisivo, ciascuna per la propria parte, sono caratterizzate e delineate con estrema perizia: da Violet ad Anni, da Suor Alfonsa a Mina. Ovviamente senza nulla togliere anche alle presenze maschili.
Non sono convinto che per Quasi tutto velocissimo si possa parlare di saga familiare. Ci sono sì i legami familiari passati e presenti che si intrecciano, ma Kloeble non dà mai l’idea di farne il fulcro della narrazione. Il suo punto di riferimento è Albert e la vicenda è costruita, come detto in precedenza attorno a lui e Fred, tanto che alla fine il tema principale del libro sarà quello dell’abbandono, o dell’amore mai nato tra una mamma e un figlio, trascinando il lettore in un vortice di emozioni che divertono e commuovono nello stesso tempo.
E qui mi fermo perché rischierei di rivelare gli emozionanti colpi di scena che il lettore potrà scoprire solo leggendo questo straordinario libro.
Liborio Volpe
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